Lucas Leiva (foto LaPresse)

Lucas Leiva, il brasiliano "atipico" che fa volare la Lazio

Leo Lombardi

Quando tutti lo davano per finito, ecco che il centrocampista ha preso per mano i biancocelesti. Gli avevano chiesto di portarli in Europa League. Lui li sta spingendo in Champions

Morto un Lucas se ne fa un altro, e con quindici milioni da segnare nell'attivo di bilancio. Questa è stata la filosofia della Lazio quando Biglia (Lucas, per l'appunto) ha piantato il muso in ritiro fino a convincere la società a cedere alla pressione del Milan. Un addio che ha portato in cassa una ventina di milioni, un quarto dei quali reinvestiti in Leiva, unito al predecessore unicamente dal nome. Un affare in termini economici come un affare in termini tecnici, nonostante parecchie sopracciglia alzate al momento dell'annuncio dell'ingaggio. Erano quelle di chi conosce il calcio soltanto attraverso gli almanacchi: le partite vissute più in panchina che in campo al Liverpool erano una sentenza. Eppure anche queste persone avrebbero dovuto insospettirsi e non solo perché Igli Tare, il direttore sportivo della Lazio, raramente sbaglia una valutazione. Avrebbero dovuto vedere il filmato con cui i compagni di Anfield Road salutavano commossi Leiva, avrebbero così capito che in Italia era arrivato uno vero.

 

Il Liverpool lo considera tale già nel 2007, quando investe dieci milioni di euro per un ventenne cresciuto nel Gremio. Il pallone è un affare di famiglia, il fratello maggiore del padre è un attaccante conosciuto come Leivinha. Fa parte della Nazionale verdeoro al Mondiale 1974, è in campo nella partita contro lo Zaire quando Joseph Mwepu si stacca dalla barriera e calcia via il pallone prima che un incredulo Rivelino possa battere la punizione. Lucas Leiva sceglie di diventare centrocampista offensivo e per queste doti viene scelto dalla Premier. Un trasferimento comunque sofferto, e non solo per il clima. A Liverpool gli spazi sono pochi in presenza di fenomeni come Gerrard, Xabi Alonso e Mascherano. Il calcio è decisamente più fisico e ci si mette anche un legamento del ginocchio che salta nel 2011. Ma Leiva è l'opposto del brasiliano tutto genio e saudade, “senza regole è molto difficile diventare giocatore professionista”, racconta. Una determinazione feroce lo aiuta a imparare dai grandi al suo fianco e a trovare una nuova vita da play difensivo: è quello che va a ringhiare su ogni portatore di palla avversario che si presenti.

 

Inoltre Leiva possiede le qualità di eccellente uomo spogliatoio. Mai una polemica, mai una parola fuori luogo. Impara perfino dalle contestazioni e, sappiamo bene, quando in Inghilterra ti prendono di mira fatichi a venirne fuori. Lui ce la fa, al punto che nelle trattative degli ultimi anni il suo nome viene regolarmente abbinato a un'italiana (al Napoli, come all'Inter di Mancini). Ma, altrettanto regolarmente, lo trovi alla partenza di una nuova stagione con il Liverpool. Fino all'ultima estate, fino a quando Leiva non decide che dieci anni di Inghilterra possono bastare. Lo chiama l'Italia, la terra da dove partirono i suoi bisnonni toscani per andare a coltivare la terra a Dourados: qui Leiva ha acquistato un ranch per allevare cavalli, qui è nato il 9 gennaio. È anche il giorno in cui era stata fondata la Lazio, la squadra che lo convince. Gli basta poco per diventare un intoccabile e per far dimenticare in fretta Biglia. Se là davanti Immobile è implacabile, se Milinkovic-Savic ha la mente libera per svariare in campo, se la difesa si sente sicura e se la squadra è al terzo posto, è perché tutti sanno che c'è Leiva che ti copre le spalle. Aveva scelto la Lazio per poter giocare in Europa League, lui la sta portando in Champions.

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