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Saverio ma giusto

Spaghetti spaziali: l'export italiano anche fuori dai confini terrestri

Saverio Raimondo

La guerra dei mondi? Sarà scatenata da una carbonara. Meglio non rischiare, che rischiamo di inimicarci subito anche gli alieni

La notizia che il ministro Lollobrigida intende portare la pasta italiana “sulla Luna e su altri pianeti, senza rinunciare al grano dei nostri agricoltori” (cit.) può sembrare una faccenda buffa, grottesca, persino ridicola, ma in realtà non va affatto sminuita: la pasta italiana sulla Luna è un piccolo passo per l’uomo, ma un grande passo per un cognato. Nessuna facile ironia: il ministro intende solo verificare quanto teorizzato dai fisici che studiano i buchi neri. Secondo la teoria, quando un oggetto cade all’interno di un buco nero, mano mano che ruotando si avvicina al centro, l’oggetto inizierebbe a essere stirato, allungato, finché la sua massa non inizia letteralmente a sfilacciarsi. Questo effetto viene chiamato “spaghettificazione” – nomen omen. Se questa teoria fosse dimostrata, basterebbe mandare “il grano dei nostri agricoltori” (aricit.) nello spazio per vederselo restituire sotto forma di spaghetti. (Secondo Stephen Hawking sarebbero anche già conditi, si tratterebbe di “spaghetti alla buconerano”). A quel punto basterebbe aspettare che Matteo Salvini vada in visita di un buco nero come ha fatto con lo stabilimento della pasta Rummo, e Fratelli d’Italia si sarebbe sbarazzata anche dell’ingestibile alleato della Lega.

Resta però da chiedersi se il ministro Lollobrigida abbia chiare tutte le implicazioni che lo sbarco dei nostri primi piatti nello spazio comporterebbe. Per esempio, i tempi di cottura. A che temperatura bolle l’acqua in assenza di gravità, ma soprattutto in assenza di acqua? La cottura della pasta è una faccenda delicata già qui sul pianeta Terra, figuriamoci nello spazio: come il film “Interstellar” insegna, in prossimità di un buco nero il tempo rallenta; quindi quando nell’orizzonte degli eventi sono passati 9 minuti, sulla Terra sono trascorsi 54 anni. Dunque la pasta che nello spazio sarebbe al dente, sulla Terra sarebbe fusa con tutta la pentola. Inoltre, nello spazio non è facile mettere del parmigiano sopra la pasta: appena inizi a grattugiare, ecco che i fiocchi di reggiano cominciano a fluttuare nell’atmosfera e ad appestare tutta la Stazione spaziale internazionale.

Ma la questione più delicata è un’altra ancora: secondo la comunità scientifica un nostro incontro con forme di vita extraterrestre sarebbe solo questione di tempo – e luogo. Ecco, io non credo sia una buona idea correre il rischio che questo storico incontro fra noi e gli alieni avvenga attorno a un piatto di carbonara. Con il guanciale o la pancetta, con la panna o senza, con l’aglio, con la cipolla, pecorino o groviera, ricetta italiana o americana… La carbonara da sempre divide ed è oggetto di scontro più della questione israelo-palestinese. (Per altro, se chiudessimo in una stanza un arabo, un ebreo e un piatto di carbonara, che sia col guanciale o la pancetta la detonazione spazzerebbe via il mondo intero). Portare nello spazio un piatto così controverso – e già oggetto di feroci scontri terrestri – rischia di innescare la guerra dei mondi. Cosa succederebbe infatti se dovessimo scoprire che gli alieni nella carbonara ci mettono gli asteroidi? O se gli extraterrestri dovessero contestarci l’uso delle uova? Ma prima ancora di arrivare a questo, il ministro Lollobrigida ha pensato al fatto che “la nostra sfida alla space economy” rischia di allargare le proteste degli agricoltori anche al di fuori del nostro pianeta? Si rischia che i trattori inizino a bloccare anche sonde e astronavi. Visto che il ministro Lollobrigida ama molto la terra, immagino non gli dispiacerà se lo invitiamo a restarci con i piedi sopra.

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