Asia Argento e Laura Boldrini

Asia e Laura, #MeToo. Altro che molestie, vien voglia di dimettersi da femmine

Mariarosa Mancuso

In video e carta su Repubblica sembrano “Women & Women First”

Guardiamo, e vengono in mente le due femministe che nella serie “Portlandia” gestiscono la libreria “Women & Women First”: un posto dove la tisana si beve nel barattolo, non si punta il dito verso gli scaffali perché il gesto è sessista, quando bisogna cambiare un bambino lo si fa senza badare al pisello (“sceglierà lui quando sarà grande”). Guardiamo, perché oltre alla versione cartacea della conversazione tra Laura Boldrini e Asia Argento esiste anche il video, su la Repubblica.it. Passeggiatina di avvicinamento nel chiostro di Palazzo Valdina, finti convenevoli e infine la chiacchierata, spezzata da primi piani di mani tormentate.

 

Sede istituzionale, praticamente Montecitorio. Format da intervista allo scrittore o al pensatore (quando si concedono in esterni e non prendono posto sulla poltrona chez Fabio Fazio). Sembra una cosa seria, pur nel fracasso di fondo – dev’essere il vento che scompiglia i capelli delle intervistate, una iattura per i microfoni – e finalmente si chiarisce l’occasione. L’invito al summit “Women in the World Foundation” organizzato da Tina Brown, ex direttrice del New Yorker. Tema: l’anomalia italiana.

 

Un’altra anomalia da collezione? Macché, siamo sempre a #MeToo, alle accuse di Asia Argento a Harvey Weinstein, ad Asia Argento che dopo la denuncia non ha sentito solidali – come un sol uomo, stavamo per scrivere: frase che ha la sua ragion d’essere, la sorellanza femminile si scinde in Italia più della sinistra – le donne italiane. Per dire, l’attrice non è stata invitata ai David di Donatello, dominato dalle spillette e dalle firmatarie del manifesto “Dissenso comune”. L’anomalia sta nel fatto che a New York, sostengono Boldrini & Argento, si discuteranno con Ronan Farrow le mancate denunce da parte delle italiane. “Mancate denunce”, ripetiamo. Perché il fatto sussiste, eccome se sussiste, garantiscono le intervistate (pochissimo interessate all’iter che vorrebbe prima la denuncia, poi il processo, eventualmente la condanna). Sono le denunce a latitare, per via del “sistema”.

 

Laura Boldrini loda “l’anima guerriera della giovane donna” che denuncia il proprio “martirio”, punta il dito su “le peggio cose” capitate e la figlia minacciata sui social, perché il sistema (“marcio”, poi sarà “una piaga purulenta”) teme le donne coraggiose – non però chi si leva il velo quando glielo impongono, lì comincia tutto un balletto sulle culture altre. Laura Boldrini ricorda di aver detto ad Asia Argento di non andare all’estero, di restare in Italia per lottare insieme (è stata convincente).

 

La versione cartacea, su Repubblica, riserva altre chicche (intanto una pensa: quanti punti di demerito frutterà questo articolo, basterà finalmente per dimettersi da femmina?). Non c’è pensatore che non vanti un suo paradosso, ed eccone uno firmato Asia Argento: “Sulla stampa americana sono stata definita ‘eroica’, in Italia sono colpevolizzata”, ribadisce. Ma è il seguito a lasciare di stucco: “Lo stesso paradosso per cui i leghisti bruciano in piazza l’effige della presidente Boldrini, ma alla fine tranne un po’ di proteste non succede nulla”. Abbiamo letto e riletto la frase, girata e rigirata. A parte che si scrive “effigie” (ma di questo le intervistate non hanno colpa), l’accostamento tra le due paradossali situazioni totalmente sfugge.

 

Siccome il personale è politico, Laura Boldrini ricorda quando anche i fratelli maschi furono messi a sparecchiare la tavola. Asia Argento è più radicale: “Ho scoperto un senso profondo alla mia vita”.