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Zielinski, Piatek e la preziosa colonia polacca nella serie A

Leo Lombardi

Il centrocampista con Ancelotti ha conquistato definitivamente Napoli, l'attaccante era venuto in Italia per completare il settore degli attaccanti genoani, gli è bastato poco per diventarne il leader

In principio fu Zbigniew Boniek. Nel 1982 è il primo polacco a presentarsi in una squadra italiana, in un'epoca in cui i nostri club hanno da poco riottenuto la possibilità di tesserare giocatori stranieri. Un evento, perché l'Europa è ancora divisa in due blocchi politici contrapposti – e non dialoganti – e dall'Est si può arrivare soltanto attraverso canali privilegiati. Come quello che la Fiat possiede nel settore automobilistico (in Polonia produce la 126), carta vincente per consegnare Boniek alla Juventus e beffare la Roma, che aveva contattato l'attaccante per prima. Ci andrà poi Zibì in giallorosso, al termine di tre anni in bianconero culminati con la vittoria in una Coppa dei Campioni mai amata dal polacco: quella di Bruxelles, decisa da un rigore farlocco proprio ai danni di Boniek. E ci andrà accompagnato dall'appellativo “bello di notte”, affibbiatogli dall'avvocato Agnelli per la tendenza a regalare la sua classe soltanto sotto i riflettori dell'Europa.

 

Dopo la caduta del muro di Berlino e dopo la legge Bosman vedere polacchi in giro per il continente non è più un'eccezione. Anzi. È una regola. Come nella vicina Germania, non più nemica ma ben lieta di importare giocatori. Vedi alla voce Lewandowski. E poi in Italia, dove la colonia polacca è una delle più numerose perché sinonimo di serietà e dedizione alla causa. Oggi è formata da sedici esponenti, distribuiti in dodici club. Non fenomeni, ma buoni professionisti del pallone. Come Piotr Zielinski, che contro il Milan ha riportato a galla il Napoli in assenza del contributo del connazionale Arkadiusz Milik. Secondo Transfermarkt è il più quotato della pattuglia polacca, con una valutazione di 32 milioni. Un bel balzo in avanti rispetto ai 100.000 euro spesi dall'Udinese nel 2012 per acquistarlo dal Lubin e anche ai 15 milioni pagati dal Napoli alla stessa Udinese.

  

Eppure Zielinski non ha avuto vita facile in maglia azzurra. Viene preso due anni fa su richiesta di Maurizio Sarri, che lo aveva avuto all'Empoli, eppure non lo vedi quasi mai partire titolare. “Colpa” delle convinzioni tattiche dell'allenatore oggi al Chelsea: giocano i soliti undici, per gli altri poco spazio, a meno di clamorosi contrattempi. Così Zielinski diventa un magnifico dodicesimo per il centrocampo, destinato a entrare sempre a partita in corso. Fino a quando Jorginho non raggiunge Sarri a Londra e fino a quando non si presenta in panchina Carlo Ancelotti, che sposta Marek Hamsik nel mezzo del centrocampo (il presidente De Laurentiis non compra sostituti dell'italo-brasiliano, ma il tecnico sa come arrangiarsi) e rimette Zielinski titolare sulla corsia esterna. Prontamente ripagato non soltanto dai due gol al Milan, ma da prestazioni sempre ispirate.

 

Come quelle di Krzysztof Piatek, un anno in meno (23) di Zielinski. Una carriera tutta in Polonia, con il vertice toccato nell'ultimo campionato: 21 gol nel Cracovia che convincono il Genoa a investire 5 milioni su di lui. Centravanti puro, in patria lo descrivono come il nuovo Lewandowski. Abitualmente i paragoni di questo tipo hanno l'unico effetto di “ammazzare” chi viene avvicinato a un grande. Nel caso di Piatek la maledizione, per sua fortuna, per ora non ha funzionato. Prima partita nel Genoa, quattro reti in 42 minuti in Coppa Italia come mai nessun rossoblù aveva saputo fare. Era il Lecce, si dirà. Ma alla controprova in campionato, Piatek si ripete contro l'Empoli: passano 6 minuti ed è subito gol. Era venuto in Italia per completare il settore degli attaccanti genoani, gli è bastato poco per diventarne il leader.

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