(foto LaPresse)

ultima generazione e gli altri

Se questa non è violenza. Indagine sul climattivismo tossico

Jacopo Giliberto

Oltre Greta Thunberg. Blocchi stradali, imbrattamenti di monumenti e opere d’arte: metodi, identità, lessico delle organizzazioni arancio. Che si nutrono di catastrofismo e in nome dell’ambiente e di una protesta velleitaria combattono tutta la società

Premessa filologica. Invece di usare il maschile per esprimere il genere neutro, alcune attiviste climatiche come desinenza usano l’asterisc*, alcune la schwə, altre una cifr3, ma la formula preferita è l’uso del femminile per indicare entrambi i generi. Forzo la grammatica della lingua italiana e mi adeguo a quest’uso. Sebbene una parte delle attiviste climatiche siano maschi, le rappresenterò tutte in forma femminile. 

Le organizzazioni
L’organizzazione per la lotta climatica più nota è Fff, sigla di Fridays for Future creata da Greta Thunberg, un movimento d’opinione che ha organizzato cortei di protesta e gli “scioperi” studenteschi del venerdì. Differente è il fronte della rivoluzione climatica perseguita con strumenti di attivismo. Extinction Rebellion è nata in Inghilterra e si è diffusa in molti paesi; da questa organizzazione ne sono gemmate altre. In Italia le organizzazioni di riferimento sono due, cioè la rappresentanza italiana del gruppo internazionale Extinction Rebellion, in sigla Xr, e l’organizzazione Ultima Generazione, in sigla Ug, che ne è derivata per scisma. 

Differenze e somiglianze
Gli strumenti di Xr e Ug sono simili, cioè il blocco stradale e l’imbrattamento ad alta visibilità, come monumenti, opere d’arte, facciate di edifici simbolici. E’ uguale anche il colore di riferimento usato più spesso, non il verde “green” bensì ricorre soprattutto l’arancio, ed è simile il simbolo dei due loghi, una clessidra nel caso di Extinction Rebellion e un orologio per Ultima Generazione, per indicare che non c’è più tempo per rinviare l’azione. Come Xr, anche Ultima Generazione ha alcune formazioni consorelle all’estero, tra le quali Letzte Generation in Germania o Dernière Génération in Francia, fra le quali c’è il coordinamento internazionale A22. Oltre ai gruppi di lotta climatica più noti e non violenti, in Europa ci sono anche organizzazioni di ribellismo ambientale che paiono avvicinarsi a un ecoterrorismo violento.

Non violenza
La sintesi delle diverse organizzazioni arancio: contrastare il cambiamento climatico attraverso metodi non violenti che attraggano nella lotta adesioni fino a diventare un movimento così di massa da non poter essere gestito con l’ordine pubblico, e così riuscire a orientare le scelte dei governi. L’esperienza riuscita è quella avvenuta nel settembre 2023 in Olanda con l’occupazione di un’autostrada, dove l’aumentare delle adesioni a un’iniziativa di Extinction Rebellion ha reso impossibile alla polizia il fermo di migliaia di manifestanti fino alla resa politica del governo, che ha accolto una parte delle richieste sulla fiscalità energetica.

Messaggi differenti
Tra le due maggiori organizzazioni è diversa la modalità di avvicinarsi all’obiettivo della rivoluzione climatica. Extinction Rebellion punta su un vaste programme come “fermiamo subito l’uso di combustibili fossili”. Invece Ultima Generazione lotta soprattutto attraverso “campagne” mirate, cioè con un orizzonte più ristretto e raggiungibile, come “stop sussidi fossili” e “fondo riparazione”. Nella prima campagna sui cosiddetti sussidi, campagna poi interrotta, Ultima Generazione aveva chiesto di pareggiare al rialzo le diverse accise sui carburanti e combustibili di origine fossile. Nel caso del “fondo riparazione”, Ultima Generazione chiede un fondo che risarcisca chi ha subito danni climatici, fondo da finanziare togliendo soldi dalle spese militari e dagli stipendi dei dirigenti di aziende pubbliche ed eliminando i “sussidi ambientalmente dannosi” (traduzione: pareggiando al rialzo i diversi pesi fiscali su carburanti e combustibili fossili). Quando il coordinamento di Ultima Generazione verificherà che l’obiettivo del fondo riparazione è stato raggiunto, oppure che non è assolutamente conseguibile, allora cambierà campagna con un altro slogan e un altro obiettivo. 

