Un impiegato del turismo vestito da pifferaio magico, guida i bambini vestiti da topi in un sottopassaggio pedonale a Hamelin, in Germania (Getty Images) 

l'editoriale dell'elefantino

L'ossessione igienista per le città ci farà brutti, sporchi e cattivi

Giuliano Ferrara

Lo sporco ha il suo posto garantito, specie nella vita urbana. Si possono condividere i lamenti per il malfunzionamento dei servizi di igiene e pulizia, ma è insopportabile il punto di vista purista, fobico e moraleggiante che li ispira

I topi al Colosseo: e dove altro dovrebbero stare, poveretti? L’ossessione igienista per le città sta diventando grottesca. Bisogna rimuovere l’immondizia in eccesso, bisognerebbe produrne di meno, il comportamento civico elementare è da lodare specie da quando si è rarefatto, da quando è in via di estinzione per eccessi di totalitarismo ideologico, da quando si sacrifica al totem o al tabù della Differenziata analitica e specifica, metallo per metallo, plastica per plastica, carta oleosa per carta oleosa. Ma, come per altri aspetti della cattiva religiosità o superstizione contemporanea, il sesso o il clima, stiamo diventando il prodotto delle nostre fobie. A forza di igiene del mondo, stiamo diventando brutti, sporchi e cattivi. Le chiese di una volta erano un ricettacolo di miseria, santa miseria, dunque di sporcizia. Quelle oggi sconsacrate in nome del commercio delle loro mura e facciate, riempite di prodotti patinati di Gucci, sono orrende. 

  

La fatta delle bestie era il corredo panoramico abituale delle grandi città dell’Ottocento, e nessuno pensava di doversene lamentare con toni tignosi e piccolo borghesi, infatti erano città operaie e molto borghesi, erano palcoscenici adatti al rifiuto, al ricambio in ogni sua forma, erano legittimamente sporche. 

        

Lo sporco ha il suo posto garantito, specie nella vita urbana. Parigi è sporca, allegramente sporca nonostante il caniveau irrigato mattina e sera. I mercati all’aperto lasciano materiale che viene in parte ripulito dopo l’orario delle vendite, e spesso anche con efficienza, ma gli olezzi, le macchie oleose, i rimasugli di verdura non fanno paura a nessuno. New York è sporca, non solo per i cumuli di immondizia in bella vista molte ore al giorno, anche per certi androni infestati dai residui di auto, condizionatori, e altre produzioni umane generiche, e lo sporco vagante tinge palazzi sempre in ristrutturazione, produce gas e scarichi, scorre nei sottopassi di Central Park, risale i sagrati delle chiesuole protestanti e avventiste con le dormite ansiogene dei tanti, troppi senza casa. La Roma antica era sporca, sporchissima, polverosa, fangosa, disgustosa a tratti, secondo molte testimonianze. L’età di mezzo una cloaca a cielo aperto, l’impressione che Roma fece a Lutero in viaggio per il suo ordine agostiniano fu atroce. Singapore e Salisburgo, e forse anche Torino, chissà, sono meno sporche. Ma i topi trovano anche lì da mangiare, e non solo i veleni a loro destinati. Il corpo umano è passabilmente sporco, vive del ricambio a mezzo di sporco e batterio. Ma il corpo, l’anima e il mondo sono belli, vanno guardati senza igienismo, se non si voglia soccombere, intristirsi, deprimersi

       

Non ce l’ho con chi si lamenta per il malfunzionamento dei servizi di igiene, profilassi e pulizia, che sono spesso carenti da lasciare di stucco, anzi condivido, ma non sopporto l’ossessività dei commenti, il punto di vista purista e fobico che li ispira, un certo oltranzismo Lindor che li connota, quel non so che di piccino, meschino, intransigente e moraleggiante che ci si vede. E’ un’altra versione del Nimby (Not in my backyard), si grida scandalo perché qualcosa di turpe avviene In my backyard. Weber avvertiva: chi vuole visioni del mondo vada al cinema. Bisogna duplicare l’avviso: chi vuole città integralmente pulite, decorose (un aggettivo che per le città belle è solo un decoroso insulto) vada a vivere in campagna o al mare, nella natura (che per sua fortuna e sopravvivenza è anch’essa una perenne produzione di scorie e sporcizia).

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.