
(foto Ansa)
l'analisi
Il silenzio sulla crisi demografica si può combattere nelle aule
L'Italia registra un nuovo crollo delle nascite: -37% dal 2000. La denatalità non fa più notizia, ma senza interventi strutturali, come una vera scuola a tempo pieno, il Paese rischia di restare senza futuro. Un'idea per cambiare metodo
Anche quest'anno, come regolarmente avviene dagli anni ‘90, i dati ISTAT evidenziano un'ulteriore calo delle nascite in Italia (370.000 nuovi nati, 10.000 circa in meno dell'anno precedente, 215.000 in meno rispetto al 2000, ovvero meno 37%). I dati reali sono sempre peggiori delle peggiori previsioni fatte nel corso degli ultimi lustri. Nascono meno bambini, da mamme sempre meno giovani (età media: 32,6 anni) e meno numerose (donne in età fertile: 11.400.000 rispetto a 14.300.000 di 30 anni fa). Il clamore per la notizia dura poco e sempre meno nel corso degli anni. Ormai la denatalità non è più una notizia (sarebbe una notizia, auspicabile, l'inversione di questa tendenza autodistruttiva), ma è purtroppo divenuta noiosa cronaca. La natalità si contrae quando viene meno la volontà di progettare il futuro. Non aiuta certo ad avere fiducia nel futuro la descrizione del nostro Paese, che resta tra i Paesi con la migliore qualità di vita e, non a caso, uno di quelli con la più alta longevità (81,4 anni uomo, 85,5 donna), come un Paese in cui tutto va male e non c'è speranza di un futuro migliore. I dati ISTAT 2025 non dicono questo. Oltretutto l’Italia è tra i 15-20 Paesi più ricchi al mondo. La politica (centro, destra, sinistra) negli ultimi anni ha adottato misure cosmetiche per agire sul calo delle nascite elargendo bonus, finanziamenti ad associazioni/istituzioni, senza mai incidere realmente, senza ottenere risultati.
Da anni, come Società Italiana di Pediatria, proponiamo un “rivoluzionario” intervento nella scuola. Il drastico e drammatico calo delle nascite ha reso disponibili spazi negli edifici scolastici e pletorico il personale, docente e non, in servizio (nonostante i pensionamenti). Dal Nido all'ultima classe delle medie superiori (quindi fino alla maggiore età) dovrebbe essere prevista una scuola a tempo pieno in grado di garantire, oltre alla formazione strettamente scolastica (implementando l'educazione civica), la possibilità di una "refezione didattica" e, nelle ore pomeridiane, la possibilità di praticare sport, la possibilità di insegnare le arti (dalla musica alla pittura, dalla danza alla scultura) e insegnare l'educazione al benessere (non semplice educazione sanitaria). Brevemente, nello specifico, refezione didattica significa coinvolgere gli allievi nella scelta e preparazione dei pasti favorendo la conoscenza degli alimenti e le loro caratteristiche nutrizionali. Coinvolgendo gli alunni anche in tutte le attività relative ai pasti (dalla cura della tavola, alla pulizia delle stoviglie e degli ambienti - come avviene in Giappone). Consentire a tutti di apprendere come suonare uno o più strumenti musicali (negli USA, grazie alle “marching band” tutti sanno suonare almeno uno strumento musicale), a praticare diversi sport, ad apprezzare le tante bellezze artistiche e naturali del nostro Paese. Scuola a tempo pieno, per tutti coloro che ne possano avere necessità, con flessibilità dell'orario di accesso (dalle ore 07:00) e dell'orario di uscita (fino alle 19:00) per andare incontro alle esigenze dei genitori. Coordinando tutti coloro che contribuiscono alle offerte formative (sportive, artistiche, di ristorazione, sanitarie), la scuola diverrebbe il luogo sicuro e di coordinamento, dove, con personale qualificato, dare modo a ogni individuo di sviluppare al meglio le proprie potenzialità. Si garantirebbe, a tutti i soggetti in età evolutiva (il 55% sono figli unici) una socialità sana, costruttiva, formativa, tutti impegnati in attività in grado di arricchire mente e corpo. Quindi non elargizioni di bonus occasionali (dimostratisi inutili), ma percorsi strutturati e stabili che, in modo equo, garantirebbero una crescita sana e lontano da tutte le nocività alle quali i bambini e i ragazzi di oggi sono esposti (alcool, droghe, abuso di tecnologia, sedentarietà, obesità, solitudine, ecc.). Di certo si spenderebbe meno delle straordinarie quantità di denaro attualmente necessarie per arginare gli effetti delle nocività (quanti soldi vengono distribuiti in progetti, non coordinati centralmente, per il recupero di ragazzi e ragazze travolti dalla droga, dall’alcool, ecc.). Una scuola con le caratteristiche descritte sarebbe un meraviglioso investimento in salute fisica e mentale e garantirebbe la sostenibilità di un SSN attualmente travolto dai costi necessari alla cura delle cronicità e delle malattie non trasmissibili, nonché un investimento sul bene più prezioso per una società: i futuri cittadini. Con una scuola in grado di offrire istruzione, sana alimentazione, arte, sport, socialità virtuosa, molte giovani coppie non avrebbero paura e incertezza nel dare vita al loro desiderio di divenire genitori (oltre il 70% delle coppie in età fertile): molti giovani vorrebbero avere figli, ma, molto banalmente, non saprebbero a chi e dove lasciarli. E un progetto realizzabile, sostenibile? Lo è, ma richiede impegno, coraggio e visione, qualità che purtroppo non sempre vengono espresse dalla politica. Si discute di tutto, ci si accapiglia su qualsiasi cosa e si trascura il futuro: un Paese senza bambini è un Paese senza futuro e, continuando così, senza presente.
Alberto Villani
pediatra


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