Un milione di click

Il contrappasso di Ferragni. Analisi dell'intervista (dice lei) più letta del mese

Ester Viola

Finalmente è l'influencer a pendere dai giornali e non il detestabile viceversa. A che serviranno queste 30 mila battute luccicanti se dovesse arrivare un rinvio a giudizio? A niente, per lei. Ma a un po’ di spasso per noi sicuramente sì

Analisi del testo dell’intervista più letta del mese, stando ai click di cui si è vantata Ferragni Chiara nelle sue storie. Un milione! Consentitemi una premessa soddisfatta: finalmente pende lei dai giornali e non il detestabile viceversa, un po’ di contrappasso, era l’ora, dopo tutto quello che abbiamo passato. Pareva che la hybris non funzionasse più e invece funziona ancora benissimo.

Intanto, l’intervista è ovviamente prodotta a freddo in laboratorio dalla nuova dirigenza di crisi. Tranne il penalista, che si sarà opposto sicuramente e avrà avuto un esaurimento nervoso: i processi si vincono con la prudenza, non con le fanfare. Metà sentenza è fatta di umiltà. Ricordano tutti, sempre, l’Onorevole Andreotti malfermissimo sulle gambe che si alzava scattante e tremante a ogni ingresso dei giudici.

Ma torniamo dalle parti nostre, al pop che ci meritiamo. A che serviranno queste trentamila battute luccicanti di fronte alle tre, invincibili parole, se dovessero arrivare: rinvio a giudizio? A niente, per lei. Ma a un po’ di spasso per noi questo sabato mattina sicuramente sì.


1) Giornalista: Nel caso del pandoro, la beneficenza è stata fatta da Balocco, non dalle sue società.  
Ferragni: "È stata una iniziativa mia e del mio team far inserire la donazione del contratto"
 
Come si legge una frase del genere se di mestiere fai il pm o l’avvocato? Così. Se hanno già rilevato una ipotesi di disegno criminoso complessivo e ben strutturato, non solo il pandoro ma altro, questo vuol dire che la signora conferma che era anche preordinato su sua iniziativa personale. Ergo: rafforza l’ipotesi. Non è l’occasione colta al volo, è l’occasione procurata prima e ben sfruttata poi. Questo stralcio di intervista potrebbe pure finire negli atti della procura e ripresentato alla mittente. Mai scordarsi anche un certo ricercatissimo humour dei giudici.
 
 
2) Una cosa che ha molto colpito l’opinione pubblica è la sproporzione tra il suo cachet, più di un milione, e la beneficenza, 50 mila euro.
"Parlare di cachet è improprio, perché quella cifra è il compenso dato alle mie società per i miei diritti di immagine, per la promozione e l’intera operazione. Non si deve far confusione tra la persona fisica Chiara Ferragni, il brand e le aziende. Inoltre, senza l’operazione, la donazione non sarebbe stata fatta"

Anche in questa risposta, la mano d’oro degli avvocati. Non si fa confusione tra persona fisica e società, cari signori. Così funziona anche all’agenzia delle entrate. Non sei tu, sono io, anzi è la S.p.A., a mia insaputa.
 
 
3) Chiara, che cosa ricorda di quel 15 dicembre?
 "Né io né i collaboratori ci aspettavamo niente del genere"

Qui il candore diventa di Pinocchio, però. Figlia mia. Nel provvedimento dell’AgCom c’erano – riportate nella parte motiva – tutte le mail, gli scambi e le prove. Ovviamente acquisite su richiesta delle autorità. Si sapeva – lo sapevi pure tu - da sei mesi almeno, nel frattempo da chi è venuto l’ordine “non faremo niente!”? Segnati il nome Chiara, è una persona pericolosa. Ah, sei tu?
 
 
4) Lei pensa di meritarselo il successo?
 "Penso che sono una brava persona e di dare il massimo".

Pure di prenderselo, il massimo, Chiara. Quello è stato il problema.
 
 
5)  Senza la beneficenza, le sue società avrebbero incassato di più?
 "Probabilmente, un pochino sì. Ma l’importante era fare la donazione".

E questa è classe. Fantocci.

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