Subire angherie
Una parte del progetto comunicativo è mostrare la contrapposizione fra l’apparente non violenza delle azioni arancio e la violenza del “sistema”, violenza rappresentata dalle forze dell’ordine e da quelle persone che rispondono in modo aggressivo alla lotta climatica, per esempio in caso di blocchi stradali.

Attiviste italiane sono rimaste sgomente quando, per la prima volta in dicembre, azioni sull’autostrada Roma-Civitavecchia (Ultima Generazione) e al ponte di Rialto (Extinction Rebellion) hanno ricevuto non il consueto fermo per accertamenti bensì l’arresto con l’imputazione anche di violenza privata, un’accusa in contrasto con la convinzione di non essere violente.
Severità penale
L’inasprimento penale che diversi paesi stanno adottando verso queste forme di lotta ha due effetti contrapposti. Da un lato attrae simpatie per il movimento climatico, percepito come vittima di un’ingiustizia. Dall’altra allontana dall’attivismo le persone che in caso di arresto e di sanzioni temono conseguenze per le altre loro attività, come il lavoro o la prosecuzione degli studi. Inoltre di recente la magistratura in Italia ha cominciato a irrogare obblighi di residenza alle attiviste più esposte, e ciò ne limita la partecipazione agli eventi.

Quante persone
Difficile contare le persone impegnate nell’attivismo climatico. Fra tutte le organizzazioni arancio, possono essere stimate in alcune centinaia le aderenti attive in tutta Italia. Si aggiungono alcune migliaia di fiancheggiatrici e sostenitrici che offrono loro alloggi temporanei, sedi per riunioni, sottoscrizioni economiche e altre facility. Vi sarebbero alcune decine di attiviste “a tempo indeterminato”, le quali partecipano a tutti gli eventi in tutta Italia e si spostano nelle diverse città dove possono appoggiarsi ad attiviste locali. Altre sono attive per i soli eventi nella loro città, senza sottoporsi a trasferte. Altre ancora limitano la partecipazione alle sole iniziative senza rischi penali, per non avere conseguenze per lo studio, il lavoro o la famiglia. Altre ancora hanno ruoli più organizzativi e strategici e non si espongono. Nelle grandi città, come Roma e Milano, le organizzazioni di lotta si appoggiano ciascuna su alcune decine di aderenti più attive; in altre città i gruppi sarebbero formati da un pugno di persone.

Le due fasce d’età
Le attiviste climatiche sono in gran parte della fascia d’età tra i 20 e i 25 anni; un secondo gruppo consistente è formato da persone con più di 60 anni. Sebbene presente, è meno comune l’attivismo climatico delle persone nella fascia centrale d’età, quella produttiva. Gli approcci tra i due gruppi d’età sono diversi, più climatico ed etico per le attiviste giovani, più politico e sociale per chi ha vissuto le esperienze degli anni 70-80, per chi ha assistito agli eventi di Genova nel 2001 o ancora per le irriducibili del ribellismo.

Depressione giovanile
Molte giovani esprimono disperazione e il senso di assenza di futuro. Leggono in ogni fatto una nuova dimostrazione del crollo evidente, che ritengono già chiaramente in corso, di un mondo destinato a scomparire in pochissimo tempo. Ai loro occhi è già in atto, visibile, una catastrofe colossale del pianeta che sconvolgerà tutto e tutte, che infiniti addurrà lutti al genere umano, milioni e milioni di morti.
Frasi non inventate: “Ieri camminavo per strada e ho pianto quando ho visto bambine: sono disperata perché so che non arriveranno all’età adulta”. “Preferisco morire adesso piuttosto che assistere tra pochi anni alla distruzione del pianeta”. “La crisi climatica ucciderà le nostre famiglie prima del tempo”.
Spesso vi si legge una pulsione al cupio dissolvi.

Autonomia climatica
Le attiviste arancio sono organizzate per cellule autonome che si ritrovano, definiscono insieme le azioni e, se inserite in un’organizzazione, comunicano con altre cellule e con un coordinamento centrale. Le cellule autonome si chiamano Gda, gruppi di affinità. Il principio è il Sao, sistema auto-organizzante, formato da queste cellule autonome in cui ciascuna cellula non deve farsi carico delle altre. Seppur autonomi, tuttavia i gruppi di affinità hanno un coordinamento nazionale e sono in relazione fra loro per condividere obiettivi e strategia, o per organizzare azioni più complesse in cui serve la presenza di molte persone. Lo spontaneismo assembleare nelle decisioni dei gruppi di affinità si contrappone alla modalità dell’agire, organizzata con poco margine all’improvvisazione. 

Clima e rivoluzione
“Entrare nella resistenza è questione di sopravvivenza”, dice una. “Non voglio restare passiva di fronte alla fine”. Il tema climatico è il più forte, ma i princìpi ripetuti più spesso sono quelli sociali e buona parte del lessico è ereditato dai decenni passati. Combattere il sistema, il liberismo dilagante, vittime del sistema, la giustizia sociale, le logiche del sistema, le multinazionali, mettere in crisi il sistema, l’imperialismo, il sistema repressivo, l’Occidente, la violenza del sistema, il capitalismo, contro il sistema, il periodo storico. (Le ripetizioni non sono volute). Più in generale, il clima e la paura del futuro sono gli obiettivi ma lo scopo generale è una rivoluzione che porti a una società più giusta.

Preparazione all’azione
Gran parte dell’attività preparatoria avviene con incontri di persona, tramite piattaforme di meeting e in messaggistiche criptate, come Telegram o Whatsapp. Vi sono anche momenti di formazione per insegnare le tecniche di attivismo alle nuove aderenti, oppure per diffondere esperienze tra i gruppi di affinità. Dopo le riunioni e la scelta dell’obiettivo, vi sono sopralluoghi e viene definita una data per l’azione. Per le azioni in trasferta oppure complesse, prima dell’azione il Gda (gruppo di affinità) entra in clandestinità. Le componenti dormono insieme nel rifugio sicuro, che può essere un centro sociale, l’appartamento di una fiancheggiatrice, una comunità autogestita e così via. Le attiviste affermano che questi momenti di condivisione formano legami di amicizia e di fiducia molto solidali. Si conduce un “briefing” per ricordare la dinamica dell’azione; si preparano i materiali come gli estintori spruzzatori. I telefonini vengono chiusi nel microonde per isolarne eventuali intercettazioni. Nel gruppo sono individuate le cellule minime di attiviste (formate da due persone, denominate “buddy”; raramente tre) che cercheranno di rimanere insieme durante tutto l’evento. Vengono definiti i ruoli. Spesso nelle azioni vengono assegnati incarichi alle nuove aderenti. Nel rifugio vanno lasciati i telefonini per evitare, in caso di fermo e di sequestro, di donare alle forze dell’ordine rubriche telefoniche e messaggistica riservata. L’unico telefonino che viene portato in azione è il “legal”, cioè quello pulito con cui si filmano e documentano le azioni e con cui si possono tenere eventuali comunicazioni con l’esterno. Un foglietto con il numero dell’avvocata.

Evitare pedinamenti
Per andare sul luogo dell’azione, ogni coppia di “buddy” si muove con un mezzo e un itinerario diversi dalle altre coppie.

Due in autobus, due in automobile, due a piedi, e così via. Ugualmente, terminato il fermo per identificazione e accertamenti (in genere dura otto ore in questura) le coppie di “buddy” tornano separatamente verso il rifugio avendo cura di evitare pedinamenti per non farne scoprire la localizzazione. Prima di ogni evento, rientrati nel rifugio dopo l’azione, durante la sosta in questura e in ogni momento importante si formano i “cerchi emotivi”, collettivi di autocoscienza.
Collettivi di autocoscienza
Gli incontri del “cerchio emotivo” sono collettivi di autocoscienza da tenere in ogni momento importante, per esempio nel rifugio prima di uscire per l’azione oppure nel cortile della questura durante il fermo dopo un’azione. Quando è possibile, si accompagna il cerchio emotivo con una bevanda calda. Il principio di funzionamento dell’autocoscienza è la Cnv, comunicazione non violenta sul modello di Marshall Rosenberg. La regola di base è: una facilitatrice dà la parola a turno e le partecipanti applicano l’ascolto attivo. L’ascolto attivo consiste soprattutto nel non interrompere le interlocutrici mentre parlano, e si parlerà quando la facilitatrice assegnerà il turno di parola. Ci sono gesti convenzionali per chiedere di intervenire (l’alzata di mano) o per comunicare senza interrompere né parlare. L’approvazione si manifesta sventolando la mano, la richiesta di poter interrompere l’interlocutrice con un inciso rapido si esprime con il segno “c” formato da indice e pollice.

