Com'è vintage prendersi del "frocio di merda" a Capalbio

Michele Masneri

Prove generali di orbanismo in bassa Maremma: inseguiti da una milf forse sovranista. E' il remake trash di “Ferie d’agosto”

Non ci stavamo neanche baciando. Non un limone “duro” come le ragazze interrotte dalla suorina (“il diavolo!”), ma neanche due bacetti teneri ma scandalosi come quelli di Occhetto con la sua Aureliana Alberici nel 1988, che nuova linfa diede alla sinistra e lustro alla cittadina di Capalbio.

 

Eravamo lì buoni buoni, in piscina, a Capalbio (si cercava un posto dove scrivere sfuggendo alla calura. Residence di prestigio: generali in pensione e famiglie bilingue), quando dopo aver rimproverato bonariamente dei ragazzini che schiamazzavano oltre ogni ragionevolezza una madre infuriata ci diceva, a me e al mio fidanzato, e davanti alla giovane prole: brutti froci di merda! E insomma – sì, fa ridere, il Capalbio complaint, ci si rende conto - pareva di essere in un remake trash di “Ferie d’agosto”, ma non a Ventotene bensì nella piccola Atene della Maremma (per niente maiala); noi eravamo i Molino e loro i Mazzalupi? Noi coi nostri Adelphi, lei coi suoi tatuaggi e bicipiti guizzanti, son passati ventisei anni da quel grandioso film, tutto è cambiato tranne Berlusconi che si candida e l’insulto “froci” che non passa mai di moda.

 

Noi però pochissimo scandalosi, meno ancora dell’Achille e dell’Aureliana, anzi “postura da professori universitari” come dice un mio amico, postura rinforzata, perché naturalmente qui si è uomini di mondo, per stare nel residence dei generali e delle famigliole naturali ci si era ampiamente autocensurati, si scendeva già spalmati di protezione per non scandalizzare quelle italiche famiglie con lo spalmaggio, mentre tutto intorno delle gran coccole e bacetti e spalmaggi (ma di famigliole naturali). Ma evidentemente non basta nell’Italia 2022. La milf omofoba, sarà cristiana, donna, italiana, meloniana? O sarà invece un’elettrice Pd pentita o non pentita, forse calendiana, convinta – esistono – che  “si è andati troppo oltre” con le questioni gender, e bisogna tornare ai veri valori della sinistra (insomma se la fabbrica chiude è colpa della schwa. L’omosessualità torni a esser rubricata vizio borghese,  pieno magistero Pci). 

 

I bagnanti e il bagnino comunque increduli. Forse per orgoglio local. A Capalbio, signora mia? E qui si potrebbero aprire infinite riflessioni “di costume” (la Capalbio di un tempo è proprio finita, adesso è tutta una Coccia di Morto e tutta una Ferrari camouflage che sfreccia nella notte da un party con Barbara d’Urso a un afterparty nobiliare però a pagamento e “amioooo” in chemisier che guardano all’Ultima Spiaggia come a un museo delle cere). Ma poi: l’omofoba capalbiese collettiva sarà un campione rappresentativo di una razza più variegata? Eccitata, fiuterà già il sabba meloniano, come il tassista? Prove generali di orbanismo in bassa Maremma?


E poi, questione generazionale: forse grazie alla succitata “postura da professore universitario” si era sempre scampato l’insulto omofobo, e dopo l’adolescenza si era usciti indenni dalle valli bresciane alla Roma più trucida e financo alle gite perigliose in paesi in via di sviluppo. Verso i cinquant’anni, si pensava di averla sfangata definitivamente. Si pensava quasi di vivere in piena “dittatura del politicamente corretto” e della sua amica, la cancel culture, così i migliori editorialisti ci avevano convinti. Ma forse la cancel culture si è fermata sull’Aurelia altezza Argentario (avrà trovato traffico). Certo sentirsi dire “frocio di merda” riapriva ferite vintage (si sa che l’offesa omofoba va a colpire in un angolino segreto di dolore mai sopito). E come reagire? Di nuovo: alla vecchia, far finta di niente? Tutto ciò che non ti uccide ti rafforza? Un altro amico più grande: “la questione è puramente condominiale. Il tema vero è che nei residence italiani non si può andare, troppi bambini maleducati e troppe mamme cafone. A me succedeva sempre. Ma quando la mamma coatta ti dice frocio si sa che basta rispondere: bocchinara!”. E noi, che si pensava di poter alloggiare qui, tranquilli. Ancora una volta si è sopravvalutato lo sfortunato paese? O la sola Capalbio? 

 

E invece i più giovani: “come state? State bene?”. Sì, sì, stiamo bene. L’incidente sarà una micro o macro aggressione? E poi lamentarsi sui social, farsi vittima, metterla giù dura, che fatica; magari tesaurizzando e monetizzando follower (ma non avendo prodotti da vendere correlati all’indignazione, a che servirà)? Poi non è mica facile, bisogna esser predisposti per l’esposizione di sé e il lamento. Chi è nato nei Settanta magari in borghesie orgogliose del Nord fa fatica, si vergogna. Subisce in silenzio, essendo generazioni cresciute con dei “ricchione” e “frocio” in tutte le varianti sentite decine di volte in ogni film o tv generalista ogni sera. A proposito, ma oggi bisognerà apprezzare l’offesa vintage come ritorno a una sognata libertà d’espressione, come professano i Pio e Amedeo e le Aspesi? Valutarne il tono? Discernere caso per caso? Che fatica, comunque.

 

E però, in questa Italia che si avvia alle elezioni, che vinca il fronte repubblicano o quello repubblichino, qui si vorrebbe lanciare un appello. Visto che una legge contro l’omofobia pare trascendere le capacità e la “visione” d’ogni parlamento, oltre a essere molto divisiva e offendere la sensibilità di molti, come del resto vendere l’Alitalia, fare gli inceneritori e i rigassificatori, liberalizzare le licenze dei taxi; non si potrebbe stabilire almeno un bonus psicofarmaco per mamme italiane, cristiane, ecc? 

Di più su questi argomenti:
  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).