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“I giovani non leggono più” e altri luoghi comuni che piacciono agli adulti

Giacomo Papi

Se l'editoria italiana è ancora viva lo si deve in gran parte a chi ha meno di 15 anni. Che rispetto ai vecchi scrive anche molto di più

L’idea che i ragazzi non leggano, libri in particolare, è uno dei luoghi comuni più radicati e pigri attraverso cui gli adulti si assolvono scaricando le proprie mancanze sui giovani. Di luoghi comuni simili ne esistono molti: che i ragazzi siano più bulli, consumisti, attaccati al telefonino, superficiali, pigri e violenti degli adulti, per esempio. E ne esistono da sempre: la cattiva abitudine delle vecchie generazioni di lodarsi confrontandosi, in positivo, con le nuove risale alla notte dei tempi e ha lasciato traccia in decine di proverbi (il mio preferito è: “Io alla tua età saltavo i fossi per il lungo”). Il luogo comune sulla lettura, però, è tra i più solidi e diffusi, anche se è completamente falso. L’ultimo “Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia” dell’Aie, l’Associazione italiana editori, certifica una tendenza che è in atto da almeno dieci anni, ma che viene completamente ignorata. E cioè che se l’editoria è ancora viva, se i libri continuano a essere venduti e soprattutto letti, lo si deve in gran parte a chi ha meno di 15 anni. Per dire, il libro più venduto di Einaudi nel 2020 è “Le più belle storie illustrate” di Gianni Rodari (183 mila copie).

 

Scrive l’Aie: “Dal 2010 è il settore Bambini e ragazzi (escluso il Young Adult) – nonostante il calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione – a mostrare performance ancora (ma per quanto?) molto al di sopra della media del settore (più 68,9 per cento vs. più 28,5 per cento)”. Significa che i ragazzi sono sempre meno, ma leggono sempre di più. Un ruolo importante lo giocano i genitori che regalano libri ai figli per convinzione, ma anche perché si sentono in colpa per non leggere nulla. D’altra parte la lettura è una capacità che si tramanda (e infatti le percentuali di lettori giovani raddoppiano se i genitori leggono). I dati dell’Aie non tengono ovviamente conto della scolastica, ma non riguardano solo i classici. La crescita è soprattutto sulle novità: “Nei libri per bambini e ragazzi assistiamo a una crescita che, dal 55,6 per cento di venti anni fa, dopo aver raggiunto valori prossimi al 63 per cento nel 2018, raggiunge il 67 per cento nel 2019”. 

 

Ogni giorno in Italia escono più di 200 libri, circa 75 mila all’anno. Nel 2019 quelli per ragazzi sono stati 7.810, il 10,2 per cento che diventano il 12 se si considera anche la narrativa Young Adult  e fantasy. I libri per ragazzi valgono, in termini di fatturato, il 18,9 per cento del totale a fronte di una popolazione compresa tra i 5 e i 15 anni che oggi non supera il 9,2. In termini di quote di mercato è la metà di tutta la narrativa italiana e straniera (che peraltro è letta anche da ragazzi). E non si tratta di una tendenza soltanto italiana. Dati simili si registrano ovunque, nel Regno Unito, in Brasile, negli Stati Uniti, in Francia. Nonostante questo, il luogo comune è così duro a morire che, davanti all’inoppugnabilità dei dati, scatta sempre l’obiezione classica: “Se leggono, leggono cazzate, robaccia di youtuber”. Il che è vero, naturalmente, ma è proprio quello che fanno anche gli adulti, che mandano in classifica libri di diete e autobiografie di calciatori e personaggi televisivi. Il confronto rimane impietoso: calcola sempre l’Aie che l’88 per cento di chi ha tra i 4 e i 17 anni legge libri, ebook o ascolta audiolibri rispetto al 24 per cento di chi ha più di 55 anni.

 

Il luogo comune sulla lettura si accompagna, ovviamente, su un analogo cliché sulla scrittura. Anche in questo caso, non è vero che i ragazzi scrivano meno dei vecchi. Anzi. I telefonini e i social network hanno rimesso la scrittura al centro delle relazioni, trasformandola in uno degli strumenti più potenti per costruire la propria identità sociale. La verità è che non si è mai letto e scritto così tanto. Secondo il Washington Post, su Internet nel 2016 c’erano almeno 47 miliardi di parole, 6 miliardi 167 milioni 979 mila 2 per ogni essere umano. Una quantità che stampata su carta riempirebbe 212 milioni di libri lunghi come “Guerra e pace”. Un fiume di parole di grandezza e potenza ancora più incalcolabile scorre ogni giorno via WhatsApp, sms o email. Ovviamente, si tratta soprattutto di cazzate, di parole al vento. La scrittura digitale è istantanea e carica di elementi di oralità. Raramente si struttura in pensiero. Ma lo fa comunque, statisticamente, molto più di un tempo.

 

Gli anziani, che come abbiamo visto non leggono, non lo fanno perché da giovani in gran parte non sapevano scrivere. Conservo come una reliquia da opporre ai lamenti sul cosiddetto analfabetismo di ritorno un manualetto periodico pubblicato negli anni Sessanta dall’editore Campi di Foligno intitolato “Lettere d’amore in Grigio-Verde. Guida indispensabile per i militari che desiderano scrivere una lettera alla Fidanzata, alla Famiglia, agli Amici, ai Superiori”. Sono lettere precompilate da copiare, per ogni situazione. Ci sono pagine così: “Un marinaio tranquillizza la fidanzata. Amore mio, perché vuoi soffrire con questa tua assurda gelosia. Lascia stare i proverbi che fanno del marinaio un “Don Giovanni” da strapazzo; lascia correre le dicerie e pensa che, in questa divisa, son sempre io: il tuo fidanzato che ti ama e che non può vivere senza di te”…

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