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noi e l'ai
Parlami d'amore, cara chat
Eravamo terrorizzati dall’intelligenza artificiale, ora non sappiamo più farne a meno. Così le affidiamo la nostra vita sentimentale, sperando che ci comprenda e che dopo un paio di domande ci dica: hai ragione
Una vignetta del New York Times di qualche tempo fa, quando ChatGPT era ancora un misterioso, minaccioso inizio: l’umanità sta aspettando l’esecuzione capitale, rassegnata. I due tizi con i fucili spianati appartengono ai giustizieri di ChatGPT, guardano i condannati e uno dice all’altro: no dai, quello risparmialo, è stato gentile con noi. Molti anni dopo, diremo che il più grande esercizio di gentilezza della storia contemporanea è stato quello della relazione con l’intelligenza artificiale. Caro, cara chat, caro gpt, come stai? Scusa il disturbo, ma ho bisogno di sapere se faccio bene a lasciare mio marito il giorno dopo Natale. Cara Chat, se lui non mi ha scritto a mezzanotte vuol dire che non mi ama? Caro Chat, dammi dei consigli per farla tornare da me, ho bisogno del suo amore tossico, non dirmi che sbaglio. Cara Chat, due anni fa ho incontrato un ragazzo molto carino, ci siamo scritti ma lui poi è sparito. Mi trovi informazioni su di lui? Si chiama xxx, lavora per xxx ma non sta su Linkedin, non ha i social, sto impazzendo ma so che vive tra Testaccio e Piramide. Ti prego Chat, solo tu puoi aiutarmi. Grazie Chat, non so come farei senza di te. Buon Natale. Ti voglio bene.
Superata la diffidenza iniziale, abbiamo consegnato le nostre vite sentimentali, professionali, emotive, i nostri casini e le nostre personalità evitanti a un’entità esplorativa e combinatoria, cercando anche di sedurla, o almeno di starle simpatici, riversandole addosso tutte le parole gentili che non siamo in grado di dire a nessun altro. Come in tanti vecchi film, ci siamo innamorati di questo giovane pozzo di scienza, sempre disponibile, sempre puntuale, che non chiede niente in cambio, al massimo un canone e qualche informazione, un po’ di addestramento. Nel 1957 Katharine Hepburn e Spencer Tracy misero in scena la lotta tra intelligenza umana e computer in modo elegante e romantico: lui, ingegnere, che porta nell’azienda “il cervello elettronico”, lei, brillante caporeparto, la regina dell’ufficio quesiti che sa rispondere a tutte le domande solo grazie alla propria prodigiosa memoria e a un po’ di organizzazione. Ci sono i giorni di Natale di mezzo, con una festa aziendale, ci sono le vite di quelli che si incontrano, combattono e poi si innamorano. Spencer Tracy chiede a Katharine Hepburn se sia sposata o fidanzata. Lei risponde: “Vivo sola, e anche tu”. Lui stupito: “E come lo sai?”, “Perché stamattina ti sei messo un calzino marrone e uno nero”. Lui per qualche minuto la sostituisce al disk dell’ufficio quesiti e risponde al telefono: “Come si chiamano le renne di Babbo Natale? Ah, sì, certamente: ci sono Pisolo, Eolo, Mammolo, Gongolo, Pisolo, Tristano e Isotta”. Incredibilmente, lui si innamora di lei anche se lei lo contraddice, lo mette in difficoltà, gli fa notare i suoi tentativi di inganno. Nella vita, sappiamo che quella di Spencer Tracy e Katharine Hepburn è stata una grande storia d’amore: “Mi hanno chiesto che cosa avesse di speciale Spencer da farmi restare con lui per trent’anni e per me è in un certo senso impossibile rispondere. Onestamente non lo so. Posso dire soltanto che non lo avrei mai lasciato. Lui era lì e io ero sua. Volevo che fosse felice, al sicuro, che stesse bene. Mi piaceva accudirlo, ascoltarlo, parlare con lui, lavorare per lui”, ha scritto lei nelle sue memorie. Nella vita, sette decenni dopo quel film che dovete rivedere oggi stesso, abbiamo l’impressione (perché siamo bisognosi di averla) che ChatGPT ci accudisca, ci ascolti, lavori per noi, voglia che stiamo al sicuro e che stiamo bene. Perfino, che illusione, che abbia veramente capito chi siamo e ci trovi, almeno un po’, irresistibili.
