Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Cattivi scienziati

Il problema dei No vax è politico più che sanitario. Qualche dato

Enrico Bucci

La John Hopkins University ha elaborato un "termometro pandemico" per monitorare di continuo le opinioni dei cittadini sui vaccini

Ogni tanto, qualcuno si fa domande sui “fondamentali” della pandemia in Italia, sia con riguardo all’andamento della campagna vaccinale sia, più in generale, sulla percezione e sulle attitudini degli italiani sia nei confronti dei vaccini, sia dello stesso virus. Non solo è importante conoscere i dati epidemiologici – infetti, ricoverati, morti e così via – ma, per valutare in tempo reale l’efficacia di ciò che si sta facendo, sarebbe bene avere dati anche su altri aspetti che riguardano la percezione dei cittadini circa ciò che si sta facendo e gli eventuali ostacoli che sono all’orizzonte. Servirebbe un “termometro pandemico”, per non procedere alla cieca; e proprio per questa ragione, la John Hopkins University, insieme a diverse altre istituzioni, ha messo in piedi un progetto di monitoraggio continuo delle opinioni dei cittadini in decine di nazioni del mondo, per aiutare i decisori politici di quelle nazioni a misurare diversi importanti parametri di efficacia dell’azione di politica sanitaria intrapresa.

 

I dati, anche per il nostro paese, sono disponibili e meritano qualche commento. Per il mese di settembre (ultimi dati disponibili), si sono raccolte informazioni da 119.189 italiani; un campione abbastanza significativo per ricavare informazioni solide anche a livello regionale, fatta eccezione per alcune piccole regioni come il Molise, per le quali il campione è troppo piccolo. Alla fine di settembre, in Italia poco più di 45 milioni di individui avevano ricevuto almeno una dose di vaccino; una quindicina di milioni circa, non aveva ricevuta nessuna dose, di cui circa 9 milioni per non raggiunti limiti di età. Il primo dato interessante che ricaviamo dal report della John Hopkins è che circa un quarto dei restanti 6 milioni dichiarava che si sarebbe vaccinato; questo significa che a settembre 1,5 milioni di cittadini non vaccinati volevano vaccinarsi. Siccome dalla fine di settembre a oggi vi è stato un incremento di vaccinati con almeno una dose di circa un milione di italiani, questo implica che almeno mezzo milione di italiani vorrebbe ancora vaccinarsi, ma non è stato vaccinato. Fra coloro che a settembre volevano vaccinarsi, ma non lo avevano ancora fatto, il 9 per cento voleva un vaccino diverso da quello proposto; ma vi era anche un 6 per cento che non era in grado di raggiungere il sito vaccinale e un 7 per cento che dichiarava di essere privo dell’appuntamento, oltre a un altro 7 per cento che dichiarava di avere difficoltà con telefono o sito web nella prenotazione. Questi numeri indicano la strada per recuperare un po’ di persone alla vaccinazione.

Per i restanti 4,5 milioni che a settembre si dichiaravano esitanti o decisamente contrari al vaccino, quasi il 60 per cento dichiarava di avere paura degli effetti collaterali, e quasi il 40 per cento di volere attendere e valutare la sicurezza dei vaccini; la paura pare che sia il driver maggiore dell’esitazione. Anche questo dovrebbe fornire un’indicazione chiara su come recuperare al vaccino altri italiani attraverso opportune campagne comunicative; e i dati ci dicono che queste dovrebbero partire da medici e ricercatori, dato che rappresentano la fonte in cui il 62 per cento degli intervistati dichiara di credere, seguita da Oms e dagli operatori sanitari del posto in cui si vive. Fra questi ultimi, il 96 per cento del campione era vaccinato, e fra il 4 per cento di non vaccinati solo il 17 per cento dichiarava di essere esitante o di non volersi vaccinare; dunque i No vax in camice sono una sparuta minoranza, ed è più che mai giustificato il loro allontanamento dal lavoro, visto che possono non solo contagiare i malati, ma soprattutto hanno presa sul pubblico per la fiducia a essi accordata.

Infine, a settembre l’81 per cento dei genitori nel campione studiato dichiarava di volere vaccinare i propri figli; il 19 per cento che rimane è una percentuale coerente con quella complessiva di esitanti nella popolazione italiana, così che, quando sarà il loro turno, i bambini non dovrebbero vedere limitato il loro accesso al vaccino in una percentuale tale da mettere a rischio l’immunità vaccinale della popolazione italiana nei confronti del virus. Insomma: esistono alcune precise aree di intervento per migliorare ancora il risultato della campagna vaccinale, e di queste si dovrà tenere conto. Tuttavia, non si può negare che il maggior problema costituito dalla sparuta minoranza No vax è politico, più che sanitario; e la forza di ricatto che talune organizzazioni No Vax possono avere, dipende soprattutto dal peso spropositato di certi gruppi di poche migliaia di persone che possono agire per creare problemi agli altri milioni di italiani vaccinati.
 

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