Arisa (foto Ansa)

ritorno ai vincoli

La restaurazione sessuale: l'eros riparta dal matrimonio

Ginevra Leganza

Arisa che cerca marito con un post che mette insieme esibizionismo e disperazione pone un dubbio. Dopo che App e MeToo hanno annichilito l'eros, il ritorno alla vita coniugale può aiutare il sesso?

È lunedì mattina quando Arisa posta la foto del giorno. Natiche sciolte con annuncio annesso: “Marito cercasi”. E’ lunedì mattina, la mente sonnecchia… E si fa presto a dire: “Che culo!”. Vuoi perché di chiappe l’Internet è pieno, vuoi perché – a dispetto della posa tre-quarti da statua antica – non è quello il punto.

Per una volta il punto non è al fondo del fondoschiena. Non è l’immagine-amo che tira su like ma un “sì”, l’eterno “sì”. Quel pericolosissimo “sì” dove – lo diciamo sottovoce – c’è la risposta all’eros in calo. 

Proprio così, l’eterno “sì” del matrimonio, che per decenni ci è sembrato un carcere, al punto d’averlo disertato… Ma forse è in quella galera che il desiderio è prigioniero. Là dove non pensavamo che fosse, là dove non si vede – eppur si muove.

Perché il punto, questa volta, non è la foto ma il testo: la caption, come si dice. Che senza sottintesi c’entra la questione, giacché non gira attorno con allusioni e poesie di Prévert – che diano maggior tono al sedere come usa da sempre sul social. Il testo qui tira dritto… E tira fuori il sociologo in noi.

Fiera ma disperata – in stile Totò-cerca-moglie – Arisa, pronta al “sì”, cerca marito. “Valuto proposte di matrimonio da soggetti sanissimi, max 45 anni, economicamente autosufficienti a cui piaccia solo e da matti l’organo sessuale femminile”, scrive la cantante. E aggiunge: “A cui piaccia in particolare il mio [organo sessuale femminile]”.

E in quest’annuncio che mescola antico e moderno, esatta sintesi fra Tinder e Vittorio Gassman che, cieco, in Profumo di donna chiede al suo “Ciccio” di leggergli il giornale (niente politica: Gassman vuole gli si leggano solo annunci matrimoniali), ecco, in quest’annuncio che mette insieme esibizionismo e disperazione, app per incontri e profumo di giornali – profumo d’antico, profumo di donna – sorge un dubbio. Come un sospetto che scuote. A maggior ragione dopo un’estate passata a dirci che a letto non si va più.

Insomma, non è che per rimettere in moto l’eros c’era bisogno – chi l’avrebbe detto – del matrimonio? Ossia di quel tanto vituperato rito, contratto, sacramento, che da parecchi anni snobbiamo (o droghiamo con la finzione dell’innamoramento continuo à la Ferragnez). Non è che c’era bisogno del vincolo eterno che evitiamo sapendo che il “sì” detto a uno equivale al “no” detto a chiunque altro, e che il bacio sull’altare è un po’ il bacio della morte? 

Qui sul Foglio abbiamo passato l’estate a raccontare quanto la carne sia in perdita. A parlare di storie, libri, report e dati sul sesso contemporaneo. Un sesso postmoderno, frammentato, fluidificato. E perciò disilluso. Abbiamo ricamato sui giovani sessualmente attivi in costante calo (dal 55 al 39 per cento negli Stati Uniti, secondo Centers for Disease Control). C’era una volta il sesso. Divagazioni ombelicali per ritrovare il piacere perduto (Stella Pulpo, Feltrinelli), Il declino del desiderio. Perché il mondo sta rinunciando al sesso (Luigi Zoja, Einaudi): due titoli fra i tanti in quello che s’appresta a diventare un mare magnum di libri sul tema. E che ci fossero riserve di libido e di ossitocina quasi non speravamo più. Sino a questo lunedì di tarda estate. Che col culo – e col cuore – di Arisa, entrambi messi a nudo, è arrivato dritto al punto.

Al nostro dubbio s’obietterà che Rosalba Pippa – in arte Arisa – è un po’ pazza. Che, come si suol dire, ha perso la bussola. Ché se al “cuore messo a nudo” ci aggiungi anche la soda carne, c’è qualcosa che non va. S’obietterà pure che è un caso isolato e che una rondine non fa primavera (specialmente in quest’inverno carnale). Ma si dimenticherà che spesso sono i pazzi a portare il fuoco, che sono gli incompresi ad annunciare il mondo nuovo.

