Roma Capoccia

Metro C e il nodo della stazione "baricentrica"

Gianluca De Rosa

Dopo la stazione Venezia la linea verde attraverserà il centro storico, ma senza fermarsi nei punti più affollati. Serve una variante

“E’ indubbio a tutti che la fermata della metro C di Chiesa Nuova è in un punto non attrattivo, ed è evidente che se la fermata potesse essere collocata in una posizione più centrale rispetto ai punti di attrazione del centro storico, verso il Senato o piazza Navona, sarebbe senz’altro meglio”. A parlare è l’assessore alla Mobilità di Roma Capitale Eugenio Patanè durante un incontro con associazioni e cittadini. L’argomento è importante. Si parla di metro C. La questione sta per diventare cruciale. A giorni inizierà la conferenza dei servizi che dovrà approvare il progetto definitivo della tratta T2. Fuori dai tecnicismi,  si tratta del tracciato che da piazza Venezia porterà la linea verde fino a piazzale Clodio, attraversando l’ansa barocca, il Tevere e passando per San Pietro. Nel 2021 il governo Draghi ha offerto alla capitale un primo stanziamento: 990 milioni per la stazione di piazza Venezia e per coprire una parte dei costi della tratta successiva. A questi fondi si sono aggiunti, con la prima legge di bilancio del governo Meloni, gli 2,1 miliardi fino al 2032, che consentiranno di portare la linea  fino alla Farnesina, completando così i tre obiettivi con cui a inizio anni 2000 era stata immaginata l’opera: collegare la parte est della città, quella più densamente popolosa, con il centro  affollato dai turisti e lavoratori, e l’area nord, ancora non servita da infrastrutture su ferro.

 

Ma se i fondi ci sono, uno degli obiettivi – servire capillarmente il centro storico – rischia di saltare. Per ragioni archeologiche – la presenza proprio sotto la chiesa di Sant’Andrea della Valle di un portico del I secolo dopo Cristo –, è stata cancellata dalla progettazione definitiva la stazione di largo Argentina, lasciando nell’ansa Barocca una sola fermata, quella di Chesa Nuova. In pratica, i treni passerebbero direttamente da piazza Venezia a Chiesa nuova per poi attraversare  il Tevere e raggiungere la fermata San Pietro. Troppo spazio, quasi 1,2 chilometri tra le due stazioni, e soprattutto nella parte più affollata del centro storico. Per questa ragione diverse associazioni chiedono una variante del progetto con una stazione “baricentrica”. Le ipotesi sono due, una di fronte all’altra ai due lati di corso Vittorio: piazza della Cancelleria o piazza San Pantaleo, proprio tra piazza Navona e campo dei fiori, in uno dei passaggi pedonali più affollati dell’intero centro. Questa proposta (con ipotesi progettuale vagliata anche da Roma Metropolitane) è stata accolta dal consigliere di Azione Francesco Carpano che nelle scorse settimane, in vista dell’inizio della conferenza dei servizi sul progetto definitivo della tratta, ha presentato una mozione che è stata approvata dall’Assemblea capitolina e che impegna il sindaco a mobilitare gli uffici del dipartimento mobilità “per ripristinare la stazione Argentina o per sviluppare una soluzione alternativa a quella oggi proposta per la stazione Chiesa Nuova in modo tale che la nuova stazione risulti più baricentrica rispetto alle attuali stazioni di San Pietro e di Piazza Venezia”. “La linea C – dice al Foglio il consigliere  – è un’occasione per recuperare il ritardo d’infrastrutture in centro, dove si concentrano gli spostamenti della città per lavoro, studio, svago. Ma, paradossalmente, l’evoluzione del progetto nel tempo ha fatto sì che l’unica stazione su corso Vittorio non sia centrata rispetto al grosso degli spostamenti. C’è, invece, un’esigenza sentitissima da tutti di avere un accesso migliore alla metro. Sono convinto della sensibilità del sindaco su questa questione, noi siamo pronti a dare il nostro supporto. D’altronde la linea C costerà alla fine oltre 6 miliardi e le metro sono opere che restano nel tempo – la prima, ancora in funzione, è stata fatta a Londra nel 1863, praticamente negli anni dell’unità d’Italia. Vale la pena per questo pensare bene al progetto”.

 


Sulla carta anche Gualtieri e Patanè preferirebbero questa soluzione. Ma in Campidoglio temono che un cambiamento della progettazione definitiva possa implicare ritardi o problemi con il contraente generale che, come il Campidoglio, ha fretta. L’obiettivo d’altronde è realizzare le tratte T2 e T1 (da Clodio a Farnesina) in contemporanea alla stazione Venezia (che per ragioni legate alla complessità dello scavo richiederà  10 anni). In modo di riuscire a inaugurare sul serio nei primi anni del 2030 l’intera tratta. “Per la fermata di Venezia  – spiegava sempre alcuni giorni fa l’assessore – lavoriamo già oggi fino alle 22.15, quando si arriverà in profondità si lavorerà fino all’una di notte, noi in parallelo vorremo realizzare sia la tratta T2, sia la tratta T1, per avere entro il 2032 tutte le stazioni, un cambio del genere  può essere un rischio”.

 


Del resto l’assenza di una rete metropolitana capillare rappresenta uno dei veri gap che divide Roma dalle altre capitali europee. Non a caso ieri il sindaco Gualtieri, insieme a Patanè, ha accolto in Campidoglio la presidente della Banca europea per gli investimenti, Nadia Calvino, per chiedere una consulenza sul mix finanziario ottimale da utilizzare per trovare gli 8,5 miliardi che consentirebbero a Roma il prolungamento della C a Grottarossa, le due diramazioni della A dopo Battistini a Monte Mario e Monte Spaccato, il prolungamento della B da Rebibbia a Casal Monastero e la realizzazione della linea D.