Nazareno Strampelli, il genetista che piantava i semi dell'innovazione

Luciano Capone
150 anni fa nasceva il creatore delle sementi elette. Prima di lui le piante di frumento erano alte circa un metro e mezzo e la cosa comportava notevoli problemi. Strampelli è il primo a fare ibridazioni per abbassare la statura del grano. Fu osteggiato da chi riteneva che meglio dell’ibridazione fosse la lenta selezione che avviene con i tempi della natura.

Roma. Chissà cosa penserebbe oggi Nazareno Strampelli vedendo nei negozietti bio i pacchi di pasta gourmet fatti con il “grano antico Senatore Cappelli”. Perché il Cappelli, come tante altre varietà di frumento da lui inventate un centinaio di anni fa, all’epoca veniva osteggiato dai difensori dei “veri grani antichi”. Domenica è stato il 150esimo anniversario della nascita di Nazareno Strampelli, l’agronomo e genetista marchigiano che ha rivoluzionato l’agricoltura italiana e in una certa misura anche mondiale. “Paradossalmente si parla di Strampelli per questa moda dei grani antichi – dice al Foglio Sergio Salvi, ricercatore di genetica vegetale e biografo dello scienziato – ma oltre al grano Cappelli ha creato una novantina di varietà e quasi nessuno sa che l’importanza principale del suo lavoro è quella di avere introdotto delle innovazioni nel grano tenero che sono diventate tradizione”.

 

Nella scena finale del Gladiatore, quando Russell Crowe immagina di tornare casa, attraversa un campo di grano e passa la mano su una grande innovazione di Strampelli. Nella realtà il gladiatore Massimo Decimo Meridio avrebbe dovuto alzare le braccia per accarezzare le spighe di grano, perché prima di Strampelli le piante di frumento erano alte circa un metro e mezzo e la cosa comportava notevoli problemi, come l’allettamento, ovvero il ripiegamento a terra delle piante per il vento e la conseguente perdita di raccolto. “Strampelli è il primo a fare ibridazioni per abbassare la statura del grano – spiega Salvi – e lo fa attraverso un’intuizione difficile per i tempi: a partire dal 1904 fa arrivare a Rieti varietà di frumento da tutto il mondo, Europa, nord Africa, medio oriente ed estremo oriente, per trovare in questi grani caratteristiche adatte per l’incrocio”. Può sembrare una cosa banale, ma all’epoca il miglioramento genetico era un’intuizione innovativa e per questo anche osteggiata da chi riteneva che meglio dell’ibridazione fosse la lenta selezione che avviene con i tempi della natura. Una posizione che ricalca gli attuali argomenti utilizzati contro gli Organismi geneticamente modificati (Ogm).

 


Una scena de "Il gladiatore"


 

Strampelli inizia a sperimentare e a incrociare le sue collezioni, anche grazie all’aiuto della moglie Carlotta Parisani, che effettua manualmente le ibridazioni e a cui  lo scienziato dedicherà una cultivar, il grano Carlotta. L’obiettivo del genetista marchigiano è quello di risolvere tre principali problemi del grano: la ruggine causata dai funghi, l’allettamento dall’altezza del fusto e la siccità. Si impegna quindi a creare varietà resistenti, più basse e con un ciclo vegetativo che anticipa la maturazione. Alla fine riesce in tutto, ad esempio incrociando le varietà italiane con il  giapponese Akakomugi, un grano rosso con una scarsa resa, ma precoce e dalla statura molto bassa. Strampelli intuisce che quelle caratteristiche non derivano da condizioni fisiologiche, ma sono genetiche. Le sue idee non vengono ben accolte, viene addirittura espulso dalla società di produttori di grano che ha fondato a Rieti da chi è legato ai metodi tradizionali: “Non si accetava che facesse queste creazioni con l’ibridazione, che oggi è una banalità, rispetto alla tradizione per selezione – dice Salvi – Se ci pensiamo oggi accade lo stesso con il rigetto degli Ogm. Molti utilizzano Strampelli come emblema del biologico, ma sono convinto che lui che ha sempre puntato sull’innovazione oggi sarebbe un biotecnologo”.

 

 

 

Le “sementi elette” di Strampelli mostrano rese 3-4 volte superiori rispetto ai grani tradizionali, dai circa 10 quintali per ettaro ai 40 e nel ‘34 una varietà supera i 70 quintali, un record che fa il giro del mondo. Così si diffondono in pochi anni in tutta Italia, sostituendo i grani tradizionali, diventano l’elemento essenziale della “battaglia del grano” di Mussolini e molto probabilmente evitano alla popolazione italiana le carestie che colpiscono altri paesi durante la guerra. Queste varietà vengono esportate in tutto il mondo, dall’Unione Sovietica alla Cina, dall’Australia all’Africa fino alle Americhe. E proprio da qui i semi di Strampelli produrranno nuovi incredibili frutti, grazie al lavoro dell’agronomo statunitense Norman Borlaug, padre della Rivoluzione Verde e premio Nobel per la pace per aver salvato centinaia di milioni di vite con le sue scoperte: “Negli anni Sessanta Borlaug opera in Messico per cercare di aumentare la resa con i suoi metodi che poi saranno un successo in tutto il mondo – dice Slavi – Nei suoi diversi incroci Borlaug ottiene i miglioramenti desiderati grazie al Mentana, una varietà inventata ed esportata da Strampelli diversi anni prima. Con le scoperte di Borlaug il Messico, che prima importava il 50 per cento di grano, nel giro di 10 anni diventa esportatore”. Dopo il Messico, Borlaug salvò l’India da una cronica carestia e anche in quel caso, come 50 anni prima con Strampelli e oggi con gli Ogm, le sue innovazioni vennero osteggiate e boicottate dai tutori della tradizione.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali