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Roma capoccia

Il volto del male in mostra: arriva a Roma la Serial Killer Exhibition

Andrea Venanzoni

La più accurata e inquietante raccolta di materiali, armi del delitto e manufatti riconducibili a veri serial killer di ogni epoca storica è a Rocca Colonna. Da Dahmer a Ted Bundy fino al Mostro di Firenze

Il profilo della Rocca si staglia, imponente, contro un cielo rosso sangue che va lentamente screziandosi di tenebra. Guardandolo dal basso, conferisce al tempo stesso un senso di profonda austerità e di inquietudine. I lineamenti squadrati, simbolo evidente di una stratificazione di stili diversi avvenuta nel corso del tempo. Rocca Colonna, così è conosciuta la residenza dei Colonna a Castelnuovo di Porto, bastione alle porte settentrionali della città, anche se il suo nome istituzionale è Palazzo Ducale. Fu residenza e castelletto difensivo in epoca medievale, acquartieramento di militari e poi, nel XIX secolo, prefettura e soprattutto carcere mandamentale. E proprio questo aspetto, l’idea di un ventre marmoreo e tufaceo intessuto della fantasmatica memoria di passate reclusioni e delle relative, insondabili sofferenze è il valore aggiunto della mostra ospitata nelle aule del castello, la Serial Killer Exhibition.


Quale sia il tema, è abbastanza evidente sin dal titolo. Inaugurata a fine 2023, dopo il successo milanese, e prorogata qui a Roma fino a febbraio 2024, l’esibizione è la storicamente più accurata, ricca e inquietante raccolta di materiali, armi del delitto, manufatti riconducibili a veri serial killer, di ogni latitudine e di ogni epoca storica. La locandina, assai esplicita, è ornata con il ritratto di Ted Bundy, uno dei più enigmatici e brutali serial killer americani, brillante, intelligente e al tempo stesso spietato assassino di collegiali, dedito a inesprimibili perversioni. Di Bundy è messo in mostra sotto teca il kit di aggressione che utilizzava per realizzare le sue scorribande omicide. Una retrospettiva che mostra alla luce del sole, o alle fauci d’inferno di una notte senza fondo, le gesta di Dahmer, del Cannibale di Rotenburg, del Mostro di Firenze, di Sutcliffe, squartatore dello Yorkshire assurto a qualche celebrità nella scena musicale elettronica estrema perché a lui si ispirarono i Sutcliffe Jugend, di Issei Sagawa, lo studente giapponese cannibale che a Parigi uccise e assaggiò una sua compagna di studi di origini olandesi. Questi sono solo alcuni tra i nomi.


Milleduecento metri quadrati, un intero girone infernale, centinaia di reperti originali provenienti dalle collezioni di cinquanta collezionisti, in una opera organica e non semplice di coordinamento. C’è anche la possibilità, offerta dall’alta tecnologia, di esplorare scene del crimine ricostruite con analitica dovizia grazie alla realtà virtuale. Non un passatempo per deboli di stomaco, ma di certo ed è cosa nota la cronaca nera e soprattutto la figura quasi archetipica del serial killer da anni ormai costituiscono svago, esatto, svago, per letture anche di casalinghe e rispettabilissimi impiegati. A testimoniarlo, il grande successo dell’esibizione. Decentrata rispetto l’estensione di Roma, ma inevitabile per le citate motivazioni logistiche. D’altronde nella stessa città di Milano, lo spazio d’esibizione risultava decentrato. Se si vuole scorgere una nota di riflessione in chiaroscuro, c’è da rilevare come un evento di tale portata, sia per dimensione che per successo e peculiarità, avrebbe meritato ben altra copertura e soprattutto avrebbe potuto rappresentare un effetto leva per una riflessione sul tessuto espositivo e organizzativo capitolino.


In questo senso non è un mistero che Roma, dal punto di vista di gallerie meno allineate a stili e modalità espressive assai overground, si sia nel corso degli anni desertificata. Caso doloroso la chiusura di quella che è stata la prima, in termini storici, galleria ad aver organizzato una mostra di dipinti e disegni realizzati da serial killer, la Mondo Bizzarro di via Reggio Emilia. Nata a Bologna, dove quella mostra si tenne, si era poi trasferita a Roma inondando il ventre capitolino di erotismo, surrealismo pop, atmosfere gotiche, con epocali vernissage assai ben frequentati da intellettuali, viveur, alti dirigenti del servizio pubblico. Chiusa. Come chiusi molti suoi epigoni. Uccisi, da quel serial killer silenzioso che a volte sa essere Roma.

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