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Keanu Reeves e le conseguenze dell'eccesso di #metoo

Simonetta Sciandivasci

La pagina Facebook “Unprofessional Madman” ha pubblicato molti scatti di Reeves con le sue fan e ha fatto notare come l'attore non tocchi nessuna di loro. E per questo è diventato un modello

Abbiamo tutti almeno una decina di foto di gruppo (a tutti capita di venire costretti a immortalare momenti di interminabile infelicità come le pizze – “pizzate” – di fine anno con quelli dello yoga). Spesso, quando le riguardiamo, notiamo che c'è qualcuno che se ne sta un po' in disparte, e si sottrae all'abbraccio collettivo forzoso: di lui (o lei), pensiamo il più delle volte che sia un sociopatico, innocuo, per carità, ma pur sempre sociopatico. Nel caso di Keanu Reeves è diverso, perché è Keanu Reeves e perché da qualche mese si discute molto di come una forma di abuso, non molto grave ma certamente molto subdolo, sia violare lo spazio personale di qualcuno, toccandolo, anche semplicemente sulla spalla, con una pacca o – peggio – abbracciandolo senza prima chiedere il permesso.

 

La pagina Facebook “Unprofessional Madman” ha pubblicato molti scatti di Reeves con le sue fan e ha fatto notare come l'attore non tocchi nessuna di loro (le quali, invece, gli si schiacciano comprensibilmente addosso): tutti hanno commentato come questo provi che brava persona sia, e che maschio rispettoso, e che uomo ideale.

 

 

Voi, maliziosi, starete certamente pensando: facile per lui, è gay! Come siete agée. E anche, fatevelo dire, retrogradi, con questa vostra assurda idea per cui l'unico modo per trasmettere e comunicare empatia e simpatia sia il contatto fisico, senza rendervi conto di come, invece, esso sia diventato sgradito e, soprattutto, tossico. Keanu ha imparato la lezione che Joe Biden ha finto di imparare pur di venire ammesso alla corsa presidenziale: ricorderete che, non molte settimane fa, le accuse mosse contro di lui per aver abbracciato e coccolato troppo le sue colleghe, senza mai dire posso?, avevano messo in pericolo la sua candidatura, neanche si fosse macchiato di violenza domestica reiterata ai danni di minori (persino Donald Trump lo aveva insultato, dandogli dell'invadente toccone). Che sia per furbizia (I “troppo buoni per questo mondo” – così ha titolato il New Yorker un articolo di elogio di Reeves – sanno sempre con quali fuochi non scherzare) o per adesione convinta alle nuove istanze del vivere civile, tutte ottemperanti alle ferree regole del #metoo, o per banale sprezzo di qualsiasi corpo umano che non sia il proprio (sentimento mistico e sensuale che basta metter piede in una palestra scolastica per provare), Keanu è diventato un modello.

 

Nel ritratto che ne ha fatto il New Yorker, naturalmente, si elogiava tutt'altro: la discrezione, il buongusto, la solidarietà, le gesta altruistiche, la saggezza, ma quando un social network s'immette sulla scia di un giornale fa di testa sua, rende rilevanti, persino politici, aspetti del tutto casuali. I mostri o gli eroi si costruiscono così: coi fotoromanzi a posteriori.

 

Una cosa è certa: se non volete passar guai, in futuro, trasformatevi in quei sociopatici delle vostre foto di gruppo, ignari antesignani del tempo nuovo in cui punibile è la stretta di mano più di ogni altra cosa. Impariamo ad accontentarci di “un aiuto chiaro da un'invisibile carezza” e vivremo liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento.   

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