(foto LaPresse)

Cattivi scienziati

Le giuste scorte anticontagio

Enrico Bucci

Record di nuovi positivi, ma con oltre 150 mila tamponi. Il virus non è più un’eccezione: ecco come prepararci

Che cosa abbiamo imparato durante otto mesi di Sars-CoV-2, dal punto di vista della dinamica dell’epidemia? Innanzitutto, abbiamo correttamente imparato che le voci di chi dichiarava finita l’epidemia entro l’estate, magari promettendo come in Israele che in ogni paese sarebbe durata poche decine di giorni, erano profondamente – e prevedibilmente – sbagliate, indipendentemente dall’autorità scientifica di cui godevano e godono ancora i sostenitori di queste idee. Eccetto imprevedibili casi eccezionali, i virus non spariscono in un anno, né mutano a sufficienza da cambiare le proprie caratteristiche in modo tale da ritirarsi con discrezione; al massimo, aumentano di solito l’infettività e la capacità di replicarsi, perché tutte le mutazioni che spingono in quel verso sono ovviamente favorite da semplici meccanismi darwiniani. Inoltre, abbiamo imparato che la variazione dei casi di infezione giornalieri, cioè la crescita o la decrescita delle famose ondate epidemiche, è estremamente variabile, perché è fortemente influenzata da una miriade di fattori (stocastici e caotici soprattutto quando si è a livelli bassi di casi), ma certamente influenzata fortemente dal nostro comportamento: è ormai evidenza palmare che in quei paesi in cui non si siano applicate misure di contenimento (non necessariamente e solo il lockdown), o si sia partiti con ritardo, si sono avute di solito le conseguenze peggiori.

 

Il caso degli Usa è esemplare: dal primo maggio in poi, le morti per milione di abitanti negli Stati Uniti sono fra le più alte al mondo, ben al di sopra anche di quei paesi colpiti fortemente dalla prima ondata, come l’Italia, e non accennano a diminuire in maniera decisa. Gli Usa, oltre ad avere avuto nella prima ondata un picco molto grave pur se localizzato, come tutti i paesi più colpiti, da allora in poi per ragioni che hanno a che vedere con scelte sbagliate, struttura del sistema sanitario, capacità di diagnosi e probabilmente ancora altro, dal primo maggio non riescono a far decrescere il loro tasso di morte giornaliero al di sotto di due morti per milione (almeno quattro volte di più dell’Italia oggi), il che significa che hanno accumulato un numero enorme di decessi (ben oltre duecentomila) senza che se ne veda la fine. Inoltre, dopo il primo picco, gli Stati Uniti hanno subìto una seconda ondata di casi (in molti stati peggiore della prima) ed è adesso iniziata una terza, quasi certamente favorita dal clima invernale che accresce la probabilità di assembramenti al chiuso. Siamo quindi ormai ben consapevoli del fatto che avremo per molto tempo ancora episodi di crescita e decrescita di diverse onde epidemiche, sia in Italia sia nel mondo. (segue a pagina tre) A questo dobbiamo essere ben preparati, perché il virus non è più un’eccezione, ma parte del paesaggio evolutivo in cui siamo immersi come specie. Per questo motivo, è indispensabile che anche in Italia non solo i cittadini, ma soprattutto le istituzioni si muovano a predisporre ciò che sappiamo essere indispensabile: diagnostica, dispositivi di sicurezza individuale, personale medico, e per finire scorte di quei rimedi per i quali ormai abbiamo discreta evidenza di efficacia e sicurezza in letteratura (Remdesivir, Desametasone e Tocilizumab). Non possiamo aspettare di dover trattare con i vari fornitori fra uno o due mesi, quando sarà tardi; siamo già in ritardo sul completamento del piano per le terapie intensive e non si sa se abbiamo medici e infermieri a sufficienza per fronteggiare quanto è davanti a noi, non solo in occasione di questa seconda ondata in arrivo, ma probabilmente per un po’ di tempo. Ce la possiamo ancora fare, ma davvero manca un minuto a mezzanotte: mentre gli italiani si chiedono se dovranno fare nuovamente scorte di lievito e farina, è ora che il governo e le istituzioni facciano le loro di scorte, perché non si dica poi che siamo stati travolti da un destino imprevedibile.

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