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editoriali

Non è da un concorso che si giudica un prof.

Redazione

Ok gli appelli sugli errori del ministero, ma è proprio la formula che non va

Da qualche giorno circola un appello, firmato da un numero crescente di accademici, per “correggere” i punteggi del concorso delle scuole (è in corso la prova orale). I risultati, in molti casi penalizzanti, della prova scritta sarebbero infatti dovuti non a impreparazione dei candidati ma a gravi errori di formulazione nei test. L’“Appello in difesa della scuola contro un concorso pieno di errori e offensivo del merito” ne ha selezionata una serie. Lo strafalcione che ha suscitato maggior orrore mediatico riguarda un inesistente “parallelogramma esagonale” di cui si chiedeva conto, ma ce n’è per ogni disciplina. L’appello chiede al ministro dell’Istruzione di “riconoscere gli errori commessi nella formulazione di decine e decine di quesiti inaffidabili e provvedere a ridefinire i punteggi dei candidati interessati”. Faccenda burocraticamente non semplice, se non si vuole invalidare il concorso.

I chiarimenti finora forniti non hanno soddisfatto, e la protesta cresce. Protesta di merito e legittima, ma che a ben guardare non coglie il vero problema dei concorsi della scuola. Molti candidati pur preparati, che spesso hanno già maturato un’esperienza professionale – giovani docenti che “sanno” cosa significa stare in cattedra e lo sanno fare – non hanno superato lo scritto non perché un quiz era mal posto, ma proprio per l’eccessiva astrazione nozionistica delle domande. Siamo davvero sicuri che la qualità di un docente sia la sua onnipotenza mnemonica? In certi casi, erano chiesti riferimenti tecnici che chiunque, nel proprio lavoro, va all’occorrenza a verificare su Google. Non è da queste cose che si giudica un professore, viene da dire.

Il problema è proprio la formula del concorso “a premi”, che non permette di valutare la reale preparazione. Basta però dare una scorsa all’elenco dei firmatari dell’appello e sorge il dubbio che pochi di loro sarebbero disposti a porre al ministro la domanda giusta: quando li aboliamo, i concorsi siffatti, per passare a una selezione e chiamata diretta dei meritevoli, da parte di dirigenti preparati?

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