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Cattivi scienziati

Meno ideologia e più ricerca contro il climate change. Un esempio

Enrico Bucci

Ogni anno, l’umanità nel suo insieme consuma miliardi di tonnellate di cemento, una quantità che eccede qualunque altra risorsa utilizzata dalla nostra specie eccetto l’acqua. Eppure la materia prima non manca: grazie all'innovazione

Spesso noi crediamo di poter affrontare il cambiamento climatico incipiente semplicemente cambiando le nostre abitudini di vita e di consumo; quel che è peggio è che spesso crediamo che potremo trovare una soluzione con una sorta di arretramento, senza cercare e senza utilizzare soluzioni tecnologiche e di ricerca avanzata. Non è così, e cercherò di dimostrarlo con un esempio. Ogni anno, l’umanità nel suo insieme consuma miliardi di tonnellate di cemento, una quantità che eccede qualunque altra risorsa utilizzata dalla nostra specie eccetto l’acqua.

Da circa due secoli, la ricetta per produrre il cemento è variata di pochissimo: il componente di base è detto clinker, ed è in genere ricavato da un tipo di roccia chiamata marna, composta da argille e carbonati. Questa roccia, dopo essere stata macinata, necessita di un processo di “cottura” a temperature molto elevate, fino a 1.500 gradi, e questo di per sé richiede l’emissione di molta anidride carbonica; in aggiunta, durante la cottura del clinker i carbonati di calcio si degradano in ossidi, rilasciando ulteriore anidride carbonica. Il processo descritto, solo nel 2015, ha rilasciato in atmosfera svariati miliardi di tonnellate di questo gas serra, facendone una delle principali fonti di emissione in grado di alterare il clima. Ora, si potrebbe ingenuamente pensare di fermare la produzione di cemento e smettere di costruire ulteriormente; e certamente io personalmente sono il primo a desiderare che, anziché continuare a costruire, si cominci a riutilizzare e mantenere la moltitudine di edifici abbandonati sul nostro pianeta. Eppure, è stato ormai dimostrato che anche una soluzione drastica (e probabilmente inattuabile) come questa non basterebbe più: non basta cioè semplicemente tagliare le nostre \, abbiamo bisogno di cominciare a intrappolare in qualche modo i gas serra e di  eliminarli dall’atmosfera. Ma come fare? Un modo ce lo suggerisce la ricerca nel settore dei materiali da costruzione, e per meglio dire la tanto odiata chimica industriale.

Climate change, serve più ricerca e meno ideologia

Normalmente, il cemento da costruzione è mescolato con pietrame di varia grana e sabbia a formare il calcestruzzo; dopo la mescola e la messa in forma, il calcestruzzo deve essere “curato” con acqua, vale a dire che si devono innescare alcune reazioni chimiche di idratazione del cemento, principalmente per formare silicati idrati di calcio, che conferiranno durezza al calcestruzzo e al manufatto finale.

Tuttavia, se si sostituisce il cemento tradizionale con materiali quali le scorie della lavorazione dell’acciaio, come ha fatto l’azienda canadese Carbicrete, il processo di indurimento è indotto invece che da acqua dall’iniezione di anidride carbonica catturata da impianti industriali, la quale reagisce formando carbonati – cioè pietra calcarea. Siccome ogni anno sono prodotte diverse centinaia di milioni di tonnellate di scorie della lavorazione dell’acciaio, la materia prima non manca; in questo modo, oltre ad abbattere la nuova produzione di anidride carbonica per ottenere cemento, si utilizza anche quella già emessa da altri processi, convertendola in dura roccia.

Il caso dell'azienda che produce materiali per rimpiazzare il cemento

Oltretutto, considerando che l’idratazione del calcestruzzo consuma ogni anno migliaia di miliardi di litri di acqua, materiali come quelli prodotti dalla Carbicrete appaiono avere un ulteriore vantaggio ambientale.

La Carbicrete non è l’unica azienda ad aver studiato e commercializzato materiali per rimpiazzare il cemento, ottenendo calcestruzzi che assorbono anidride carbonica durante il processo di maturazione: aziende come l’americana Solidia hanno sviluppato prodotti che hanno la stessa proprietà, e in più ricatturano la propria stessa anidride carbonica per indurirli.

Anche i calcestruzzi ad assorbimento di carbonio della CarbonCure sono in uso fin dal 2016, con ottimi risultati; e i calcestruzzi ad assorbimento di anidride carbonica Biocrete basati su materiale organico e batteri in grado di riparare e sostituire i calcestruzzi tradizionali, dopo essere stati oggetto di ricerca, sono ora anche essi in fase di industrializzazione in Europa. Guardando a quanto è possibile fare migliorando i materiali da costruzione, dunque, possiamo trarre una lezione importante, una lezione che dovrebbe sempre essere rammentata a chi pensi che basti una improvvisata decrescita per risolvere i problemi: se troveremo soluzioni utili (e anche se non vi è garanzia dovremmo sperarci), non sarà grazie all’ideologia, ma grazie alla ricerca.

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