Le armi disarmate: la colla-cemento
Le due armi primarie sono la colla-cemento, per appiccicarsi all’asfalto nei blocchi stradali, e l’estintore a vernice. La colla-cemento è la normale colla sintetica, quella in tubettoni, che nell’imminenza dell’atto va mescolata con sabbia. La sabbia conferirebbe all’adesivo maggiore tenacia e adesione. E’ necessaria attenzione per non incollarsi malamente o imbrattarsi, incollandosi su sé stessi, e attenzione a non ferirsi quando le forze dell’ordine e i pompieri scollano le mani dalla strada. 

Le armi disarmate: l’estintore spruzzavernice
Come caricare un estintore vuoto. Svitato il tubo di spruzzo di gomma nera, la manopola di spruzzo va legata in posizione aperta. Con una valvola Schrader (cioè la stessa tipologia, ma in dimensione grande, del valvolino gonfia-e-non-sgonfia della gomma della bici) si riempie la bombola con il liquido contestatore. Infine con una pompa potente da bicicletta si pompa nella bombola l’aria propellente fino a raggiungere la pressione d’uso indicata sul manometrino dell’estintore.

Come si blocca un’autostrada
I compiti sono ben divisi, anche per evitare incidenti stradali. L’azione comincia quando due o tre persone si pongono alcune centinaia di metri prima del blocco e con bandiere ad alta visibilità cominciano a segnalare agli automobilisti di rallentare; a mano a mano che il traffico comincia a rallentare, le mossiere avanzano dalla corsia d’emergenza verso il centro della carreggiata. Più avanti, le “sitter” con gli striscioni si mettono di traverso alla carreggiata; spesso l’azione viene completata incollandosi all’asfalto con la colla-cemento. Una “legal” riprende e documenta le immagini dell’evento ed eventualmente dialoga con il pubblico per coinvolgerlo, tiene i contatti con le avvocate o con le famiglie delle attiviste. Una “referente” coordina le attività; un’attivista si occupa di chiamare le giornaliste e le freelance del videogiornalismo (per esempio Local Tv e Fanpage) e di condurle sul luogo dell’evento.

Il fermo o l’arresto
Fino a qualche tempo fa la conseguenza di un’azione era limitata al fermo per accertamenti, con accompagnamento in caserma o in questura per l’identificazione. L’unica relazione con la forza pubblica è dichiarare le generalità e riferire il numero dell’avvocata, astenendosi da qualsiasi altra comunicazione con le guardie. Finiti gli accertamenti, in genere lenti, le attiviste sono rilasciate in attesa del processo per blocco stradale semplice, quello in cui si usa solamente il proprio corpo senza il ricorso a sbarramenti e barricate, un illecito amministrativo punito con il pagamento di una somma da mille a 4 mila euro. Nell’autunno 2023 le forze dell’ordine hanno cominciato a denunciare per reati e aggravanti che, in caso di flagranza, prevedono anche l’arresto da sottoporre alla convalida della magistratura.

Soccorso arancio
I movimenti arancio compiono diverse attività sanzionabili dalla legge e quindi hanno bisogno di avvocate. C’è una piccola rete di penaliste che – a seconda del luogo in cui avviene l’azione, il fermo in questura e infine il processo eventuale – intervengono in forma di volontariato per assistere le attiviste.

La famiglia
La famiglia rimane il punto di riferimento per molte climattiviste ed è anche la prima fonte di finanziamento per gran parte di loro. “Mia madre non approva ma io lo faccio per lei e per la mia famiglia”. “Penso alla mia sorellina di 7 anni, e penso che non arriverà a vedere il mondo”.

Provenienza sociale
Un campione casuale di alcune provenienze sociali. Una studentessa universitaria di Filosofia; una maestra; una grafica editoriale; una fattorina; una eterna fuoricorso; una redattrice di casa editrice; una medica impegnata nel sociale; una dipendente comunale in pensione; una cassiera in un supermercato. 

