Cattivi Scienziati

L'antisemitismo visto con le lenti dalla scienza

Enrico Bucci

Da molto tempo, la ricerca scientifica ha investigato il legame fra questi due tipi di sentimento malevolo. In realtà, i risultati dicono che l’antisemitismo è manifestazione di altri, e più profondi, tratti cognitivi

A seguito di quanto ho recentemente scritto in merito ai danni estremi della polarizzazione del dibattito sulla crisi israelo-palestinese, fra le molte reazioni positive ho ricevuto anche le accuse che avevo facilmente previsto da parte di entrambe le fazioni di scalmanati che pretendono la semplice distruzione fisica dell’avversario (pur dal comodo dei propri rispettivi salotti). Pur disponendo di un piccolo campione – gli scalmanati sono stati circa una decina – quei pochi che non avevano nessuna intenzione di ragionare dell’oggetto di quanto avevo scritto mi hanno prevalentemente accusato di antisemitismo, per una presunta mancanza di riconoscimento delle ragioni di Israele. Ovviamente, come ho già scritto, le ragioni di una parte e i torti dell’altra abbondano nel conflitto di cui qui si tratta; ed è appunto scegliendo di parlare solo delle ragioni proprie e dei torti altrui che si polarizza il dibattito.

Vorrei prendere spunto da questo insignificante episodio personale per portare all’attenzione del lettore qualcosa che, invece, riveste a mio avviso molto più interesse. Innanzitutto, come anche nel mio caso ho potuto verificare, si può notare come l’accusa di odio verso Israele, fondata o meno che sia, è immediatamente da un’altra, in modo quasi automatico: quella di essere antisemita. Naturalmente, si potrebbe pensare che questo sia solo un artificio retorico, perché l’antisemitismo è stato (per fortuna!) reso inaccettabile dal punto di vista sociale; ma in realtà la questione merita qualche approfondimento, visto che è al centro di diverse indagini scientifiche da qualche decennio. E dunque, proviamo a rispondere alla prima questione: chi manifesta contrarietà nei confronti di Israele, in modo più o meno permanente e più o meno forte, sta in realtà mascherando il proprio antisemitismo, per renderlo socialmente più accettabile?

Fin dal 2009, la risposta è stata data su base scientifica , ed è quella che chiunque abbia un minimo di raziocinio può immaginare: i dati indicano che, sebbene a volte esiste effettivamente un legame tra antisemitismo e sentimento anti-israeliano, e questo legame è evidente una volta rimossa attraverso artifici diversi la copertura della desiderabilità sociale delle opinioni espresse, l’antisemitismo aumenta certamente l’ostilità verso Israele, ma non tutta l’ostilità verso Israele deriva dall’antisemitismo. Anzi: è precisamente il fatto che questa relazione non sia biunivoca il motivo per cui l’antisemitismo assume la maschera di opposizione ad Israele per rendersi socialmente accettabile, un trucco che ovviamente non funzionerebbe se vi fosse l’identità perfetta fra antisemiti e anti-israeliani. Dunque, è vero che parte del sentimento ostile ad Israele maschera un reale antisemitismo, ma non è vero sempre e comunque: esiste un’opposizione che, specialmente quando non è generalizzata, dipende cioè da specifiche azioni ed eventi, non è affatto manifestazione di antisemitismo. In altre parole, pensare che chiunque sia contrario ad Israele sia antisemita è quindi un errore altrettanto come pensare che non vi sia mai antisemitismo dietro quel sentimento. Stabilito da tempo questo punto, ci si può chiedere se, tuttavia, non esistano altri tratti che associano statisticamente in maniera stringente con l’antisemitismo.

La risposta arriva dalla recentissima pubblicazione su una rivista del gruppo di Nature dei risultati di due studi trasversali dedicati. Nel primo studio, che utilizzava un campione di 809 adulti autoselezionati residenti nel Regno Unito, età, sesso, etnia e livello di istruzione, nonché un'ampia gamma di predittori ideologici, sono stati analizzati come predittori bivariati di antisemitismo. Nel secondo studio, quelli che erano stati identificati come predittori di antisemitismo sono stati utilizzati per costruire un modello lineare che riproducesseil grado di antisemitismo dei soggetti partecipanti. L’etnia, il sostegno al governo totalitario, la credenza in cospirazioni globali malevole e l’aggressione antigerarchica sono stati identificati come i più forti predittori di antisemitismo. Tuttavia, è stato riscontrato che il sostegno al governo totalitario prevedeva solo atteggiamenti antisemiti "vecchi" (misurati utilizzando la scala cosiddetta di “Antisemitismo giudeofobico” o JpAs) e non atteggiamenti antisemiti "nuovi" (misurati utilizzando la scala del cosiddetto “antisemitismo antisionista” o AzAs), mentre l'etnicità, l’aggressività antigerarchica e la fede in cospirazioni globali malevole predicono atteggiamenti antisemiti sia "vecchi" che "nuovi". Questi risultati sono interessanti per molti motivi. Innanzitutto, permettono di mettere in relazione l’aumento misurato in tempi recenti dell’antisemitismo e la sua manifestazione sempre più aperta, ancorchè minoritaria, con la diffusione del cospirazionismo a livello globale, accompagnato dalla voglia di autorità e di ribaltamento dell’ordine sociale. Se QAnon o altre forme di deliranti visioni del mondo si accrescono, non è cioè improbabile che, nel violento irrazionalismo ad esse connesse, si diffonda anche l’antisemitismo, a destra, a sinistra o altrove. In secondo luogo, le conclusioni di questo lavoro, insieme a quello del primo che ho citato, mostrano l’antisemitismo per quello che è: un pensiero sostanzialmente cospirazionista e irrazionale, che può anche mascherarsi sotto forma di opposizione ad Israele, ma che sempre di più, se si sdoganano come forma di “libertà di opinione” le più estreme e violente forme verbali di abbandono della ragione, si manifesterà “in purezza”, insieme e magari anche in opposizione ad altrettanto folli e violente forme di intolleranza per altre minoranze.

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