CATTIVI SCIENZIATI

Il vaccino non basta

Enrico Bucci

Una nuova urgenza: coltivare la ricerca farmacologica da affiancare alla profilassi

I vaccini sono una delle armi più importanti che abbiamo per cercare di fronteggiare la pandemia attuale (e quelle future). Il fatto che si siano ottenuti così tanti vaccini funzionanti, in un tempo così breve, e perfino basati su tecnologie innovative, rimarrà in ogni caso a testimonianza di ciò che l’ingegno umano può realizzare, quando le risorse e la motivazione sono sufficienti – questo al di là di ciò che emergerà via via che i dati sulle vaccinazioni di massa correggeranno quanto si è trovato durante le sperimentazioni cliniche.

 

Tuttavia, i vaccini potrebbero non essere sufficienti. Immaginiamo il seguente scenario: supponiamo che un vaccino abbia la capacità di evitare il 99 per cento delle ospedalizzazioni fra i soggetti trattati. In questa ipotesi, vi sarà un 1 per cento di non-responder – cioè di soggetti che, vista la definizione di efficacia appena data nonostante siano vaccinati, una volta esposti al virus si ammaleranno e finiranno in ospedale (attenzione! Non è la stessa misura di efficacia dei trial, che indica la differenza percentuale di ripartizione dei casi tra placebo e vaccinati, ma è la percentuale di incidenza nei vaccinati).

 

Se il virus dovesse continuare a circolare a livelli elevati – cioè se la capacità del vaccino di bloccare non solo la malattia, ma anche la trasmissione fosse limitata – questo 1 per cento rischierebbe di essere esposto al virus. Con un Rt pari a circa 2.5, per esempio, anche una capacità di bloccare la trasmissibilità pari al 50 per cento non sarebbe sufficiente a raggiungere l’immunità di gregge vaccinando il 100 per cento della popolazione, perché avremmo oltre ai non-responder clinici anche e soprattutto il 50 per cento di soggetti in grado di trasmettere l’infezione, nonostante siano vaccinati e in maggioranza non mostrino sintomi di rilievo. Questi ultimi finirebbero per contagiare l’1 per cento di non-responder clinici, che finirebbero tutti in ospedale (per definizione). Su 60 milioni di abitanti, se fossero tutti vaccinati, questo significherebbe 600.000 persone ricoverate.

 

Non basta: poiché, in realtà saremo per molto tempo lontani dall’aver vaccinato il 100 per cento della popolazione e il numero di ospedalizzati in presenza di nuove ondate epidemiche non controllate sarà ancora più alto. La velocità a cui si presenteranno in ospedale dipende da Rt; il quale, a sua volta, dipende dal numero di soggetti che rimangono ancora suscettibili di infezione nonostante il vaccino.

   

Noi oggi non sappiamo quale sia quel numero; se non fosse abbattuto a sufficienza dai vaccini, è chiaro che una terapia farmacologica efficace, in attesa di ottenere il massimo possibile dalla profilassi, diventa un obiettivo prioritario per la ricerca clinica. Allo stesso tempo, questa attuale ignoranza e il fatto che rimedi farmacologici davvero efficaci non siano ancora pronti impongono prudenza nell’abbandono immediato di ogni misura non farmacologica da parte dei vaccinati. 

 

Determinare con sicurezza la trasmissibilità del virus fra i vaccinati, e allo stesso tempo coltivare la ricerca farmacologica per rimedi da affiancare alla profilassi, sembrano a questo punto obiettivi cui dedicarsi con la stessa dedizione riservata al raggiungimento dello splendido traguardo vaccinale.
 

Di più su questi argomenti: