Cattivi scienziati
No ai miti verdi e no ai negazionisti climatici: è la scienza, bellezza
La ragione scientifica non può essere usata a fasi alterne: i problemi sono ormai globali. E non vi possiamo rispondere con il marketing del passatismo, dell’antispecismo o di altre malattie mentali di oggi
Anche a seguito del mio articolo sulle false concezioni di natura che avvelenano l’ambientalismo odierno, trasformandolo spesso in un’utile appendice di marketing commerciale o ideologico, vorrei proporre ai miei lettori qualche ulteriore riflessione. Proprio quando si invoca un approccio razionale e scientifico al problema ambientale, è necessario fare fino in fondo i conti con quel che ragione e scienza ci dicono circa il modello di crescita e sviluppo attuale. La scienza è principalmente metodo, e solo secondariamente corpus di conoscenze e di deduzioni (provvisorie) circa il funzionamento del mondo; per questo, se si sceglie di utilizzare tale metodo per demolire certe false condizioni sui miti dell’ideologia verde, è pure necessario riflettere sul fatto che finora la conoscenza scientifica e le tecnologie, entrambe prodotti del metodo scientifico, sono state sviluppate soprattutto per favorire la nostra esistenza come massimi predatori del pianeta. Lo sviluppo della ragione scientifica, cioè, si è disaccoppiato dallo sviluppo di sistemi economici, sociali, giuridici e culturali in grado di indirizzare correttamente l’uso dei suoi prodotti tecnologici e cognitivi; al contempo, la riflessione filosofica ed etica capace di indirizzare meglio l’uso del metodo scientifico è rimasta quasi solo confinata all’ambito accademico.
Siamo una specie consapevole, e la nostra consapevolezza delle conseguenze ambientali di ciò che facciamo è accresciuta proprio dalla nostra capacità di analisi scientifica; la portata di ciò che facciamo è non solo evidente, ma in una certa misura persino prevedibile. Eppure, utilizziamo lo strumento potentissimo del metodo scientifico principalmente per continuare a sfruttare meglio il pianeta – dove meglio non vuol dire garantendoci un futuro, ma massimizzando il guadagno immediato, proprio come facevano i nostri progenitori che di metodo scientifico erano privi (anche se non di tecnologia).
E’ indispensabile applicare il metodo scientifico alla valutazione del nostro agire e degli scopi che ci prefiggiamo per quel che riguarda le conseguenze su scale geografiche e temporali estese, ivi inclusa la prioritizzazione delle azioni necessarie per evitare i pericoli più imminenti e gravi che sappiamo si concretizzeranno, dal clima al consumo delle risorse, dalla sicurezza alimentare fino alla salute globale degli ecosistemi, non scindibile da quella umana. Non si può da una parte usare il metodo scientifico per condannare il vitalismo esoterico della biodinamica, la pseudoscienza venduta in omeopatia e in ogni pseudomedicina, le follie del passatismo tinto di verde, e poi dimenticarsi di applicare quello stesso metodo di analisi e ragionamento per identificare il danno disastroso che stiamo apportando a noi stessi e al pianeta, letteralmente segando il ramo su cui sediamo a causa dell’istintiva rapacità di una specie originariamente rara come la nostra. Quando, ieri, facevo appello a un approccio razionale e scientifico per un ambientalismo che abbia senso, intendevo questo: se vogliamo che si accettino le biotecnologie verdi, o i vaccini a Rna, o le nuove tecniche di produzione energetica, non possiamo aspettare semplicemente che diventino parte del “business as usual” e vadano avanti perché selezionate dal mercato. E’ necessario anche identificare su base scientifica i fatti e procedere per contrastare l’inquinamento, ridurre il consumo di risorse planetarie, trattare i rifiuti (e non spedirli nel Terzo mondo), preservare le altre specie e la biodiversità (fosse anche per puro senso estetico), aumentare la nostra salute curando l’ambiente in cui viviamo, e potrei continuare a lungo.
La ragione scientifica non può essere usata a fasi alterne, soprattutto perché i problemi che abbiamo davanti sono ormai globali; e non possiamo permettere che a essi si dia risposta con il marketing del passatismo, dell’antispecismo o di altre malattie mentali del nostro moderno vivere opulento.
Niente miti verdi, dunque; ma nemmeno nessun mito di progresso necessario e infinito e nessun negazionismo di ciò che stiamo causando al pianeta e a noi stessi. Se chiediamo il coraggio di abbracciare le soluzioni che la scienza indica, bisogna avere anche il coraggio di affrontare con il metodo della scienza tutti i problemi, senza nascondere nulla, e il coraggio di assumerci la responsabilità che la consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni globali comporta.
La casa brucia, letteralmente, come abbiamo visto in Canada o in Sardegna recentissimamente; smettiamo di trastullarci con idee sbagliate, smettiamo anche di fare finta di nulla, e diamoci da fare usando l’unica arma che abbiamo – la nostra ragione – se vogliamo sperare (sperare, non vi è certezza) di riuscire a trovare soluzioni e ad utilizzarle in tempo.
Fisica, reti e "Progetto Manhattan"