La curva del Mantova esulta dopo una vittoria casalinga (Foto LaPresse)

Così il Mantova è uscito dal tunnel

Leo Lombardi

Dopo anni di illusioni e il fallimento sportivo, il club lombardo è rinato sotto la guida di Massimo Morgia

Il Mantova si affaccia in serie A nel 1961, totalmente inaspettato. Fino a quell'anno, la squadra aveva vivacchiato senza gloria nelle categorie inferiori, fino a quando non viene affidata a Edmondo Fabbri. In campo lo chiamavano Topolino, perché era un attaccante sulla fascia di pochi centimetri. Quando termina di giocare diventa Mondino. Prende il Mantova in serie D nel 1957 e, in quattro anni, lo conduce tra le grandi, con i giocatori scelti da Italo Allodi, primo vero manager del calcio italiano. Per tutti era il Piccolo Brasile, grazie a un gioco spettacolare e irresistibile che Fabbri non riesce poi a portare nella nazionale italiana, di cui diventa selezionatore nel 1962 una volta salutato il Mantova, dove viene sostituito da Nandor Hidegkuti, il primo falso nove nella storia del calcio, nella straordinaria Ungheria degli anni Cinquanta. L'Italia di Mondino non convince mai appieno e il tecnico saluta dopo la sconfitta con la Corea del Nord al Mondiale 1966 per mano di Pak Doo-ik, un passaggio a vuoto che ne segnerà inesorabilmente la carriera.

 
Allo stesso modo il Mantova segna la carriera di Giuliano Sarti. È il portiere dell'Inter, che il 25 maggio 1967 ha perso la finale di Coppa dei Campioni a Lisbona contro il Celtic. Sette giorni dopo a Mantova si lascia sfuggire di mano un tiro-cross senza pretese di Beniamino Di Giacomo, consegnando lo scudetto all'ultima giornata alla Juventus e determinando, di fatto, la fine del ciclo di Helenio Herrera. Il tecnico saluta i nerazzurri nel 1968, l'anno in cui anche il Mantova si congeda dalla serie A. Una breve apparizione nel 1970/71, poi l'oblio nel calcio di provincia, tra fallimenti e rimpianti per i tempi che furono. Un oblio da cui lo risolleva Fabrizio Lori. È il presidente “figo” del Mantova: capello lungo, fisico palestrato, abbronzatura perenne, mai un vestito sbagliato, ovviamente casual. Si presenta nel 2004 e centra subito la promozione in serie B, dove irrompe con l'elicottero, che lo trasporta allo stadio prima del match, e con le “lorine”, le sue modelle-segretarie così ribattezzate dai mantovani, sul modello delle ragazze ombrello dei gran premi di Formula Uno o di motociclismo.

  
Non si deve pensare, però, a una Mantova versione provinciale della Milano da bere. Lori è l'erede di una famiglia di solidi imprenditori del settore plastico, la Nuova Pansac è l'azienda che ha brevettato una pellicola che permette alla plastica di respirare. Quella dei pannolini, tanto per intenderci. Gli offrono la sponsorizzazione del Mantova, lui si prende la società, portandola a lottare per la promozione, fino a un polemico spareggio per la serie A perso con il Torino nel 2006, su cui i tifosi recriminano ancora oggi a causa dell'arbitraggio di Stefano Farina. In città non lo sanno, ma non saliranno più così in alto. La squadra entra in crisi, come entra in crisi la Nuova Pansac. L'elicottero e le “lorine” si vaporizzano, Lori viene estromesso dall'azienda e conosce anche un breve periodo di carcere con l'accusa di bancarotta fraudolenta nel 2012. Da due anni non era più presidente del Mantova, che nel 2010 fallisce, ripartendo dalla serie D.

 
Dovrebbe essere un fuoco purificatore, come capitato per altri fallimenti, ma a Mantova si ritrovano sballottati da un personaggio equivoco all'altro, fino a un'altra mancata iscrizione nel 2017. E qui il sindaco Mattia Palazzi mette un punto fermo, con il bando che fa ripartire il calcio grazie a un gruppo di imprenditori cui, da gennaio, si è affiancato Maurizio Setti. Un ingresso che ha generato qualche perplessità a Mantova e molte speranze a Verona, dove Setti è il presidente dell'Hellas e gran parte dei tifosi non vede l'ora che se ne vada. Un'ora che potrebbe presto arrivare, visto che la squadra ha affrontato il campionato di serie D con il ruolo di protagonista, mantenendolo sul campo.

 

Merito di un allenatore di categoria come Massimo Morgia, uno che ha chiesto di avere un appartamento con vista stadio, che porta agli allenamenti il suo cane Aquila (con tanto di pettorina brandizzata Mantova). Si è insinuato nel cuore dei tifosi per i risultati positivi ottenuti sul campo e per la passione con cui si dedica alle iniziative sociali, come la t-shirt benefica caratterizzata da un suo aforisma che è anche un modo di intendere il calcio: “La forza del branco è nel lupo, la forza del lupo è nel branco”. Un branco che guida la classifica del girone B, come avrebbe dovuto essere. Ma che ha trovato un inaspettato ostacolo nel Como, che insegue a un solo punto e che nelle ultime sei giornate è pronto a tendere trappole.

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