(Foto di Ansa) 

Le risposte della geofisica

Oltre la tragedia della Marmolada. I tempi della Terra e tante variabili

Franco Prodi

La scienza del clima è ancora nella sua infanzia con aspetti complicati e difficili: il riscaldamento globale è frutto degli effetti gravitazionali e della variabilità del sole. Perchè allora viene attribuito all'uomo?

C’è il tempo dell’uomo, dalla nascita alla morte, scandito nella sua singola esistenza. C’è il tempo del pianeta Terra, da 5 miliardi di anni fa a oggi. C’è il tempo dell’umanità, dagli albori dell’homo sapiens, nelle due tappe fondamentali: la nascita del linguaggio e la nascita della scienza. Fino all’attuale dominio dell’uomo sul pianeta. C’è il tempo della storia e delle storie, che si inserisce in quello dell’umanità intera, con la pretesa di spiegare nascita e decadenza di civiltà e popoli. C’è il tempo della politica e del politico, che deve indicare e, potendo, imporre le scelte nell’arco del mandato ricevuto e nel rapporto con coloro che glielo hanno affidato. Poi ci sono eventi, come la tragedia sul ghiacciaio della Marmolada, generata dalla colata di ghiaccio e rocce, che ci portano a interrogarci se non ci sia un Tempo, con la T maiuscola, che scorra oggettivamente, e al quale devono raccordarsi tutti i tempi citati, e tutti i diversi accadimenti, ora che non ci sono più continenti da scoprire, terre nuove da colonizzare, ma c’è solo un pianeta sul quale dobbiamo tutti vivere in pace.


Uomo e natura, ghiacciai e clima, storia del pianeta, sfruttamento eccessivo delle risorse, loro gestione per le generazioni future, economia e tecnologie, sono rapporti da studiare, interrogativi da affrontare. Tanto più nel momento nel quale la guerra fa di nuovo la sua comparsa alle porte di casa, incredibilmente, con il suo carico terribile di morte, distruzione, sofferenze indicibili e, non ultimo, di offesa al pianeta.
Pretesa ambiziosa, la mia, di proporre alcune riflessioni in questo ambito. La giustifico solo esponendovi qualche tratto di una vita spesa interamente nella geofisica, in particolare la fisica dell’atmosfera, nell’interrogare la natura per carpirle alcuni segreti che si sono rivelati poi cruciali nella comprensione del sistema clima.


In anni lontani ho cominciato con la formazione della grandine, da fisico dello stato solido, un materiale interessantissimo. Del quale i meteorologi puri conoscevano assai poco. Poi la struttura ed evoluzione dei temporali, col radar meteorologico. Poi le nubi, che hanno un ruolo importantissimo nel traffico dei fotoni solari in arrivo alla superficie terrestre e di quelli infrarossi che dalla superficie devono uscire verso lo spazio esterno. Quando ho preso questa strada di ricerca (era il lontano 1966) eravamo quattro gatti. Nei decenni successivi è risultato evidente, non solo a noi ma a tutto il mondo della ricerca, che le nubi sono al centro del sistema climatico e che purtroppo è molto difficile introdurle, coi loro effetti, in modo realistico, nei modelli, anche se negli ultimi decenni questi si sono sviluppati enormemente. Con essi è nata la necessità di un dialogo fra le Nazioni Unite e gli scienziati. Da questa necessità è nato il Panel ora famoso, l’Ipcc, che tuttavia ha preso la mano, tanto da divenire per il grande pubblico l’unico ambito depositario della stessa scienza del clima. Questo equivoco continua, tanto che sono costretto a ripetere le ragioni della mia critica che ci devono guidare verso una realtà sullo stato vero della scienza.


