cattivi scienziati

Sono tempi in cui basta un nonnulla ai cospirazionisti per attaccare i ricercatori

Enrico Bucci

La polemica grammaticale sui morti "per” e  "con” Covid continua vivissima. Una nuova ricerca di Lancet lascia poco spazio alla fantasia malata dei fenomeni da talk-show: il virus è stato la causa diretta di morte per l’86 per cento dei soggetti esaminati, nel rimanente 14 per cento è stata concausa

Una delle tiritere di cospirazionisti e minimizzatori di ogni specie – dall’uomo della strada fino a paludati accademici – consiste nel fatto che la morte causata da Sars-CoV-2 sarebbe sporadica. La polemica grammaticale del “per” e del “con” continua vivissima, nonostante gli argomenti statistici sull’aumentato rischio di morte per ogni condizione di salute di chi è morto e quelli in merito all’eccesso statistico di mortalità registrata in concomitanza con l’espansione del virus sarebbero sufficienti a farne piazza pulita; e uno degli aspetti su cui la mitologia dell’inganno da parte delle istituzioni si fonderebbe è data dalla supposta mancanza di dati sulle autopsie. Ci si è spinti persino ad affermare che esse fossero state impedite inizialmente non per ovvi motivi sanitari (non si sapeva nulla della trasmissibilità del virus, quando arrivò), ma appositamente per chiudere in tutta fretta i morti nelle bare evitando l’accertamento della verità, immancabilmente chiarissima nelle acute menti dei detective di Google. 

   
È per questo interessante riferire su queste pagine i risultati appena pubblicati su una delle riviste del gruppo Lancet in merito a 1.095 referti autoptici da 29 centri tedeschi diversi. Il primo risultato, quello che più conta ai fini della presente discussione, lascia poco spazio alla fantasia malata dei cospirazionisti e ai fenomeni da talk-show: il virus è stato la causa diretta di morte per l’86 per cento dei soggetti esaminati. Nel rimanente 14 per cento dei casi, riferiscono gli autori, il virus è stata concausa di morte, vale a dire che esso non è comunque stato irrilevante, ma ha aggravato le condizioni preesistenti dei pazienti.

 

Nel dettaglio, i soggetti esaminati sono morti innanzitutto per sindrome da stress respiratorio acuto (Ards), seguita da insufficienza multiorgano; guardando separatamente ai morti nella prima, nella seconda e nella terza ondata epidemica in Germania, si è notata una diminuzione di Ards e un aumento di insufficienza multiorgano come causa prevalente di morte, con un allungamento del periodo di malattia: questo può essere spiegato per esempio dall’evoluzione del trattamento, come si nota dalla diminuzione degli episodi letali di embolia polmonare (6 per cento, 3 per cento e 2 per cento nelle tre ondate), che in Germania sono stati molto più bassi rispetto a quanto riportato inizialmente in altri paesi, grazie all’adozione da parte degli ospedali  di linee guida specifiche sulla terapia anticoagulante quasi in contemporanea all’arrivo della prima ondata. Gli autori sottolineano poi una cosa interessante: se si fossero considerate le morti per conseguenze cardiache dell’infezione da Sars-CoV-2 come morti direttamente attribuibili al virus, la percentuale di persone direttamente uccise dall’infezione sarebbe stata superiore al 90 per cento; tuttavia, questa classificazione non è raccomandata dall’Oms e dunque gli autori non l’hanno utilizzata. 

  
Il fatto è interessante perché mostra come il pubblico e i giornalisti non abbiano la più pallida idea delle sottigliezze della medicina forense, per cui immaginano che le “morti indirette” causate dall’infezione siano in realtà usate dalle istituzioni per gonfiare le cifre. Viviamo in tempi comunicativamente molto difficili, in cui vi è il continuo assalto agli esperti da chi ritiene di avere il diritto di esaminarne il lavoro, avendo un preconcetto circa la loro onestà e professionalità e circa le proprie capacità di intendere la materia che si vuole giudicare; proprio per questo motivo, prima di fornire ogni cifra al pubblico, anche la più banale, è necessario come sempre spiegare bene l’origine dei numeri, i metodi di campionamento, le popolazioni di soggetti incluse ed escluse da un’analisi.

 

E forse questo è uno dei lasciti più importanti di questo periodo: è necessario comunicare al pubblico dando per scontato che ogni errore, ogni zona d’ombra, ogni più piccola macchia nell’esposizione saranno immancabilmente utilizzati per attaccare le istituzioni, gli esperti, e infine l’idea stessa che vi siano delle misure da adottare. La fiducia nei ricercatori e nei medici è estinta da tempo in gran parte della popolazione, anche perché i primi, sempre più spesso, fanno di tutto per alimentare fraintendimenti, accuse, farneticazioni.

 

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