Foto di Ansa 

stelle ottimiste

La prima luce che illuminò l'universo, segnando l'inizio di una nuova storia

Umberto Minopoli

Lo James Webb Space Telescope ci permetterà di trovare risposte alle domande sul cosmo: dalle galassie, alla "materia oscura", ai mondi possibili

"Guardare l’Universo all’atto di accendere la luce per la prima volta”. E’ il commento, appropriato e commovente, del capo degli astrofisici della Nasa, dell’immagine fantastica, raccolta dallo James Webb Space Telescope e mostrata ieri al mondo, addirittura alla Casa Bianca, da un orgoglioso Biden. E’ la prima di una serie di dodici rese pubbliche, selezionate da una commissione di scienziati americani, europei e canadesi: i paesi che gestiscono la missione.

 

E’ come vedere l’universo all’atto di accendere la prima luce. Gli occhi dello Jwt, infatti, guarderanno indietro nel tempo fino a poter catturare quel momento iconico del Big Bang che è il passaggio dall’opacità alla trasparenza: quando la zuppa cosmica iniziale degli elementi – elettroni, protoni e fotoni – finalmente si separa, con i primi che si uniscono dando vita alla materia e i fotoni (la luce), invece, che sono liberi di spaziare, rendendo trasparente e luminoso il mondo. Questo evento, avvenuto 380 mila anni dopo il Big Bang, si ritiene il vero atto di nascita dell’Universo che conosciamo.

 

Lo James Webb è dotato dei mezzi tecnici, i sensori all’infrarosso, che consentono, per la prima volta, di infrangere le barriere che, sinora, impedivano di guardare così indietro nel tempo e così lontano nello spazio. Guardare nell’infrarosso consente di penetrare l’oscurità delle polveri cosmiche, una gran parte di quello schermo che noi umani definiamo il buio notturno del cielo. E l’infrarosso consente di vedere nelle frequenze oltre la luce visibile, nella gamma dei fenomeni della radiazione del calore che distingue la gran parte dei fenomeni cosmici che ai nostri occhi non è dato, letteralmente, di vedere.

 

E’ così che, con lo Jwt, un nuovo mondo si annuncia. Sarà davvero un nuovo universo. Che oggi non ci è dato nemmeno immaginare. Emblematica la frase del capo della Nasa: “Daremo risposte a domande che oggi non possiamo porre”. Tante scoperte nuove e straordinarie aiuteranno a decifrare, finalmente, alcuni dei misteri della fisica e della cosmologia: come sono nate le prime stelle? E le galassie? Ci sono fili e significati che ne informano la struttura? C’è una “materia oscura” che ha influenzato l’evoluzione dell’Universo? Ci sono indizi di quell’energia, anch’essa oscura, che sembra dettare i movimenti del cosmo e orientarne i destini.

 

Ma ad una domanda su tutte, la più intrigante di tutte per noi terrestri, lo Jwt, con il suo sguardo nell’infrarosso, potrà rispondere: di cosa è composta l’atmosfera degli esopianeti, gli innumerevoli e lontanissimi mondi di cui, copiosamente, stiamo scoprendo, intorno a stelle lontanissime dalla nostra? Jwt leggerà la chimica di quelle atmosfere: se dovesse trovarne una analoga a quella che, sulla Terra, consente la biologia avremo l’indizio che non siamo soli nell’Universo.

 

Infine, è certamente azzeccata la parola che Biden ha usato per aggettivare le conquiste e le promesse di conoscenza dello Jwt: “possibilità”. Intendendo l’ennesimo salto che l’umanità può compiere nella comprensione dell’origine di tutto. E’ una ventata di ottimismo e di orgoglio nel momento in cui qualcuno, in altra parte del mondo, intende allarmarci mostrandoci i suoi progressi in un’altra “possibilità”: quella distruttiva delle sue armi potenti. 

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