Antonio Albanese è latitante ne "I topi", la serie disponibile su RaiPlay 

Saverio ma giusto

E se Bin Laden fosse fuggito in Sicilia? Consigli per un turismo criminale

Saverio Raimondo

Dovremmo vivere come un motivo d’orgoglio il fatto che per trent’anni Messina Denaro ha rischiato il 41-bis pur di restare nel nostro paese. E prima di lui già Totò Riina e Bernardo Provenzano. Alla faccia degli esterofili. Il ministro Santanchè punti tutto sull'isola dei latitanti

Lunedì 16 gennaio, con l’arresto di Matteo Messina Denaro, boss mafioso super latitante, è stato sicuramente un grande giorno per l’Italia. E non solo per le forze dell’ordine, la magistratura e tutta la macchina giudiziaria: ogni settore della società italiana dovrebbe vivere come un motivo d’orgoglio il fatto che per trent’anni un uomo ha rischiato l’arresto, il carcere duro, il 41-bis, pur di restare nel nostro paese. E prima di lui già Totò Riina e Bernardo Provenzano hanno messo a repentaglio la propria libertà pur di continuare a vivere qui, in Italia. Alla faccia di quello che dicono i disfattisti, gli esterofili e le famiglie finlandesi, siamo ancora un grande paese, la cui qualità della vita e dei servizi viene scelta e apprezzata anche da chi deve viverci nascosto. E’ un dato che ci dovrebbe inorgoglire al punto che mi chiedo cosa aspettino le istituzioni preposte a rivendicarlo, a cominciare dalla regione Sicilia: tutti i boss mafiosi ricercati l’hanno scelta come luogo dove trascorrere la propria latitanza, cosa aspetta la pro loco a fare il suo lavoro e promuovere la Sicilia come isola remota, lontana dagli occhi indiscreti dei delatori, dove vivere in pace nonostante tutto?

Il ministero del Turismo dovrebbe subito fare una campagna per rilanciare l’Italia come paese ideale per fuggire da una cattura, molto più del Sud America o di qualche atollo sperduto chissà dove; e attrarre così tutto quel turismo non solo di prossimità ma anche internazionale, fatto di terroristi, malavitosi o semplici fuggitivi, e che ogni hanno vale miliardi – basta vedere quanto spendeva Messina Denaro (nomen omen) in orologi, abiti, arredi e profumi. Fossi io il ministro Santanchè, lavorerei sul concetto che se Bin Laden fosse venuto a nascondersi qui da noi invece che in Pakistan probabilmente sarebbe ancora vivo, in dialisi in qualche clinica di Palermo (a tal proposito: ok che la clinica dove era in cura Messina Denaro era privata, ma si tratta comunque di un importante riconoscimento per la nostra Sanità; cosa aspetta il ministero della Salute a rivendicarlo?). Questa è una palla da prendere al balzo anche per quelle località del trapanese come Campobello di Mazara o Castelvetrano – i luoghi dove viveva e circolava liberamente l’ex Padrino: se sapranno valorizzare e comunicare al meglio questi trent’anni di esperienza nell’hospitality, possono candidarsi ad accogliere anche narcos, criminali di guerra, ricercati dall’Fbi.

E’ un grande riscatto per il Sud Italia: avrà anche i suoi problemi, ma se quando uno dovrebbe fuggire via lontano da lì decide invece di restarci, evidentemente i pregi sono più dei difetti, i benefici superano i costi. Tutto merito del sole, del mare, della cucina; ma non solo. Evidentemente è lo stile di vita nel suo complesso, il tessuto sociale, una certa idea di welfare, a rendere certi posti luoghi idilliaci dove latitare. A questo punto, consentitemi uno spunto polemico rivolto ai cosiddetti “cervelli in fuga” dall’Italia: perché persone laureate, con così tante potenzialità, indubbie capacità e una specchiata fedina penale, decidono di andarsene da un paese dove chi ha molto meno di loro – meno cultura, meno titoli, meno libertà – riesce a viverci benissimo? Quale utopia o capriccio inseguono questi giovani italiani in fuga da una nazione dove chi dovrebbe fuggire invece resta, nonostante i tempi lunghissimi e la burocrazia micidiale che occorrono per ottenere dei documenti falsi? Il mondo è alla rovescia; raddrizziamolo insieme. 

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