Un momento della parata del 2 giugno (foto LaPresse)

Riluttanza alla leva

Antonio Pascale

Le Forze armate lanciano l’allarme: non si arruola più nessuno. Troppi bamboccioni malinformati

Come giudicare una notizia del genere? Le Forze armate italiane faticano a arruolare annualmente le 8 mila nuove reclute necessarie per riempire i loro ranghi e dunque, spiega il capo di stato maggiore dell’Esercito italiano, Salvatore Farina, l’età media dei militari in Italia è considerevolmente aumentata passando dai 25 anni degli anni 80, quando la leva era ancora obbligatoria, ai 38 anni di oggi. Tra l’altro la notizia è diventata international, visto che è stata ripresa dal Telegraph, un po’ perché, che diamine, si dirà, abbiamo questo macigno della disoccupazione. Visto che il reddito di cittadinanza è quello che è, insomma perché non arruolarsi nell’Esercito? Ma è un caso internazionale anche perché il problema, se così si può chiamare, non è solo tipico del nostro paese, anche il Regno Unito naviga nelle stesse acque e non solo. Dunque alla fine come giudicare questa speciale riluttanza alla leva? Certo se fossimo solidali con quei colonnelli di una volta, non potremmo fare che accusare ’sti famosi bamboccioni, e tutta la rubrica delle loro abitudini quotidiane, che so, sveglia tardi, latte scaldato e zuppa pronta, come la famosa scena di apertura di Natale in casa Cupiello, e poi pranzo a casa di mamma, cena pure, bucato altrettanto e pure la stiratura. Se invece i colonnelli di una volta non ci piacciono, potremmo concordare su un dato di fatto: se non ho voglia di marciare, impugnare fucili, alimentare la retorica nazionalista del siamo meglio noi mentre gli altri sono peggio e dunque dobbiamo difenderci, insomma, in questo caso vedremo con favore la riluttanza alla leva.

 

E se da una parte ci siamo rammolliti dall’altro è opportuno considerare la versione positiva del rammollimento: chi sarebbe disposto a farsi indottrinare per conquistare un posto al sole? Meglio far la guerra con la Playstation. E difatti, appunto, a oggi, e oggettivamente, i dati indicano un calo generalizzato della violenza (ah certo mica è scontato che questo continui), meglio il commercio che lo spargimento di sangue, se proprio vogliamo ragionare per grandi categorie. Tuttavia, dall’altra parte, proprio perché ormai l’esercito non è solo piazzare bandiere e scavare trincee, ma anche costruire ponti, intervenire nelle situazioni di emergenza, garantire la mia sicurezza in caso che qualcuno che bamboccione non è, anzi è pure esaltato e vuole fare piazza pulita di questo mondo così debosciato, ecco allora che, nei casi suddetti, l’esercito mi serve eccome. Metti poi che sotto le armi si impara un mestiere, e sei pagato, in effetti non si capisce perché l’appeal del fermo di leva sia in ribasso. Quasi come se fossimo rimasti ancorati al modello del colonnello di una volta e vedessimo quindi solo le marce e la guardia all’armeria, e non invece il senso di responsabilità e la cura della comunità, nel caso che quest’ultima subisca ferite e calamità per vie naturali o artificiali. Insomma, un esercito civile è quello che ci vuole, gli impeti di commozione ce l’abbiamo avuti sia quando passano le Frecce tricolori, quando attracca l’Amerigo Vespucci, ma anche quando giovani soldati, del profondo sud e del nord, si sono dati da fare per salvare i tesori sommersi dalle alluvioni o hanno tirato fuori la gente dalle macerie e sì, anche dalle onde. Perché ci sono momenti in cui gli eserciti non hanno solo bandiere da impugnare con arroganza ma anzi braccia libere e le protendono per salvare naufraghi. Certo, oggi sono gli altri domani potremmo essere noi e quel giorno chiederemo ai militari di salvarci, quindi direi, siccome l’empatia non è una prima natura ma è un muscolo che si allena, e se l’esercito può far questo, allenare all’empatia, allora che dire: bamboccioni! Se il mondo non vi piace arruolatevi.