Un trattore spruzza pesticidi su un campo vicino a Loebau, Germania (Foto di Sean Gallup/Getty Images) 

Glifosate assolto: “Non provoca il cancro”

Roberto Defez, Angelo Moretto e Donatello Sandroni

Anni di allarmismo mediatico sull’erbicida, e ora il verdetto dall’l’Agenzia Europea per le sostanze Chimiche: non ci sono evidenze scientifiche che possano far classificare il glifosate come cancerogeno

Classificare il glifosate come cancerogeno non ha ragioni scientifiche. Lo schiaffone rifilato dall’Echa sta facendo girare come una trottola la testa della Iarc. Ricostruiamo una vicenda che ha fatto scrivere fiumi di cartastraccia e invaso le trasmissioni televisive di menzogne, allusioni, dicerie e mezze verità, progettate a tavolino per non esporsi troppo ma istillare paure e ossessioni nei consumatori, terrorizzando sul consumo di ottima pasta come se fosse “inquinata”. Questo martellamento mediatico, ha infamato e calpestato la reputazione di tutte le più prestigiose aziende italiane che producono vera pasta di grano duro. 

   
L’Echa è l’Agenzia Europea per le sostanze Chimiche ed è un’agenzia regolatoria che valuta il rischio anche sanitario. La Iarc invece è un organismo dell’Oms, non un’agenzia regolatoria, e si occupa di cancro valutando il solo pericolo, che non è sinonimo di rischio. Ad esempio, tutti siamo esposti al “pericolo” che ci cada in testa un meteorite: ma l’Echa fa una stima della probabilità che questo pericolo si manifesti realmente e, data la frequenza dell’evento, ci permette di uscire di casa ogni mattina e di non vivere in un rifugio sottoterra. Nel 2015 la Iarc ha considerato aumentata l’evidenza del pericolo del glifosate, un erbicida, ponendolo nella stessa categoria di possibile cancerogeno dove si trovano anche le fritture casalinghe, la carne rossa, le bevande calde o l’esposizione professionale di barbieri e parrucchieri. Nella categoria superiore, quella dei sicuri cancerogeni, troviamo tutte le bevande alcoliche tra cui vino e birra di cui facciamo uso quotidiano. Ma il circo mediatico voleva occuparsi solo di glifosate e ha inscenato una campagna anti-glifosate che certo non si chiuderà qui. Da Le Monde a Report, dal DataRoom di Milena Gabanelli alle Iene, il glifosate è stato incolpato di qualunque nefandezza o patologia umana, ben oltre i soli linfomi non-Hodgkin, su cui Iarc aveva sollevato dubbi, perché trovati, forse, tra chi per professione quotidiana aveva fatto trattamenti con glifosate o altri agrofarmaci. Poi, tra la Iarc che ha cercato di esondare dai suoi compiti istituzionali mandando su tutte le furie sia l’Oms sia la Fao, e le aziende dell’agrochimica produttrici di glifosate che hanno cercato complicità scientifiche facendo gli ennesimi scivoloni comunicativi, il battibecco è diventato assordante. 

   
Si badi bene che sollevare maldicenze su un prodotto è estremamente più facile che attestare quanto scrive l’Echa, ossia che non ci sono evidenze scientifiche che possano far classificare il glifosate come cancerogeno: Echa, come già fatto dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare europea, scrive cose di grande valore e autorevolezza scientifica. Questo documento non potrà essere ignorato dal Parlamento nazionale che due anni fa ha approvato una mozione della senatrice a vita e farmacologa Elena Cattaneo che impegna il governo a leggere tutta la letteratura scientifica prima di legiferare sul glifosate. Un Parlamento altrimenti tutto schierato per vietarne l’uso, dove quattro senatori, dopo aver votato a favore, facendo così passare la mozione con 89 sì contro 86 no, sono poi andati dai commissari d’aula a dire che si erano sbagliati e volevano votare contro: un espediente puerile utile solo per scusarsi con i loro capi. Ma è lo stesso parlamento che con un solo voto contrario sia alla Camera che al Senato aveva licenziato il ddl 988 che dà dignità alle pratiche stregonesche dell’agricoltura biodinamica, salvo poi abrogare l’articolo 1 che definiva cosa fosse la biodinamica in seguito a un monito autorevole: il presidente Sergio Mattarella pochi giorni prima aveva accolto l’imbarazzo del Nobel Giorgio Parisi che chiedeva di non riconoscere le pozioni biodinamiche come meritevoli di ricevere fondi dalle tasse degli italiani. 

   
Ci si augura che l’Echa salvi ora i parlamentari da una nuova brusca retromarcia e induca tutti a usare i dati tecnici come base per legiferare, invece dei like o dei picchi Auditel.

Di più su questi argomenti: