Il David di Michelangelo

Cosa accade alla virilità in una società senza figli né nemici?

Giulio Meotti

Trionfo e tragedia dell’occidente (fatta eccezione per Israele)

Roma. “Un amico una volta mi ha detto che essere un uomo significava due cose: prendersi cura dei propri cari e seppellire i propri morti. Tutto il resto viene da quello”. Ma cosa succede in una società che non fa figli e che non ha nemici? Se lo chiede sulla National Review il giornalista e scrittore americano Sebastian Junger, già vincitore di un Emmy e candidato all’Oscar per “Restrepo - Inferno in Afghanistan” (il documentario scritto con Tim Hetherington, il giornalista ucciso in Libia nel 2011). Junger è l’autore di “Tribe”, un libro in cui spiega “il trionfo e la tragedia della società moderna”.

 

“La questione della virilità sembra scortese da sollevare. Alcuni anni fa ho fatto una domanda a un giovane, e lui mi ha guardato allarmato e ha detto: ‘Ci è permesso anche solo parlarne?’. L’idea che la virilità sia moralmente sospetta è in circolazione da quando ero al college negli anni Ottanta. Ricordo che una mattina attraversai il campus con la mia ragazza per trovare, inchiodati agli alberi, cartelli che dicevano: ‘Tutto il sesso è stupro’. Una definizione comune di virilità nel corso della storia è stata la volontà di mettere la sicurezza degli altri al di sopra della propria. (…) Nella nostra epoca moderna, come fa un uomo a dimostrare la propria dignità e virilità se non ha figli da allevare e nemici da combattere?”.

 

E’ questo, dice Junger, il trionfo e la tragedia della società moderna, “che abbiamo eliminato quasi ogni disagio e pericolo nella vita quotidiana. Per la maggior parte è una grande benedizione, ma ha un costo. La stessa efficienza della società di massa fa sentire le persone non necessarie, e qui c’è una profonda minaccia alla nostra dignità”. Secondo Junger, i mass shootings in America potrebbero essere una conseguenza di questo paradosso contemporaneo che nasce dalla presunta eliminazione dei conflitti esterni. Non a caso, continua Junger, lo spirito di comunità è schizzato alle stelle dopo l’11 settembre, i tassi di suicidi sono crollati e non ci sono stati attacchi nelle scuole e nei college per i due anni successivi. “C’era un vecchio su una sedia a rotelle che ho visto cercare di salire in auto fuori da un hotel di Norfolk, in Virginia” racconta Junger. “‘Mi sembri molto coraggioso’, gli dissi. Mi guardò come se fossi il più grande sciocco che avesse incontrato. ‘Ci sono giovani uomini in questo paese che mancano di entrambe le gambe’, disse. ‘Non chiamarmi coraggioso’”. Un po’ di virilità occidentale Junger era andato a cercarla fra i soldati americani in un avamposto nella valle di Korengal, in Afghanistan. Ora Junger dice che le società occidentali posteroiche devono riscoprire l’empatia per i militari. “Ciò che questi uomini hanno in comune è che mettono il benessere degli altri al di sopra del proprio. Alcuni sono disposti a morire perché altri possano stare in una metropolitana affollata”. Fra le società occidentali, scrive Junger, soltanto Israele mantiene un tasso elevato di virilità democratica che si esprime nella gratitudine verso l’esercito. E non a caso qualche giorno fa è uscita la notizia che Israele, nonostante sia in guerra da settant’anni, ha il tasso di fertilità più elevato fra i paesi industrializzati. E’ questa la tragedia contemporanea di cui parla Junger, che crediamo di essere “diventati così universalmente umani da non avere nemici. A livello materiale (l’uomo occidentale, ndr) è chiaramente più confortevole e protetto dalle avversità. Ma man mano che le società diventano più ricche, tendono a richiedere più tempo, piuttosto che meno, all’individuo, ed è possibile che molte persone sentano che ricchezza e sicurezza non siano un buon compromesso per la libertà”. Poi, una mattina, le società occidentali si svegliano con una presa di ostaggi da parte dei terroristi islamici a Trèbes, nel sud della Francia, le urla “Allah Akbar”. E non si sa che farci con questo nemico.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.