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L'università tra riforme e restaurazione: lo strano caso dell'abilitazione in economia

Fabio Sabatini

All'Asn candidati che hanno pubblicato i propri lavori soprattutto su sconosciute riviste predatorie hanno prevalso su studiosi più rilevanti. Qualche consiglio per evitare che queste stranezze non accadano più

Il reclutamento degli studiosi nell’università italiana è un tema che appassiona i media soprattutto quando offre la possibilità di sollevare scandali e denunciare baronie. Pochi hanno notato che, grazie alle recenti riforme, l’università è sempre più governata da procedure, decisionali e di reclutamento, trasparenti e basate sul merito. 

 

Una settimana fa, l’esito della procedura di abilitazione scientifica nazionale (Asn) nel settore di Economia Politica (il serbatoio di “tecnici” da cui provengono due degli ultimi tre ministri dell’economia nonché tante figure chiave per la politica economica del paese) ha segnato una brusca inversione di tendenza.

 

L'Asn svolge un ruolo cruciale nel reclutamento universitario perché attribuisce l’idoneità necessaria a partecipare ai concorsi da professore. Per ottenerla, gli studiosi devono soddisfare determinati requisiti (misurati in titoli), raggiungere delle soglie di produttività scientifica (misurata in pubblicazioni) e superare il giudizio qualitativo di una commissione nazionale composta da cinque professori ordinari, sorteggiati in una rosa di volontari che, a loro volta, superano determinati criteri, più stringenti di quelli necessari per ottenere l’abilitazione.

 

I titoli, le pubblicazioni e i giudizi sono puntualmente resi noti sul sito dell’Asn, nella massima trasparenza. La fissazione di criteri minimi per l’accesso ai concorsi da professore universitario ha messo fuori gioco una vasta platea di potenziali candidati poco propensi alla ricerca scientifica, che spesso avevano nei rapporti clientelari il loro principale punto di forza.

 

Le baronie sono dunque soltanto un ricordo? Non ancora, purtroppo. L’abilitazione ha dei limiti che, nonostante le buone intenzioni dei suoi architetti, la rendono vulnerabile a manipolazioni. La buona notizia è che la trasparenza della procedura consente a tutti di controllarne la correttezza. Al punto che oggi possiamo denunciare, dati alla mano, le stranezze accadute in un settore, Economia Politica, in cui finora l’Asn era stata gestita in modo equo ed efficiente.

 

Per esempio, candidati che hanno pubblicato i propri lavori soprattutto su sconosciute riviste bangladesi e lituane che non effettuano una seria valutazione degli articoli che pubblicano, chiedono una tariffa per la pubblicazione e manipolano il proprio impact factor, hanno prevalso su studiosi capaci di contribuire al dibattito scientifico internazionale pubblicando sulle più prestigiose riviste del settore (e non solo del settore, visto che tra i “bocciati” si trovano autori il cui nome è apparso su Science e sui Proceedings of the National Academy of Science).

 

Ma il caso dei vincitori che pubblicano esclusivamente su riviste italiane, bangladesi e lituane ai margini del dibattito scientifico è solo la punta dell’iceberg. I giudizi di tre dei cinque commissari sono difficilmente comprensibili sotto ogni punto di vista, e in alcuni casi chiaramente sbilanciati a favore dei candidati “conosciuti” grazie a precedenti collaborazioni. Va sottolineato che tali valutazioni non sono state condivise dall’intera commissione, come mostra la correlazione debolissima tra le decisioni dei suoi componenti. Molti giudizi sembrano estratti a caso e le decisioni prese all’unanimità sono poche (per farsi un’idea, una tabella riassuntiva delle pubblicazioni dei candidati e delle scelte dei commissari, senza omissione di nomi e cognomi, si trova qui).

 

È evidente che nella commissione si siano confrontati studiosi moderni, in grado di distinguere le riviste scientifiche prestigiose da quelle farlocche, e altri che hanno una scarsa familiarità con il sistema delle riviste scientifiche. Era inevitabile (e salutare) che gli studiosi dei due tipi entrassero in contrasto. Il pluralismo degli approcci scientifici – principio sacrosanto che spesso viene invocato a sproposito da chi vuole difendere scelte indifendibili – qui non c'entra. Siamo in presenza di (alcuni) valutatori che sembrano ignorare il diverso valore di riviste truffaldine prodotte in Bangladesh e di top journals che ospitano contributi da Nobel. 

 

Tuttavia, questa brutta esperienza ha almeno il merito di fornire indicazioni utili per il futuro.

 

Nella ricerca scientifica la competizione è così dura che a volte ci si dimentica di appartenere tutti alla stessa “comunità”. Sarebbe opportuno che i ricercatori che hanno maggiore familiarità con il dibattito scientifico internazionale e hanno a cuore le sorti della comunità scientifica partecipassero attivamente ai processi di reclutamento. Nell'immediato, questo significa candidarsi a far parte delle commissioni nazionali per l'abilitazione, affinché sia più elevata la probabilità di sorteggiare valutatori competenti. Diversamente, le commissioni giudicatrici saranno sempre afflitte da un problema di "selezione avversa" e a farne parte saranno chiamati solo quegli accademici che hanno tempo da perdere perché non svolgono attività di ricerca, in genere più propensi a brigare per promuovere candidati immeritevoli.

 

Inoltre, si potrebbe rafforzare gli incentivi dei potenziali commissari. Magari vincolando la concessione dei finanziamenti alla ricerca erogati dal Miur (quali i Prin) alla disponibilità a far parte delle commissioni giudicatrici.

 

In generale l’Asn va difesa, ma va anche migliorata. Per esempio, è urgente riformare la "lista delle riviste scientifiche", che stabilisce quali pubblicazioni siano da considerare per il calcolo dei parametri minimi che candidati e commissari devono soddisfare. Almeno in economia, la lista attuale contiene troppe riviste di dubbia credibilità (compresi dei veri e propri predatory journals e dei blog di divulgazione), col risultato di creare pessimi incentivi per i candidati, che sono incoraggiati a puntare più sulla quantità che sulla qualità della ricerca.

 

Inoltre, l’annacquamento della lista alza fittiziamente i criteri minimi per candidarsi all’abilitazione e far parte delle commissioni, perché tali criteri dipendono dal valore mediano delle pubblicazioni firmate da tutti i professori di ruolo in ciascun settore. Se sono considerate scientifiche anche le pubblicazioni farlocche, il valore mediano è destinato a salire, col risultato che tanti professori e ricercatori che si muovono sulla frontiera della ricerca non potranno entrare nelle commissioni giudicatrici e presentare domanda di abilitazione. 

 

Le distorsioni nelle procedure di reclutamento vanno corrette con urgenza, perché si rischia di dare ai giovani studiosi segnali e incentivi perversi che avranno conseguenze di lungo termine sulla ricerca scientifica e, a ricaduta, sull'istruzione universitaria. Cioè sul futuro del paese.


 

Fabio Sabatini è professore associato di Politica economica, Sapienza Università di Roma

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