Quando i tabù s’infrangono in poliamori e pansessualismi c’è l’esigenza di un ritorno all’ordine. Quando si è ormai fatto tutto – questo è – non si ha più voglia di fare niente. E forse è da lì che bisogna ripartire. Da quella regola che ti scuote, dall’ordine che ti strappa al torpore. In una parola, dal matrimonio.

Le donne – alcune donne – l’hanno capito. E mentre i maschi si fluidificano e vagano spersi, queste donne riscoprono nel “sì” detto a uno la garanzia di un amante stabile (di un uomo che, sposandole, sposi pure il loro “organo sessuale femminile”). E dietro alla follia del postare cuore e frattaglie, forse non v’è che saggezza. La saggezza che dice: il meglio è nemico del bene. In sostanza, è meglio un uomo solo. “Un uomo che ti ama”, cantava Battisti. Un uomo che funzioni – chiosa Arisa – che “voglia svegliarsi al mattino e aiutarmi a vivere una vita piena, felice, soddisfacente”. Grande lezione di etica sentimentale.

E a proposito di morale matrimoniale, Immanuel Kant, che di donne ne sapeva pochissimo, certo però ci prendeva quando diceva che il matrimonio “si fonda sul diritto di disporre della persona nella sua totalità” (non per niente le filosofe, per natura individualiste, le Hannah Arendt o le Simone Weil, si fidanzano poco, si sposano male, si lasciano peggio… Fosse per loro, ci saremmo già estinti). “Tale diritto di disporre della persona di un altro – scriveva ancora il filosofo – riguarda l’intera condizione della sua felicità”. Ed è chiaro che se intera vuol dire intera, dalla felicità del letto prescindere non si può.

Jennifer Lopez come Arisa non è filosofa (e forse è per questo che, pure lei, l’ha capito). Più di Arisa, del fondoschiena ha fatto mestiere, e in tal senso è una riserva di ossitocina… Come quando faceva firmare a Ben Affleck – suo attuale marito – il contratto prima del contratto: l’accordo prematrimoniale che pare prevedesse quattro amplessi a settimana. Ovvero quattro erezioni a comando che secondo Jennifer Lopez sono spezie essenziali non solo per rendere saporoso il matrimonio, ma pure per sventare la di lui fuga. Fuga di lui, Ben Affleck, che molti anni prima era già fuggito da JLo con un’altra. 

In cambio del coito programmato, la saggia e un po’ prepotente pop star accondiscendeva all’adozione del cognome Affleck (è tutto un gioco di compromessi), sconvolgendo le femministe del New York Times.

Ora, a parte la domanda che tutti ci poniamo – e cioè: va bene gli ancora ragionevoli quattro amplessi, ma se arriva l’emicrania che si fa? – ecco, a parte la domanda di buon senso, è evidente che più dei cervelli fuggono i piselli. E che lo sposalizio con contratto, per quanto carcere, è ancora una dispensa libidinosa. A volte non troppo ricca, ma tant’è.

Certo suona strano per il nostro tempo, che è il tempo dei matrimoni celebrati in articulo mortis, come quello di Michela Murgia che precisava: niente sesso fra me e mio marito. Ed è sempre il tempo dei “figli dell’anima”: di accordi e bambini che non sono figli dell’eros ma di più platoniche intese (del resto, il dark side dell’amor carnale, come del matrimonio, è sempre quello: perturbazione e recriminazione – forse anche per questo il sesso è caduto in disgrazia. Perché voglia di accapigliarci non ne abbiamo più. Negli Stati Uniti, per dire, esiste il fenomeno del platonic co-parenting, ne abbiamo già parlato: uomini e donne – a volte uomini e uomini, a volte donne e donne – che si incontrano tramite app, si accoppiano una volta sola, per fare figli, e poi niente. Solo maternità e paternità, purché asessuate, “per evitare turbinii emotivi”). 

Suona strano ma, in questi tempi di castità, il matrimonio è ancora associato al talamo. E’ sinonimo di umori e di lenzuola, a dispetto dell’agape (l’amore dell’anima, non della ginnastica erotica).

Il matrimonio si evita come si evita il sesso. Ma a ben vedere è esso stesso sesso. Sia pur stanco, svogliato. E’ un sesso che spesso si fa male, s’intende, ma che almeno si fa: questo il punto. Anche perché nel matrimonio di platonico c’è ben poco. O meglio: quando arriva Platone, il matrimonio è segnato, finito, portato avanti per inerzia.