Sostenitrici
Numerose le professioni intellettuali tra le fiancheggiatrici e sostenitrici che incoraggiano, partecipano a dibattiti e presentazioni, donano sottoscrizioni oppure danno ammonimenti. Insegnanti, sociologhe, giornaliste, architette e così via. Per esempio, in un lungo articolo di sostegno (“Non voglio fare la parte di chi dà buoni consigli quando non può più dare il cattivo esempio”) una giornalista e commentatrice web suggerisce alle attiviste climatiche: il rischio “è che le proteste (dagli scioperi globali per il clima ai blocchi stradali e alle azioni di disobbedienza) diventino sempre più ripetitive e inefficaci, e che non si riesca mai a promuovere una partecipazione davvero di massa”. Una delle fondatrici di Extinction Rebellion Italia, un’agronoma di un importante centro europeo di ricerca, ha abbandonato climattivismo e ricerca scientifica e si è ritirata in una comune agricola in alta Valdossola dove insegna comunicazione non violenta. 

Lotte individuali
Una modalità di lotta arancio è la Ro1, rebellion of one, in cui l’azione è condotta da una singola attivista, per esempio camminando in una via popolosa con un cartello “pentitevi”. Ci sono le “climate quitter” che si licenziano da aziende inquinanti, come il caso descritto nel video Vd e Sphera intitolato “Ho lasciato l’azienda perché non rispetta l’ambiente”, 7:44 minuti, finanziato dall’Unione Europea, il quale descrive la consulente ambientale Andrea Grieco, 31, oggi “ambasciatrice” per l’European Climate Pact. Un altro caso descritto dai media è quello di Gianluca Grimalda, attivista di Scientist Rebellion (una filiazione di Extinction Rebellion), una sociologa che l’Università di Kiel aveva mandato in Papua Nuova Guinea; terminato lo studio si è rifiutata di tornare in Europa con l’aereo, inquinante, ed è tornata con un viaggio via nave e per questo motivo è stata licenziata. 

Come si finanziano
I gruppi di affinità in Italia finanziano le loro attività soprattutto tramite il volontariato delle aderenti o le risorse delle loro famiglie. Pagano da sé trasferte, materiali propagandistici, colle e vernici e altre spese. Un aiuto viene dalle sottoscrizioni delle sostenitrici. Ultima Generazione ha comunicato che nel 2023 ha ricevuto 1.600 donazioni. Il volontariato di chi fiancheggia l’attivismo arancio offre diversi servizi (stampa di volantini, alloggio provvisorio e così via) e riduce spese. Per le organizzazioni internazionali, all’estero si parla spesso dei contributi di diversi fondi e fondazioni, come nel caso di Just Stop Oil finanziata anche dal Climate Emergency Fund, avviato dalla donazione di 500 mila dollari della miliardaria statunitense Aileen Getty.

Lo scontro con la società fossile
In una società fossile e diffidente non è facile trovare consensi. I video e i post in cui le organizzazioni arancio mostrano le azioni sono sopraffatti sui social da valanghe di contestazioni violente. Per avere un’idea dell’aggressività contro le attiviste è sufficiente leggere i commenti ai video della colorazione del Canal Grande a Venezia (Extinction Rebellion, 9 dicembre 2023) o all’imbrattamento dell’albero di Natale di Gucci nella Galleria di Milano (Ultima Generazione, 29 dicembre 2023). Sono spesso violente le automobiliste bloccate o le persone che assistono agli imbrattamenti. Ecco alcune frasi copincollate da una chat di messaggistica interna a un gruppo di affinità dopo una loro azione di fine dicembre 2023 mostrata anche sui telegiornali. “Mi sorprende l’indignazione e la rabbia delle persone anche in questa situazione”. Risponde un’altra: “Concordo e rabbrividisco, assieme alla dissonanza tra il fatto che possa venir considerata violenza privata una momentanea interruzione del traffico, mentre tentare di strozzare una persona così come intimarle ti metto le mani addosso sia quasi un gesto doveroso, legittimato”. E poi: “Sono anch’io costernata dalla reazione delle persone. Cervelli lobotomizzati incapaci di avere un giudizio critico su ciò che accade. Gridano vai a lavorare perché non hanno altre possibilità di ruolo se non quello di essere l’ennesima formichina dell’ingranaggio che ci sta stritolando”. Un’altra ancora: “Potrei dire che mi sento amareggiata, incredula, confusa”.