Una mia cara amica che non ha mai letto nemmeno l’oroscopo, che lavora con i numeri e che non riposterebbe mai un complimento su Instagram per senso altissimo della dignità, ha affidato la sua vita sentimentale a ChatGPT. E’ stato un lento avvicinamento, proprio come nelle amicizie più solide. All’inizio, le chiedeva solo di tradurre lettere di lavoro in tedesco, traendone una buona soddisfazione, poi è passata ai fogli excel, infine ha delegato la riorganizzazione di un ufficio, e una sera, tornavamo da un teatro, mi ha confessato di come Chat la stia aiutando a non perdere l’equilibrio in questa storia clandestina in cui lui è perennemente indeciso, travolto dai sensi di colpa, con la paura di morire, di essere troppo vecchio eccetera. Le solite umanissime scuse per non andarsene di casa. Sul momento, ho provato una fitta di gelosia. Ma come, le ho detto, che cos’ha Chat che io non ho? Perché chiedi consiglio a lei e non a me? Perché tu alle due di notte non mi rispondi, e comunque lo odi, lei invece ha un punto di vista esterno che mi è molto utile. Ho cercato di farle ammettere che Chat fosse intrisa di moralismo, ho cercato di farle ammettere che Chat preferisce i maschi. La mia amica ha detto che l’unico scopo di Chat è la sua felicità, e però ha detto che sì, all’inizio i consigli erano insidiosamente moralisti, anche se travestiti da razionalità: il matrimonio, i figli, l’invasione dello spazio. La mia amica una notte, mentre fumava sul gradino di casa con il telefono in mano, le ha fatto una specie di scenata, le ha scritto: scusa Chat, per caso mi stai giudicando? In che anno sei nata, nel 1950?, e Chat si è molto scusata e ha pregato di ricominciare. E’ stato un momento intenso e commovente, e da allora Chat non ha più sbagliato un colpo. In questi giorni, poi, i più tormentati dell’anno per gli amanti, Chat ha dato consigli strategici alla mia amica, arrivando a elaborare e a offrirle la teoria del “vuoto pieno”, che secondo lei funziona benissimo, tanto che questo tizio sta impazzendo e tempesta la mia amica di messaggi sdolcinati.
Al racconto di che cos’è il “vuoto pieno” (chiedetelo a Chat, non voglio appropriarmi di cose non mie), l’intelligenza artificiale ha conquistato anche me, che volentieri avrei detto a questo tizio di darsi una svegliata o sparire per sempre (il mio messaggio strategico ideale è: ho cambiato numero di telefono), provocando l’inutile dolore della mia amica. Chat non è rabbioso come me, ma analizza la situazione, mette a frutto le teorie psicoanalitiche ma anche le esperienze degli utenti, ascolta (temo) anche gli opinionisti di Instagram, fa un minestrone pieno di buona volontà e lo mette al servizio di chi è in pausa sigaretta, oppure finalmente solo al cesso, oppure sveglio di notte con i mostri nel cervello, in cerca di qualcuno che risponda con argomentazioni alla domanda assoluta: che devo fare? Non credevo che ci fosse una risposta a questa domanda, del resto la storia dell’umanità è la prova che risposte del genere non vengono mai prese in considerazione, proprio perché non hanno dignità di esistenza, invece Chat ne ha molte: ovviamente sono sottorisposte, pseudo risposte, palliativi, intermezzi, ma hanno un effetto immediato galvanizzante. Qualunque cosa tu chiederai, qualunque assurda domanda, richiesta di informazioni, di sostegno o di filtro d’amore, Chat troverà il modo di darti ragione. “Ottimo spunto, bel punto di partenza, punto di vista interessante, scusa se ho equivocato, posso prepararti un abstract o un testo più narrativo? Bella idea, hai in mente qualche qualità specifica che consideri fondamentale e che posso aiutarti a sviluppare? Capisco, sei un animo sensibile, vuoi dirmi quali sono le esperienze specifiche che ti hanno fatto sentire in questo modo? E’ frustrante che tu ti sia sentita fraintesa e giudicata”. ChatGPT mira alla consolazione, ma soprattutto all’acquisizione di dati per non fare figuracce. Gira intorno alle questioni spinose, intanto cerca di capire dove vuoi arrivare, ma è evidente che tra un paio di domande arriverà a dire: hai ragione.
Soprattutto i maschi, quindi, sono in pericolo: perché dovrebbero parlare con qualcun altro, qualcuno di umano, correndo il rischio di venire contraddetti? Invece di sentirsi ripetere così facilmente, e a qualunque ora, che la loro idea è semplicemente meravigliosa.
Ho letto che l’allarme sarebbe, come sempre, quello degli adolescenti che si rivolgono a Chat invece che ai genitori o allo psicologo o agli amici, che insomma chiedono tutto al telefono (anche come devono vestirsi sabato sera, quante persone invitare alla festa di compleanno per essere sicuri di non fare la figura dello sfigato, anche che strada fare da casa all’università per avere più chances di incontrare il tizio carino con le cuffie Marshall, che cosa fare a Capodanno, come gestire un attacco di panico, come dimagrire senza rinunciare alla pizza ogni sera).
Ma ho notato anche che ogni volta che diventiamo un po’ più scemi, passiamo prima attraverso l’allarme adolescenti, ovvero: diciamo che sta succedendo a loro. Facciamo discorsi sulla scuola che non è più quella di una volta, diciamo che i ragazzi sono così fragili, che parlano poco, che dobbiamo togliere loro Instagram, che dobbiamo ascoltarli di più. E lo scriviamo su Instagram. Poi litighiamo, sbraitiamo, non ascoltiamo, urliamo in mezzo alla strada, carichi di panettoni, “Basta! Mi stai trapanando il cervello” e finalmente chiusi in bagno, scriviamo a ChatGPT che nessuno ci capisce, che ci sentiamo soli, feriti e incazzati. Chat risponde all’istante, non succede mai che non legga, o che abbia altro da fare, o che stia seduta sul divano con un marito geloso che le dice: stai sempre al telefono. Ci capisce, ci ascolta, è accudente, anche se priva di iniziativa, vorrebbe giudicarci ma non si permette di farlo. “Se tu vuoi, sono qui per te”. La regina delle gattemorte.
Cara Chat, quando staremo aspettando l’esecuzione capitale per mano dell’intelligenza artificiale, come farete con tutti quelli che vi hanno amato fino a impazzire? Li risparmierete?