Ed è ancora interessante quanto scrive Roberto Volpi ne Il sesso spuntato (Lindau) quando spiega che né il divorzio né la liberazione sessuale hanno determinato un aumento dei rapporti fra uomini e donne. Ma che anzi la liberazione sessuale ha voluto dire maggior numero di amanti, potenziali e non, ma minor numero di incontri, garantiti invece dal matrimonio. Soprattutto dal matrimonio a venti-trent’anni, com’è per i vivi in quegli anni e com’era negli anni del boom, quando la libidine faceva i salti mortali.

“Una donna di venti-venticinque anni nel matrimonio ha senz’altro, mediamente parlando, un numero di rapporti sessuali decisamente superiore a quelli di una donna di pari età non sposata – e, com’è quasi sempre oggi a quelle età, neppure convivente stabilmente con un uomo”, scrive lo statistico, “…Ed è proprio questa la vera, grande differenza tra ieri e oggi […] Così la crisi del matrimonio ha rappresentato una caduta indubbia del numero e della frequenza dei rapporti sessuali”.

E si vede che Arisa, che non è filosofa, non è statistica, ed è pure un po’ pazza, l’ha capito. E – con foto e sedere che parla – dice ai maschietti: sposatemi e tutto questo sarà vostro. Una foto che parla a un popolo di maschi assopiti, e che davvero ricorda gli annunci sui giornali.

“Alta, settentrionale, trentanovenne, sportiva. Conoscerebbe bancario affettuoso, meridionale, amante dei bambini, cattolico”, lo leggeva Alessandro Momo a Gassman che come noi voleva l’amore, non la politica (“Cosa c’entro io con la politica? Me la garantiscono la fine del mondo, forse? Comincia dai matrimoniali!”).

Ma ora che i social sopravanzano i giornali e pure la politica è cosa da influencer – che più s’indignano più noi dormiamo (“al primo accenno di impegno morale, mettersi a letto”, monito sempre valido) – ecco, adesso che è così, ci voleva un annuncio matrimoniale per risvegliarci. Un “cerca-marito” dove il marito ha cambiato prerequisiti: non “amante dei bambini” o “cattolico”, piuttosto toy-boy (il maschio ne esce comunque malissimo, sia chiaro). Un annuncio aggiornato ma che sa comunque di ritorno all’ordine.

E ancora suonano antiche ma interessanti le parole di Laura Chiatti, l’attrice che dice a Zia Mara (Venier): non voglio vedere mio marito lavare piatti – “mi uccide l’eros”. E che ci porta indietro a un’altra Italia. A quell’Italia che con Umberto Tozzi voleva “abbracciare una donna che stira cantando”, che sognava ancora di prenderla in giro, quella donna, ma solo “prima di fare l’amore”. Un’Italia insomma fatta di ruoli: mariti, mogli, ferri da stiro tutt’altro che unisex, ma pure di tanto sex. Come sognavano ancora Mogol e Battisti: “Al ritorno dalla campagna / Prima cosa, voglio trovare il piatto pronto da mangiare/ E il bicchiere dove bere … E fra la seta della carne tua / Mi voglio avvolgere fino a mattina / … / E donna senza più nessun pudore / Puledra impetuosa ti voglio sentire” (La canzone della terra). 

Un sogno di vitto e alloggio. Ma pure di mariti e di sesso. Un sogno che abbiamo archiviato, e giustamente, ma che – attenzione – era pur sempre un sogno erotico.

Il boccone è amaro e non piace a nessuno (men che meno a noi donne orecchianti di filosofia: fosse per noi ci saremmo già estinti, s’è detto). 

Il boccone è amaro e il matrimonio è pericoloso – e l’eros un po’ l’uccide. Eppure tocca ammetterlo: forse non l’uccide del tutto. O almeno non l’uccide mai quanto app e MeToo, che il sesso l’han fatto fuori per davvero. E chi l’avrebbe mai detto? Chi l’avrebbe pensato che a dircelo sarebbe stata Rosalba Pippa – in arte Arisa – in un lunedì di tarda estate?

L’eros riparta dal matrimonio. Ché più che uno-nessuno-centomila e poi nessuno ancora, è meglio un uomo solo. Un uomo che ti ama. 

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