Marco Giampaolo (foto LaPresse)

A Empoli Giampaolo si è riabilitato, al Milan Brocchi si è già bruciato

Leo Lombardi

In estate in molti avevano pronosticato che fosse l'allenatore dell'Empoli il primo esonerato della serie A. Il tecnico però ha smentito tutti e condotto gli azzurri a una salvezza anticipata, ritrovando la stima di cui aveva goduto a inizio carriera. La stessa di cui ha goduto l'ex centrocampista rossonero: i primi risultati però sono stati pessimi.

In estate non gli avevano dato più di tre mesi di vita. Invece Marco Giampaolo ha fatto come quei malati terminali che lottano come leoni, per il gusto di smentire i medici e per congedarsi il più tardi possibile. A Empoli ha scritto un'altra pagina di un calcio di provincia che in Italia soltanto i Galliani e Lotito vorrebbero vedere estirpato in nome, non si sa, di quale fantomatico progetto. Il tecnico ha costruito e conquistato la salvezza in anticipo sulla tabella di marcia. Ci è riuscito dopo che, in estate, gli avevano disfatto la squadra per poi ricostruirla, in nome del bilancio e di un progetto (questo sì, reale) che prevede acquisti a costo zero con generose plusvalenze e, a fianco, prestiti di gente che farebbe panchina da altre parti. Smantellato l'Empoli che aveva raccolto applausi, salutato l'asse formato da Sepe (portiere), Rugani (difensore centrale) e Valdifiori (regista) – quello su cui si poggiano le fortune di ogni squadra –, congedato anche Hysaj. I sostituti? Elementi che erano già in casa oppure pescati tra le seconde e terze scelte di mercato. Giampaolo ha preso il gruppo, ha lavorato, limato e dato una prospettiva. Risultato? Un'andata a ridosso delle prime e un ritorno di oculata gestione di quanto raccolto, fino alla salvezza aritmetica. Un lavoro che il tecnico ha fatto scrollandosi di dosso le malignità di quanti lo pronosticavano cacciato in poco tempo. Pesavano gli esoneri di Siena, Catania e Cesena, pesava ancor più la fuga da Brescia, abbandonata per non dover sottostare ai ricatti degli ultrà, che pretendevano – come in passato – confronti con squadra e allenatore dopo un risultato negativo. Un costume tristemente abituale in Italia, cui in pochi si sottraggono. Giampaolo era stato uno di questi: non per paura di ritorsioni, ma per dignità personale. L'esperienza di Brescia sembrava aver messo la parola fine su chi aveva anche sfiorato la Juventus, superato sul filo di lana da Ciro Ferrara (e si è poi visto con quali conseguenze sulla sorti bianconere). Invece Giampaolo ha trovato a Cremona una realtà che gli ha dato fiducia, ripartendo senza problemi dalla Lega Pro. In estate la chiamata dell'Empoli, con un suggerimento disinteressato da parte di Maurizio Sarri. Una scelta che ha consentito al club di garantirsi un altro anno di serie A e a Giampaolo di ritrovare la stima di cui aveva goduto a inizio carriera.

 


Cristian Brocchi (foto LaPresse)


 

La stessa concessa a Cristian Brocchi a livello giovanile e che il passaggio al cosiddetto “calcio dei grandi” rischia di bruciare in poco più di un mese. Parlare di Milan sa tanto di accanimento terapeutico, non solo in questi giorni ma negli ultimi anni. Non si negano speranze di vita ma si dilatano, abbassando progressivamente la speranzosa asticella posta a inizio stagione: dallo scudetto si passa al piazzamento in Champions, poi a quello in Europa League, quindi a quello della stessa coppa ma senza i preliminari, infine a uno spareggio estivo, pur di affermare di aver portato a casa qualcosa. Il Milan del dopo-Mihajlovic è riuscito persino a scivolare fuori da quest'ultima zona, superato dal Sassuolo. Rimane la finale di Coppa Italia ma, vista la Juventus attuale, meglio non cullare troppe illusioni. Anche perché il Milan di Brocchi appare lontano anni luce dalla squadra del mai troppo rimpianto Massimiliano Allegri. Inutile baloccarsi con i tiri a rete e con le traverse centrate domenica pomeriggio. A San Siro l'avversario era il Frosinone, penultimo e capace, in precedenza, di realizzare tre reti al Verona soltanto. Quel Verona, ultimo in classifica, che aveva battuto i rossoneri nel turno precedente, giorno della retrocessione in serie B. Pochi dati che indicano come quello di Silvio Berlusconi sia stato un azzardo che potrebbe rivelarsi letale. Letale per le sorti del Milan, giunto a livelli di confusione che ricordano i dimenticabili anni di Vittorio Duina, Felice Colombo e Gaetano Morazzoni. E letale per le sorti di Brocchi che, di fronte alla proposta presidenziale, avrebbe forse fatto meglio a rispondere con un cortese ma fermo rifiuto, restando con la Primavera: per non finire nel frullatore rossonero e per non giocarsi personali speranze future. Chiedere a Clarence Seedorf e a Pippo Inzaghi per ricevere chiarimenti in proposito.

 

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