Un libro 
Un’attivista di Ultima Generazione, Leonardo Lovati, 24, di Besate, studentessa di filosofia alla Statale, ha scritto il libro “Ultima (resistenza nonviolenta o estinzione)”, 146 pagine, pubblicato da Agenzia X, prezzo 13 euro. Contributo editoriale di Marco Philopat, copertina di Fioretta Maldifassi, postfazione dell’avvocata Gilberto Pagani. Il libro contiene tantissime cose, ma tre sembrano più rilevanti. La prima cosa contenuta è il percorso personale di Lovati a partire dall’angoscia dell’isolamento sanitario del 2020; un passaggio al veganesimo e una toccata alla lotta animalista di Animal Save; un’adesione a Extinction Rebellion Italia per arrivare a Ultima Generazione. Due. Il libro è un’esegesi della nonviolenza, toccando tutti i miti e i personaggi che l’hanno teorizzata o praticata, Gandhi compreso, con atti di devozione per Roger Hallam che aveva fondato Extinction Rebellion e, abbandonata, ha fondato Just Stop Oil. Tre. “Ultima” contiene un manuale di climattivismo e delle politiche sottese: il coinvolgimento dei cittadini, gli strumenti usati. 

Noi idioti mediocri
[Qui torno alla grammatica italiana e per il neutro userò il maschile].
Eròstrato fu una persona indimenticabile e da lui ha preso nome una sindrome, l’erostratismo. Erόstratos era un disutile pastore di Efeso, la città greca sulla costa della Turchia di oggi, non lontana da Smirne. Nel 300 avanti Cristo a Efeso c’erano due cose fra loro incompatibili. Una cosa incompatibile con l’altra era il tempio di Diana (o di Artemide), immenso, una delle sette meraviglie del mondo insieme con le piramidi in Egitto, il colosso di Rodi, la biblioteca di Alessandria e altre stupefacenze antiche. Un’altra cosa di Efeso, incompatibile con la prima, era quel colossale idiota di Erostrato. E qui per Erostrato uso la parola idiota in entrambi i significati, cioè il significato attuale di babbeo solenne ma anche il significato originario greco. Nella Grecia antica l’idiotes era il cittadino oscuro male inserito nella società, privo di esperienza, che non partecipava alle assemblee dei cittadini e alle elezioni. Insomma, Erostrato nel suo idiotismo (in senso greco) non avrebbe mai lasciato alcun ricordo di sé. Il cittadino oscuro sarebbe rimasto per sempre oscuro così com’era nato e così sarebbe scomparso nell’anonimato, meteora irrilevante come tutti i miliardi di noi meteore irrilevanti che ci affacciamo sul globo terrestre e poi scompariamo. Nel suo idiotismo (in senso moderno), decise di lasciar traccia di sé con un gesto facilissimo, distruttivo, enorme. Nella notte del 21 luglio del 356 avanti Cristo, Erostrato appiccò il fuoco al sublime tempio, che in poche ore venne ridotto in cenere. L’obiettivo dell’anonimo idiota era uscire dall’anonimato e stampare il suo nome per i secoli a venire. Gli efesini, riuniti in assemblea, perché quelli che partecipavano alle assemblee non erano idiotes, ne decretarono la damnatio memoriae; se ne cancellasse il nome da ogni registro. E invece, ahiloro, il nome di Erostrato per millenni continuò a tornare a galla, come si conviene a uno come lui. (Il tempio fu ricostruito. Nei primi secoli del cristianesimo, il tempio pagano dedicato agli idoli falsi e bugiardi fu raso al suolo in via definitiva su ordine del vescovo di Efeso, Giovanni Crisostomo, santo e padre della Chiesa). Dall’idiota ha preso nome il comportamento definito erostratismo. Che cosa significa, è chiaro. L’erostratismo è il gesto inutile e facile con cui noi mediocri tentiamo – senza eroismi, sforzi, abilità, studi, intelligenza o altro – di dimostrare di esistere. Gli eroi e il resto dei famosi si impegnano in studi difficili, toccano la genialità, si sacrificano in gesti sublimi. Perfino il grande criminale, nel suo assurgere a immensità negative, può avere una dimensione eroica. Erostrato, no. In una società che annulla l’individuo, l’erostratismo e il distruggere qualcosa dandoci un obiettivo velleitario e irraggiungibile è il modo più diretto con cui noi mediocri ci assegniamo un valore, un motivo, uno scopo, senza avere bisogno di studio, di eroismi, di dedizione. Diventare Gino Strada o Dario Fo è difficile e faticoso; bruciare il tempio di Artemide a Efeso basta un cerino.