Un'illustrazione di Kepler-1649c (immagine Nasa/Ames Research Center/Daniel Rutter)

Chiusi nelle nostre case non ci resta che sperare nella “nuova Terra”

Paolo Galati

La Nasa annuncia la scoperta di Kepler-1649c, si tratta dell'esopianeta più simile al nostro “per dimensioni e temperatura media” 

Per tentare di rispondere alla fatidica domanda “siamo soli nell’universo?”, nel marzo del 2009 la Nasa ha lanciato la missione Kepler alla ricerca di possibili “pianetini blu”. Il pianetino blu – in gergo “earth-like planet” – per essere tale si deve trovare nella zona abitabile: la fascia di abitabilità di un pianeta è la distanza da una stella per cui le condizioni climatiche permettono (o quasi) la presenza di acqua allo stato liquido. Certo che ne abbiamo visti di film di fantascienza quindi lo sappiamo tutti che il concetto di abitabilità è molto più vasto, ma tra i fattori principali pensate alla temperatura, la presenza di vegetazione, l’atmosfera e la forza di gravità sul pianeta. Dagli anni ’70 la fascia di abitabilità viene identificata con il nome “zona riccioli d’oro” come geniale metafora della famosa fiaba in cui la protagonista sceglie sempre la via di mezzo.

 

Alla ricerca di riccioli d’oro, il telescopio Kepler con una risoluzione da 95 megapixel ha scoperto quasi 4.000 pianeti extrasolari osservando sempre la stessa porzione di cielo e lo stesso numero di stelle: 150.000. Con un metodo semplice, almeno sulla carta: quando un pianeta passa davanti alla stella cui è legato gravitazionalmente allora si può misurare indirettamente la sua presenza attraverso piccolissime variazioni nella luminosità tipica della stella.

Per identificare un’esopianeta ci vuole la strumentazione adatta e molto tempo a disposizione. Capite bene che l’esopianeta deve necessariamente attraversare il disco luminoso della stella rispetto a noi osservatori terrestri altrimenti – per usare un’analogia – non potremmo vedere un moscerino che cammina sugli abbaglianti di un auto. Nel 2014 arrivò il primo successo di Kepler con l’identificazione di un possibile pianeta candidato ad essere un pianeta con condizioni sufficientemente “simili” a quelle terrestri.

Ma – prima o poi – la pensione arriva per tutti e infatti proprio due anni fa Kepler è andato in pensione lasciandoci in eredità una mole incredibile di dati ancora da analizzare e rianalizzare.

 

Ed è proprio da dati rianalizzati che è stata annunciata pochi giorni fa l’incredibile scoperta del pianeta Kepler-1649c distante 300 anni luce da noi. Il comunicato stampa della Nasa dice letteralmente: “Non era mai stato trovato un pianeta così simile alla Terra per dimensioni e temperatura media”. Orbita attorno a una nana rossa e riceve dalla sua stella circa il 75% della luce rispetto a quanto riceviamo noi dal nostro sole. L’orbita di Kepler-1649c è molto vicina alla sua stella e infatti impiega solo 19 giorni terrestri per compiere il moto di rivoluzione. Un anno su Kepler-1649c non sarebbe sufficiente per un campionato di calcio ma guardiamo il lato positivo: per raggiungere i 40 anni di contributi sarebbero sufficienti circa 750 giorni lavorativi.

 

Pur avendo un nome adatto ai racconti di Tolkien, le nane rosse sono le stelle più fredde e più piccole tra le tante tipologie di stelle che popolano la nostra Galassia ma tra le più comuni: questo significa un piccolo cambiamento di programma rispetto a quanto si credeva in passato. Per la nostra Galassia, statisticamente, si calcola che debba esistere almeno un pianeta per stella, e che in media ogni cinque stelle come il nostro Sole ci sia almeno un esopianeta con caratteristiche molto simili a quelle terrestri: probabilmente – d’ora in poi – la statistica si dovrà spostare verso le stelle nane rosse. Ma siamo nel 2020, un anno che ricorderemo e non potevo mancare col darvi una notizia negativa sulle nane rosse: spesso le nane rosse attraverso delle “fiammate solari” raddoppiano in pochi minuti la loro luminosità. Un pianeta nelle vicinanze sarebbe investito da un flash catastrofico che potrebbe non lasciare scampo. Ok scusate, stavo pensando a una serie tv.

 

C’è molta fibrillazione tra gli scienziati che hanno definito “intrigante” il nuovo esopianeta, un altro piccolo passo di speranza verso l’identificazione di una seconda Terra che sta aspettando solo di essere scovata. Dal lancio della sonda Kepler, costata circa mezzo miliardo di dollari, stiamo vivendo una nuova fase dell’esplorazione spaziale.

Mi si obietterà che in questo momento nelle varie vicende terrene sono altri i problemi che ci stanno opprimendo e che andrebbero risolti. Ma non è proprio alla fine dell’Inferno che Dante si lascia andare a uno dei versi più celebri dell’intera Divina Commedia? In quel “e quindi uscimmo a riveder le stelle” c’è tutta la speranza dell’umanità che tenta di superare il dramma esistenziale di ogni giorno.

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