(foto Ansa)

l'anticipazione

L'ecologismo: un conservatorismo distruttore

Robert Redeker

Il Ventunesimo secolo, quasi sulla via di un ritorno al paganesimo, feticizza tutto ciò che può essere etichettato come naturale. La prefazione al nuovo libro di Giulio Meotti

Anticipiamo la prefazione di Robert Redeker al nuovo libro di Giulio Meotti, "Il Dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche" (Liberilibri), in uscita il 10 novembre.


 

L’illusione progressista è cambiata nei contenuti: è passata dal comunismo all’ecologismo. E’ uno dei più recenti eventi di portata globale: nell’immaginario del mondo, la salvezza collettiva ha assunto un nuovo significato. Questa importante evoluzione è uno dei temi principali scandagliati dal libro di Giulio Meotti, lucida bussola per il nostro avvenire. La storia, hanno affermato tutti i progressisti degli ultimi due secoli, soprattutto nel solco del marxismo, è il lievito della nostra salvezza. Essa prometteva di condurre a un equivalente terreno del Regno, per mezzo del prometeismo e anche a costo di passare per lo stadio della violenza purificatrice. La salvezza, si credeva, si sarebbe dispiegata grazie alla scienza e alla tecnica; oggetto di entusiasmo, avrebbe portato con sé la certezza della venuta di un nuovo mondo. Alcuni la immaginavano graduale, altri, più rivoluzionari, riuscivano soltanto a concepirla come frutto di una notte, come in una trasposizione materialista dell’Apocalisse giovannea. Sulle ceneri di questo approccio al destino dell’umanità, ridotto alla decrepitezza di miti spossati come il marxismo, l’ecologia impone una svolta: la parola “salvezza” riacquista il suo significato primitivo, tanto che non si tratta più di portare a compimento ciò che è in nuce, bensì di salvare ciò che già c’è da tempo.

Ciononostante, guarda caso, si tratta della conservazione degli animali, della natura – e ciò è senza dubbio lodevole, nonché assolutamente necessario – ma non delle civiltà, degli stili di vita, delle nazioni. Questo nuovo ecologismo è, in maniera ossimorica, un conservatorismo distruttore: vuole conservare la natura, ma distruggere la storia e le sue tracce, civilizzazione compresa. Come sottolinea Meotti, nel cuore dell’ambientalismo oggi di moda abita un disprezzo della razza umana. L’uomo è convocato dinanzi a un tribunale che lo accusa di essere cattivo, di essere il più malvagio dei viventi sulla Terra. Persino l’opera civilizzatrice dell’uomo viene biasimata da questa corrente. Il nuovo ecologismo è, inconsapevolmente, un neocatarismo. Il Ventunesimo secolo, quasi sulla via di un ritorno al paganesimo, feticizza tutto ciò che può essere etichettato come naturale. L’incantatoria invocazione alla natura pervade ad nauseam i social, i mass media, l’opinione pubblica, ivi comprese le conversazioni ordinarie, testimoni di questa sorta di religione ecologica che, per dirla con l’autore, è il nuovo oppio dell’Occidente post-cristiano. Un’ondata di superstiziosa religiosità del naturale diviene il neoconformismo obbligato che fa da passaporto non solo per navigare sui social, ma anche per essere accettati nella società, per poter conferire con i vicini, per non doversi arrabbiare con gli amici. Alcuni partigiani di questa religione spingono il mito della natura fino agli estremi: la predilezione dell’animale, o anche del vegetale.  Tali approcci dunque costituiscono un pericolo per l’uomo non soltanto nella sua materialità di essere biologico, preferendogli la fioritura delle piante o le bestie, bensì nel suo stesso essere di vivente ben distinto per essenza dagli altri esseri viventi. Dunque, nella sua dignità all’interno dell’universo. 

Questi approcci testimoniano un desiderio nascosto di distruzione dell’uomo, rivelandosi pertanto sintomi della pulsione di morte, dei messaggeri di Thanatos. All’orizzonte di simili atteggiamenti spunta una forma di neocatarismo: poco importa che l’uomo, animale intrinsecamente cattivo, muoia, se le bestie e la natura sopravvivono! (...) Notte dello Spirito: la gerarchia delle facoltà e degli esseri è annullata, la trascendenza del Bene ignorata, la specificità degli esseri negata. Ogni realtà affonda nella nebbia. Soffermiamoci sul termine impiegato da Hegel, “ingenuità”, perché, in una sorta di sovrapposizione tra epoche, disvela uno stato di cose per cui il caso Greta Thunberg è soltanto un sintomo superficiale di una realtà ben più ampia. Il dio verde è una bussola per uscire da questa “notte dello Spirito” nella quale “la religione ecologica” ci fa smarrire.

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