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Cattivi Scienziati

Il lato oscuro degli integratori alimentari, uno dei business più redditizi

Enrico Bucci

Cosa c'è davvero in un integratore sportivo? Secondo un nuovo studio, quasi nessuno degli ingredienti indicati corrisponde al reale contenuto. E il 12 per cento dei prodotti analizzati include sostanze proibite o non dichiarate

Uno dei business più redditizi, che vive a fianco di quello farmaceutico e spesso in competizione quando non antagonismo diretto con quello, è certamente costituito dal commercio dei cosiddetti integratori. Contrariamente ai farmaci, gli integratori, secondo il regolamento (CE) n. 178/2002 della legislazione alimentare dell'UE, sono considerati alimenti oppure, se non consistono esclusivamente in vitamine, sali minerali, pro- e pre-biotici o altre sostanze nutritive, nel caso cioè per esempio di sostanze di origine vegetale che non rientrano nelle categorie elencate, il loro uso è disciplinato in Italia dal DM 9 luglio 2012, come modificato nell’allegato 1 dal decreto 27 marzo 2014, nella sezione “Sostanze e preparati vegetali”. In tutti i casi, la responsabilità di garantire la sicurezza di questi prodotti spetta all'operatore del settore alimentare che immette il prodotto sul mercato; una grande, grandissima differenza rispetto ai rigorosissimi controlli di efficacia e sicurezza attraverso cui devono passare i farmaci propriamente detti, e un evidente tentazione per autorizzare sotto l’etichetta di integratori prodotti per ogni tipo di uso – in tempo di pandemia, persino contro SARS-CoV-2, ma, più in generale, in ogni tipo di applicazione anche solo lontanamente legato alla salute e al benessere. Fra questi settori, uno dei più battuti è certamente quello delle prestazioni e della salute degli sportivi, con una valanga di prodotti venduti in farmacia e anche direttamente online, dalle mirabolanti descrizioni e pretese qualità, non infrequentemente appoggiate in modo evidente ad una presunta “naturalità” delle sostanze utilizzate, in opposizione alla cattiva chimica farmaceutica delle medicine vere.

Ora, a informare il pubblico di quale sia la qualità reale dei controlli che i produttori effettuano e dei prodotti che essi vendono, giunge uno studio pubblicato su JAMA Network Open da ricercatori della Cambridge Health Alliance, della facoltà di medicina di Harvard e di NSF International, una agenzia privata di analisi e certificazione basata nel Michigan. I ricercatori si sono posti una semplicissima domanda:cosa c'è in realtà in un integratore sportivo? Per rispondere, hanno analizzato gli ingredienti in una selezione di integratori sportivi acquistati online e hanno scoperto che l'89% era etichettato in modo non corrispondente al reale contenuto del prodotto, mentre il 12% includeva sostanze ad azione farmacologica proibite e ovviamente non riportate in etichetta.

Nello specifico, sono stati analizzati cinquantasette prodotti contenenti cinque popolari ingredienti, ovvero Rauvolfia vomitoria (n=13), metilliberina (n=21), turkesterone (n=8), halostachina (n=7) e octopamina (n=8). Il 40% dei prodotti (n=23) non conteneva una quantità rilevabile dell'ingrediente reclamizzato in etichettato. Per i 34 prodotti che contenevano quanto scritto in etichetta, la quantità effettiva variava dell’ingrediente reclamizzato variava dallo 0,02% al 334% di quanto scritto. Solo sei prodotti contenevano una quantità di ingrediente compresa in un margine del 10% di quanto specificato in etichetta. Peggio ancora, sette prodotti contenevano almeno una sostanza illegale, appartenente ad un gruppo di cinque identificate, ovvero quattro simulanti sintetici proibiti e una quinta sostanza proibita, promossa come stimolante cognitivo, ovvero l’omberacetam. Uno dei sette prodotti con sostanze proibite conteneva una combinazione di quattro di esse. Quali sono le sostanze proibite ritrovate? Innanzitutto, un derivato di una anfetamina, la 1,4-DMAA, che può aumentare la pressione sanguigna e portare a problemi cardiovascolari tra cui mancanza di respiro, costrizione toracica e infarto. Poi uno stimolante sintetico, la betafrina, largamente vietato nel mondo e non approvato per gli esseri umani, il cui uso negli integratori è stato già in passato documentato e collegato a eventi avversi come nausea, vomito, sudorazione, agitazione, palpitazioni, dolore toracico e arresto cardiaco. Ancora, uno stimolante del sistema nervoso centrale, l’octodrina, i cui effetti collaterali riportati includono ipertensione, dispnea e ipertermia. E poi l’oxilofrina, uno stimolante farmaceutico sviluppato per stimolare il cuore e aumentare la pressione sanguigna, che non può essere somministrato senza prescrizione, e mai approvato come integratore alimentare non regolamentato. L'oxilofrina è stata collegata a gravi eventi avversi, tra cui vomito, agitazione e arresto cardiaco.

 

Infine, il già citato omberacetam, un farmaco approvato solo in alcuni paesi per trattare lesioni cerebrali traumatiche, demenza e vari disturbi cognitivi, che al di fuori del suo uso clinico e in particolare a dosaggi erronei causa ansia, insonnia, agitazione, depressione, sonnolenza e aumento di peso. Non si deve pensare che i risultati di questo ultimo studio riguardo la presenza di sostanze proibite negli USA e in molti altri paesi negli integratori costituiscano una sorpresa o siano un caso eccezionale: per esempio, già nel 2021 l’ombaracetam era stato ritrovato in diversi integratori proposti per aumentare le funzioni cognitive, così come l’oxilofrina nel 2017, l’octodrina nel 2017 e molti, moltissimi altri ingredienti, proibiti o non dichiarati. Questi risultati, ripetuti per una frazione non piccola di prodotti ogni volta che si controlla in maniera indipendente la qualità degli integratori, sono da tempo sotto gli occhi di tutti; del resto, se in un mercato ricco come quello dei supplementi alimentari si delega al produttore il suo stesso controllo, e visto che la vendita è consentita su ogni tipo di canale fisico o virtuale, sarebbe piuttosto sorprendente che le frodi risultassero sotto controllo.

Questo semplicissimo ragionamento dovrebbe servire a rendere molto cauto il consumatore, ma purtroppo vi è un preconcetto che spinge fortissimamente in direzione contraria: l’idea che l’integratore e il supplemento siano un modo naturale e benefico di provvedere da sé alla propria salute, senza nemmeno scomodare il medico, quasi come se le piante da sole germogliassero nei boschi le capsule generosamente raccolte dai propugnatori dei “prodotti naturali”, in contrasto con le aziende farmaceutiche, chimiche, artificiali e assetate di soldi.