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il foglio sportivo

Ritorno al futuro

Alessandro Bonan

Abbiamo capito che siamo tutti uguali: appena tornerà a scandire il presente, il calcio sia meno diviso

Cerca la parola mancante. Apri il vocabolario, scorri con l’indice e fermati alla parola futuro. È ancora lì, nessuno l’ha toccata. È un sollievo ritrovarla e poterci fantasticare sopra, ora che abbiamo imboccato la discesa. Che bella la parola futuro, quando non è solo una parola, ma l’espressione che racchiude l’ipotesi più ambita di tutta la nostra esistenza. E allora si, quanto è concludente, luminosa, calda, armoniosa, rassicurante. Per un lunghissimo mese si è letteralmente nascosta tra i granelli di una clessidra di sabbia bagnata, bloccata come il tempo. Il domani ci è stato sottratto alla vista, come se fossimo marinai senza barca, pittori senza tela, musicisti senza note, attori senza parola. Le lenzuola degli ospedali le sentivamo addosso ruvide anche noi, nei nostri letti, prima di dormire, provocando sogni tendenti all’impossibile, al desertico, all’irraggiungibile, all’orribile, al mai. Il domani senza espressione, se non quella preoccupata, esausta ma fiera, di medici e infermieri a cui mascherine stanche e grinzose coprivano (e ancora celano) il sorriso, rendendo quei visi facce di angeli, a cui nessuno poteva ambire se non il cielo, con le sue nuvole, la sua eternità. Quel domani lentamente sta tornando tra di noi, mostrandoci una luce che proviene da cento direzioni, nessuna ci abbaglia, tutte ci attraggono. In questo lasso di tempo il virus ha infettato l’economia e quindi messo a rischio il nostro lavoro, ma stiamo per tornare in scena, non siamo più chiusi nella gabbia. E se sarà tra un mese, come sembra, dobbiamo prepararci bene, mettere il nostro vestito migliore, conoscere le parole, i gesti, l’educazione.

 

Quando il futuro tornerà – sta già tornando – dobbiamo rispettare le regole ancora più di prima, affinché la vita possa ricominciare a camminare, lentamente per poi accelerare, fino a correre, di una corsa verso un bianco abbacinante, perduto ma infinito. Il futuro è infinito solo se esiste, altrimenti è solo una parola vuota, per l’appunto. Ci faremo sconvolgere dalla quotidianità, da tutto ciò che una volta ci sembrava scontato, addirittura banale. Un caffè, se non al bar, bevuto in casa mentre stiamo per uscire, con addosso l’aspettativa che qualcosa possa accadere di diverso da ciò che è già successo il giorno prima, e quello prima ancora. Dimenticando certe espressioni orribili che abbiamo imparato a usare come un rosario di perdizione. Il picco, il distanziamento sociale, l’asintomatico. Oppure riconvertendo alcuni di quei modi di dire, cambiandone il senso, l’orientamento. Il picco, come una montagna aguzza a cui aspirare da scalatori della libertà. Il futuro è ancora davanti a noi e dobbiamo prepararlo bene, mettendo in ordine le priorità. In questo mese abbiamo riscoperto vecchi libri, celebri film, dischi dimenticati. Aperto l’album delle fotografie con dentro noi stessi giovani. Come eravamo belli e speranzosi, quanta luce negli occhi. Ecco, nella classifica delle cose da ritrovare, al primo posto mettiamo quella luce, quell’energia. In tutti i settori della vita: nel lavoro, negli affetti, nelle nostre passioni forzatamente accantonate. Come quella per lo sport, per le imprese dei nostri eroi. Che siano calciatori, ciclisti, tennisti, atleti di tutte le discipline. La nostra vita è scandita dallo sport e, personalmente penso al calcio, con le sue domeniche danzanti, i suoi riti da stadio e da televisione. Il futuro è nel ritorno in campo dei nostri idoli, che ci sarà, ne siamo sicuri, anche se non possiamo ancora ipotizzare esattamente quando. Ma ciò che conta è sapere che prima o dopo succederà, ora che l’orizzonte sta per cambiare le sue scene. Ricominceranno a giocare con le loro divise scintillanti per dirci che tutto è stato rimesso al suo posto. Anche se niente, dicono gli esperti, sarà come prima. Se hanno ragione loro auguriamoci che questo niente sia migliore del passato e che il tutto sia affrontato in maniera più intelligente. Il calcio meno diviso, per cominciare. Che sia una macchina veloce e non un carro senza ruote. Dia l’esempio, indichi una strada. Meno squadre, meno soldi e più idee, meno dirigenti inutili e procuratori improvvisati. Meno interessi di parte e più collettività, per aiutare i bisognosi. In fondo, diciamolo senza vergogna, mai come in questi giorni difficili ci siamo sentiti tanto uguali. Facciamo di questo sentimento un tesoro, e guardiamo al futuro, adesso che il futuro, pallidamente, sta ritornando a illuminare i nostri occhi lucidi.

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