(foto EPA)

Melinda, Bill e il divorzio dei ricchi che è sempre fintamente perfetto

Ester Viola

Non strepitano, non si mettono in imbarazzo. Mentre tra i poveri si finisce a litigare pure sull'affidamento del cane

I ricchi. I ricchi sanno divorziare meglio. Non strepitano, non si mettono in imbarazzo. Tra i poveri invece potreste facilmente trovare cafoni che portano davanti al giudice pure l’affidamento del cane. Il Tribunale di Como si scandalizzò per primo a nome di tutt’Italia in una splendida sentenza del 2016: “L’assegnazione e la frequenza con un animale domestico non possono in alcun modo e in ogni caso essere assimilate all’affidamento, alla frequenza e al diritto di visita dei figli minori”. E’ una caduta di stile sul piano culturale, scrisse proprio il magistrato. Aveva ragione.

Oggi parliamo invece di divorzi nelle alte sfere. Bill Gates e la moglie Melinda qualche mese fa hanno deciso di lasciarsi. Ricordate, all’inizio fu tutta una parata di cortesie da gran signori, d’altronde non hanno più vent’anni e nemmeno quaranta. Il comunicato social era in lingua moscio-antiepica con folate dolciastre: “Chiediamo spazio e privacy  per la nostra famiglia adesso che iniziamo questo percorso in una nuova vita”. Molto evocativa la parola scelta: navigate, traversare in un metaforico mar.  “Abbiamo cresciuto tre figli incredibili e costruito una Fondazione che lavora in tutto il mondo per permettere alle persone di condurre una vita sana e produttiva”, “continuiamo a credere in questo progetto e continueremo a lavorare insieme alla Fondazione ma crediamo che non sia più possibile crescere insieme come coppia in questa prossima fase delle nostre vite”. Scappò subito da ridere. Crescere? Che altro dovevano crescere questi due a parte i nipoti? Manco i conti in banca potevano più di così. Cosa sarebbe un matrimonio, una pianta di pomodori? Deve fruttare finché campa? Che incubo. Poco dopo Melinda – già navigando la nuova vita da sola – vide all’orizzonte un’isola privata e l’affittò a più di centomila dollari al giorno per una vacanza con i figli a scopo superamento trauma. Il mare asciugò il livido e così tornarono a casa. 

Da lì non se ne seppe più niente – a parte qualche ovvio sospetto emerso di corna da parte di Bill – fino all’altroieri. A quanto pare hanno buttato l’àncora e siamo passati alla cassa. Si parla di spartizione della Fondazione. E’ un enorme salvadanaio, la Fondazione. Sembrerebbe che l’accordo – è quello che ne sappiamo dai giornali – disponga come segue: se si riesce ancora a lavorare insieme lo si farà, altrimenti tempo due anni e si liquidi. Melinda sarà libera di andare, anzi no, quello libero (di cacciarla) è lui. Troppo incerto per significare davvero qualcosa, si tratterebbe di un papocchio giuridico, si tenta di sviare, forse servono due anni per mettere a posto la cassaforte, la verità sui quattrini chissà dov’è, non la sapremo mai. Figuriamoci se possono volare gli stracci (le brioche) per il pubblico. E’ una pace armata che non deve stupire affatto. In piccolo è quello che succede spesso negli studi legali al momento degli accordi post matrimoniali.

La Superclassica ha due protagonisti. Lui imprenditore con tanto fatturato nei toni del nero mezzanotte, lei ex ragazza carina, stavano insieme da quindici anni e adesso si odiano e si vorrebbero morti. Lei in particolare, perché lui, Brambilla di Brianza, a navigare la vita sta andando a Miami con una venticinquenne bionda nuova di zecca mentre lei resta al lido Minaglia di Santa Margherita Ligure – anzi di Santa, perché hanno casa – con Piermattia, anni 4. La vendetta ha i giorni contati. La signora si rabbonisce presto, cede a protezione del patrimonio. Si pensa a Piermattia, la cornuta sa benissimo che i panni molto sporchi in tribunale li vede e li lava la Guardia di Finanza, e alla guerra chi ci va ci perde. Così ripone la rabbia e gli animi si placano, il divorzio si farà con due firme bonarie, buongiorno giudice, arrivederci giudice. E’ che non cresciamo più come coppia, navigheremo in pace. Omnia vincit pecunia, voi continuate a litigarvi il cane.

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