I dati

La piaga è il traffico? Per l'Italia spesso è una benedizione

Jacopo Giliberto

Abbiamo il primato europeo della densità di automobili. Ma abbiamo anche un gran numero di cittadine e borghi in cui non se ne potrebbe fare a meno

La piaga è il ciàffico*. Settimane fa vasta eco aveva suscitato il dato divulgato dall’Eurostat. L’Italia ha il primato europeo della densità di auto con (verrrrgogna) 684 auto ogni mille abitanti contro una media europea di 560 automobili. In coda in Europa c’è la Lettonia con 414 auto per mille abitanti. Le notizie cattive vincono sempre sulle buone (“Noi occidentali, malati immaginari”, il Foglio, 12 febbraio). Però prima di esprimere l’indignazione contro il nostro cattivo paese bisogna guardare i dati.

L’Italia ha tante automobili perché fra i paesi europei è quello caratterizzato da un gran numero di cittadine deliziose e borghi ameni dispersi su colline impervie e alture ripide i cui abitanti sempre più vecchi non hanno alternativa all’uso dell’automobile. Senza l’automobile, queste cittadine deliziose e questi borghi ameni sarebbero del tutto spopolati. E’ la disponibilità di auto a ridurre i disagi e a rallentare l’emigrazione dalle cosiddette “aree interne”. Poche metropoli, poca pianura e tanti vecchi rendono insostenibili gran parte dei trasporti pubblici, quella “cura del ferro” invocata da chi invece abita in comode città. Come disse l’attore Marco Paolini, l’Italia è un paese di montagna convinto di essere un paese di pianura. Le zone d’Italia in cui c’è la densità più alta di automobili non sono le città maggiori; al contrario. Nelle grandi città ci sono meno automobili per numero di abitanti. 

Ecco i dati, con un’avvertenza d’uso: i dati di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige sono falsati dalle compagnie di noleggio, che immatricolano le loro vetture dove ci sono agevolazioni fiscali o assicurazioni più convenienti. Stando ai dati Aci 2016 – sono un po’ stagionati ma esprimono ancora i rapporti corretti – otto anni fa le regioni con più auto per abitante erano la Valle d’Aosta, con (udite udite) 1.173 auto ogni mille abitanti, cioè più di un’auto a persona, seguita da Trentino e Alto Adige (901), Umbria (701) e il Molise con 667 auto ogni mille abitanti. Ultime di 20 regioni erano Lombardia (599 auto), Campania (580), Puglia (565) e infine Liguria (532 auto ogni mille abitanti). Ancora dati Aci 2016, ma ora per comuni. Il comune che otto anni fa aveva in assoluto la maggiore densità di auto sembrava Scandicci (Firenze) con un dato che pare frutto di un errore o di una condizione particolare: 2.959 auto ogni mille abitanti. Tre auto a testa. Seguivano Aosta (2.364), Bolzano (2.094), Trento (2.088). Dopo i capoluoghi delle grandi valli alpine, con dati viziati dai noleggi, ecco densissimi di automobili alcuni comunelli insospettabili: San Michele Salentino (Brindisi) otto anni fa censiva 1.080 auto ogni mille abitanti, un’auto a testa; poi Qualiano (Napoli), Tavagnacco (Udine), Sala Consilina (Salerno), Sannicandro (Bari). 

 

E’ più fresca al 2021 l’analisi dell’Osservatorio Autopromotec su dati di Eurostat e dell’associazione europea dei costruttori di auto Acea. Esprime in modo più accentuato una situazione simile a quella del 2016. Se si cambia l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. La Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige rimangono in testa con circa 2.020 e 1.120 auto ogni mille abitanti. Nuovo set di dati: Rapporto Ambiente Urbano 2022 su dati Istat 2021. Tra i 115 capoluoghi di provincia, in testa per auto ogni mille abitanti ci sono Frosinone (817), Isernia (814), l’Aquila (809), Vibo Valentia (799), Potenza (792 auto ogni mille abitanti). E poi Catania, Agrigento, Viterbo, Nuoro, Perugia, e così via. Roma novantesima (626) su 115. Quali sono i capoluoghi di provincia in coda? E’ presto detto. La graduatoria 2021 dei capoluoghi di provincia dice che le ultime per densità automobilistica sono Firenze (545 auto ogni mille abitanti), Bologna (543), Milano (504) e Genova (490). Proprio le città in cui si mugugna di più. Ovvio, l’ultimo capoluogo in Italia per numero di automobili ogni mille abitanti, centoquindicesima città su centoquindici, è Venezia con appena 442 auto per mille abitanti e uno sproposito di battelli di ogni ordine e grado.