In sintesi la scienza del clima è ancora nella sua infanzia, con aspetti sia complicati che difficili: appunto il ruolo delle nubi, dell’aerosol fuori da nubi, di tutti i gas serra (non solo la CO2), le emissioni vulcaniche, il flusso di calore dall’interno della Terra, le interazioni oceano-atmosfera ecc. Poi ci sono le due grandi cause naturali di cambiamento climatico, da sempre: gli effetti gravitazionali degli altri pianeti sull’orbita della Terra intorno al Sole e sulla inclinazione dell’asse di rotazione sul piano dell’eclittica – causa astronomica – e la variabilità del Sole che ci invia un flusso di fotoni e vento solare in maniera non proprio costante nel tempo – causa astrofisica. Dalla mia esperienza di fisico sperimentale viene dunque la raccomandazione di non considerare le previsioni dell’Ipcc (sia sul riscaldamento globale, che sull’innalzamento del livello dei mari) come sicure ma solo come scenari sui quali non si possono basare le scelte future dell’umanità intera.
Fatta questa doverosa e lunghissima premessa torno al discorso iniziale sul tempo. Il periodo nel quale abbiamo misure fisiche della temperatura dell’aria al suolo rappresentative di tutto il pianeta (detta quindi globale) è di due secoli, ed essa è aumentata di sette decimi di grado per secolo. Poiché questo periodo coincide esattamente col passaggio dell’uomo da semplice animale a uomo industriale che brucia carbone, poi carbone e petrolio, poi carbone petrolio e gas naturale, poi scava minerale uranifero per le centrali nucleari, l’attribuzione all’uomo industriale del riscaldamento globale si è fatta strada in maniera inarrestabile.


Il tempo del pianeta ci mostra che vi sono stati nel passato cicli di centinaia migliaia di anni, con sotto-cicli dei quali l’ultimo, nel 1600-1750, della piccola glaciazione. Per gli scienziati favorevoli alla spiegazione naturale il riscaldamento attuale non sarebbe altro che il seguito della piccola glaciazione. Risulta chiaro che l’obiettivo primario per la scienza è la quantificazione dell’effetto antropico, che certamente esiste, ed è l’unico sul quale possiamo pensare di agire. Ogni azione che prescinda da questa quantificazione (basata sul cosiddetto principio di precauzione) è rischiosa e può essere controproducente. Non si può fare nulla allora? Torniamo al tempo, questa volta il tempo del fossile, quello che ci separa da ora al momento dell’esaurimento completo, in tutte le sue manifestazioni, carbone, petrolio, gas naturale, minerale uranifero. La storia dell’umanità è completamente cambiata dall’invenzione della macchina a vapore di Watts (1795) e conseguente uso del carbone: è uscita dal ciclo naturale di sole e vento. Bruciando o consumando fossile noi immettiamo un flusso di calore che non ci sarebbe altrimenti, ridiamo calore ai fotoni solari immagazzinati nel fossile da milioni di anni. 
Tornando al tempo, è tempo che chi sa quale sia il tempo del fossile parli. E’ uno dei segreti meglio custoditi. 


Mi devo avvicinare alle conclusioni di queste riflessioni sui tempi e mi accorgo che ne restano fuori alcune fondamentali. Un’indicazione sicura è di fermare il treno della CO2 e dell’Ipcc, finché non siamo in grado di quantificare l’effetto antropico, ma di farne ripartire simultaneamente un altro sul rispetto del pianeta e la sua protezione assoluta che non può non basarsi sulla smilitarizzazione totale, su un pacifismo assoluto; non può non basarsi sulla critica condivisa da tutta l’umanità all’equazione pil=energia. Non è il caso di puntare sulla sobrietà energetica e sulla ricerca per ottimizzarla? Altri punti di riflessione per una politica vera di lungo termine per tutta l’umanità. Si porranno grandi problemi giuridici: di chi è la proprietà dei fotoni solari? Di chi è il vento? Quante guerre del passato sono state sulla proprietà del fossile e quante guerre generate dalla disponibilità’ del fossile…
Ritorno con dolore alla tragedia della Marmolada e partecipo al lutto dei famigliari di questi appassionati della montagna. Penso ai loro ultimi momenti, una preghiera. 

 

Un ricordo personale: non molto distante dalla Marmolada c’è il Castelletto delle Tofane, noi ragazzi (estate del 1956) usciamo dalla galleria della Grande guerra sul nevaio. Ho una zaino pesante, mi scivola il tallone, il nevaio è a schiena d’asino, prendo velocità e cado nel canalone che la neve fa con la roccia. Rotolo nel buio senza perdere conoscenza, ma con un dolore alla testa tremendo. Mi soccorrono e mi portano al Codivilla di Cortina: commozione cerebrale, ma mi sono salvato. 
E’ necessario un grande rispetto per la montagna, non sfruttiamola fino all’ultimo: è una risorsa di spiritualità per tutta l’umanità.