Foto: Timon Studler

Cattivi scienziati

Che cosa faremo quando arriverà la prossima pandemia

Enrico Bucci

Spunti per il futuro a un anno dalla (fallace) dichiarazione di morte clinica del Covid-19

Siamo a giugno, a un anno esatto dalla dichiarazione di morte clinica del Sars-CoV-2 e alla negazione da parte di illustri clinici e ricercatori della possibilità di una nuova ondata autunnale. Sappiamo come è andata a finire, e non è il caso di ritornarvi, se non per ricordare di far sempre la tara alle parole di coloro che hanno dato prova di ignorare la biologia di base, prima ancora che l’epidemiologia o la virologia.

 

Con la campagna vaccinale che, nel mondo più ricco, procede a pieno regime, è forse il momento di provare a guardare in avanti, non al futuro immediato, ma a quello di medio periodo. Fare previsioni su questa scala di tempo è un esercizio pericoloso, perché le affermazioni su quanto potrebbe accadere su tempi medio-lunghi non possono essere smentite o confermate se non a distanza di molto tempo, e sono quindi tipiche degli indovini e dei ciarlatani, più che degli scienziati; ed è per questo che quanto segue deve essere interpretato come un panorama possibile e con una probabilità di verificarsi che dipende da quanto abbiamo già acquisito e da quanto acquisiremo in seguito, dunque variabile nel tempo. In realtà, come ebbe a scrivere Bruno De Finetti nelle sue “Riflessioni sul futuro”, più che di una previsione di quanto riserva il futuro, forse dovremmo allargare lo sguardo al nostro atteggiamento verso il futuro. Con questi avvertimenti, ecco alcune considerazioni per la discussione.

 

Innanzitutto, dall’osservazione di come i cambiamenti di atteggiamento verso la cultura scientifica indotti dalla pandemia siano stati di brevissima durata, e siano stati oltretutto negativamente influenzati dallo stesso atteggiamento contraddittorio e a volte dilettantesco della comunità scientifica italiana, possiamo dedurne che i comportamenti che si osserveranno alla prossima pandemia non saranno diversi o migliori di quelli sin qui osservati. Saremo di nuovo impreparati, sia come cittadini che come istituzioni; e di nuovo reagiremo in ritardo, illudendoci di avere un controllo o di esorcizzare la prossima peste, sino a che non saremo costretti a farci i conti. Di nuovo avremo illustri clinici e scienziati che prima negheranno l’emergenza, poi cercheranno di minimizzarla, poi cominceranno a sfoggiare dichiarazioni altalenanti che seguiranno l’andamento epidemico, con l’esplosione di affermazioni balzane in fase epidemica calante. Di nuovo avremo cittadini “libertari” che decideranno di trasformare in lotta politica un’epidemia, come del resto fanno ogni volta che vi è l’occasione di contestare qualche decisione della pubblica amministrazione; e di nuovo, naturalmente, questi cittadini creeranno, cavalcheranno e diffonderanno le teorie più balzane, pur di confermare l’assunto di fondo – cioè che si stia tentando illegittimamente di limitare la libertà delle persone, in nome di interessi inconfessabili che essi stessi pretendono di aver smascherato.

 

In secondo luogo, è bene sapere che non solo altre epidemie arriveranno, ma che la frequenza a cui si trasformeranno in pandemie tenderà a crescere nel periodo medio-lungo, perché la probabilità di propagazione cresce di pari passo all’aumento della connessione tra popolazioni umane sempre più numerose, la quale a sua volta continua a crescere in maniera proporzionale alla diffusione del benessere, dei commerci, del turismo e dei trasporti. E’ una questione di semplice statistica: se immaginiamo che l’insorgere di una nuova pandemia sia paragonabile all’esito infausto di un tiro di dadi, noi stiamo tirando sempre più dadi, sempre più frequentemente; e per questo, le malattie infettive diventeranno parte del panorama del nostro futuro, almeno per quanto possiamo saperne oggi. Vogliamo tenerne conto? Certo, a parole lo vorremmo tutti; ma sappiamo bene che la prevenzione richiede investimenti e attenzione continua, e sia i costi, sia la stanchezza nei confronti dei “menagramo” rendono nel nostro paese una pia illusione l’idea che la prevenzione funzioni davvero. La tragedia del Mottarone rappresenta, alla fine, niente più che la manifestazione di una mentalità che riscontriamo da sempre, e che non credo muterà, a meno di uno sforzo di generazioni per cambiare la nostra educazione al rischio.

 

Infine, un terzo elemento, un po’ meno negativo: almeno nell’occasione presente, si è dimostrata una forza inaspettata del sistema delle imprese capitalistiche multinazionali, e anche di alcune istituzioni politiche, nel fornire molto rapidamente una soluzione efficace su scala molto ampia – quella di miliardi di dosi vaccinali. Certo, ci sono anche i vaccini di stato; ma oltre ad aver proceduto in maniera molto meno controllata e sicura (vedi Russia e Cina), la loro produzione manca delle strutture che solo la multinazionale del farmaco ha potuto provvedere per soddisfare (almeno in parte) una domanda da miliardi di dosi. In questo caso, visti gli enormi profitti realizzati dalle aziende farmaceutiche, è possibile che l’investimento privato su linee produttive, piattaforme e tecnologie atte a contrastare le nuove malattie infettive e ad affrontare le prossime pandemie continui; per cui, in nome del profitto – non dell’etica – può darsi che il sistema del mercato in cui viviamo immersi, pur con le spaventose disparità e ingiustizie che produce, potrebbe migliorare le nostre chance di cavarcela. E’ il caso, forse, di considerare questo punto, e di intavolare una trattativa meno frettolosa e più duratura di quella cui siamo stati costretti da questa pandemia, con l’Unione europea che ha commesso alcuni errori evitabili, e con molti stati che si sono presentati in ordine sparso.

 

In conclusione: ho scelto tre elementi di discussione che a me paiono rilevanti riguardo ciò che potrebbe attenderci in futuro, senza nessuna esaustività e senza la pretesa dei futurologi di una previsione dettagliata, ma al fine di cercare di comprendere se e come qualche atteggiamento generale può essere modificato e qualche iniziativa preventiva può essere presa. E’ una scommessa che faccio con i miei pochi lettori: nulla di quanto ho scritto servirà, nulla di quanto altri scriveranno nella stessa vena sarà utile, eccetto, forse, che per bloccare, in futuro, coloro che ancora parleranno di sorprendenti, imprevedibili e quindi inevitabili catastrofi.
 

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