 

Questi dati confermano ciò che è noto. Il trasporto pubblico funziona solamente quando viene usato da molte persone concentrate in aree compatte e quando svolge un servizio frequente. Le linee di autobus e il tram nelle città di pianura, ma anche le cinque-più-una linee di metropolitana a Milano o perfino la metropolitana a Napoli, sono competitivi sull’automobile quando spostano migliaia di persone. La sola metropolitana di Milano sposta in media 1,2 milioni di persone al giorno, tanti quanti ne contiene l’intera provincia di Bari compresi tutti i suoi 41 comuni. E’ lo stesso motivo per cui il treno ad alta velocità – nonostante l’impatto dell’infrastruttura colossale in gallerie e viadotti – è competitivo sul tratto più pregiato d’Italia, cioè fra Roma e Milano, e rimane interessante anche sulle altre destinazioni a buon tasso di riempimento, come Napoli, Torino e Venezia. Nelle grandi città di pianura si può vivere senza bisogno di comprare un’automobile di proprietà. Al contrario la densità modesta di una città dispersa e allungata lungo le consolari nell’anarchia costruttiva palazzinara rende inefficienti tutti i servizi a rete di Roma, a cominciare dalla metro e dagli autobus. Nella pianura dell’Alta Italia e soprattutto nelle zone di collina la densità abitativa si riduce, più costoso e inefficiente diventa il servizio di trasporto; se gli abitanti da servire in ogni località sono pochi, la magliatura delle linee si dirada e le corse dei mezzi sono rarefatte; la prima e più distruttiva soluzione per risanare un servizio inefficiente è “tagliare i rami secchi” e ridurre il servizio già scadente. 
Chi dalla comodità della casa di città parla di mobilità dolce, di bicicletta e di monopattino elettrico, pensa alla città con i suoi servizi, pensa a spazi pianeggianti e pensa a trentenni dai garretti tonici. Chi dalla comodità della casa di città chiede per i paesini più corriere e più treni, chiede che tutti sussidino con le loro tasse un servizio inutile e inefficiente che gli abitanti dei deliziosi borghi italiani usano malvolentieri. La frazione o il paese sono raggiunti – quando va bene – da quattro o sei corse quotidiane della corriera. Nei paesi i negozi ancora aperti sono pochissimi, qui una volta c’erano tre panetterie e due macellerie e ora bisogna scendere in città.

Con il ridursi della densità di persone cresce il bisogno di auto. Il lavoro è lontano dall’abitazione; i negozi di prossimità hanno una logistica più costosa e meno efficiente, e il centro commerciale giù in città o nel fondovalle consente prezzi più bassi e la facilità d’acquisto di beni e servizi differenti. La posta, la banca, la birreria sono lontani lungo la strada provinciale. Poi una società che invecchia ha bisogno della farmacia e dell’ambulatorio; non usa la bicicletta quando il tempo è inclemente; le salite sono insopportabili. Si invoca una società che partorisca più figli, ma nel paese di collina spingendo il passeggino o pedalando sulla bici con il seggiolino non si arriva né dal pediatra né all’asilo; poi le festicciole dei compagni di classe; le attività sportive e ricreative. Ed è un diritto anche la vita sociale, incontrare gli amici, mangiare in pizzeria, andare al cine come fanno gli abitanti della grande città. Questi diritti a una vita normale sono possibili solamente con l’auto e sono impediti quando il treno si ferma due volte al giorno alla stazione nel fondovalle e la corriera passa sei volte al giorno. Questa analisi va completata con la densità del traffico di una particolare città. Fra i 115 capoluoghi, Palermo è 103esima con 637 auto ogni mille abitanti, meno della media italiana. E’ la piaga del ciàffico*.

* “Johnny Stecchino”, Vincenzo Cerami e Roberto Benigni, 1991
 

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