Foto di Babak Habibi, via Unsplash 

Roma Capoccia

Il Mons Gaudii che incantava i pellegrini svelando San Pietro

Andrea Venanzoni

Per il Giubileo del 2025 interventi strutturali su Monte Mario, un quartiere che ispirò gli intellettuali di tutta Europa: La bellezza del luogo abbacinò anche il grande poeta Chautebriand, che lo percorse di notte, sotto un plenilunio madreperlaceo

Ancora oggi, nonostante la disurbanizzazione caotica e l’incuria che ha trasformato il verde in un conglomerato opaco, capace di oscurare in diversi punti lo sguardo, in quell’ultimo tratto che si apre come una ferita di pura bellezza, scavalcando una curva e sullo stretto camminamento cinto da un corrimano in legno, è possibile ammirare la maestosa bellezza della Cupola di San Pietro.


Ti si staglia davanti, d’improvviso, come una salvifica visione, dopo centinaia di chilometri percorsi a piedi sulla Via Francigena, alla ricerca di quel perdono e di quella beata illuminazione che nel medioevo mosse migliaia di pellegrini, e che ancora oggi in realtà suscita emozione.

 

Siamo a Monte Mario, conosciuto come Monte della Gioia, il Mons Gaudii, appunto, e tale era l’esclamazione del pellegrino che stremato e coperto di polvere, si fermava ad ammirare la bellezza sacrale di San Pietro, comparsa d’improvviso ai suoi occhi velati dalla stanchezza.
L’ultimo tratto della Via Francigena che si immerge nel tessuto urbano di Roma coincide con la Via Trionfale, proprio nel punto che, alla Giustiniana, finisce per divaricarsi dalla Cassia: e proprio questa doppia possibilità, discendere verso il cuore della città prendendo la Trionfale o la Cassia, esclusa dai più accorti tra i devoti, posto che il tratto terminale si inondava assai spesso a causa delle esondazioni del fiume Tevere.

 

L’importanza storica, simbolica e religiosa del cammino non è sfuggita all’attuale ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, che nell’insieme più generale della piena valorizzazione del turismo lento e dei cammini, ha promesso alcune settimane fa degli interventi strutturali per riportare Monte Mario alla sua radice più preziosa di Monte della Gioia, in previsione del Giubileo del 2025.
Ed è su questa direttrice che si stagliava l’oratorio della Santa Croce, risalente al 1350 e andato poi incontro a rovina e stravolgimenti a causa della costruzione di un forte da parte del genio militare a fine ottocento, e di cui oggi è visibile solo una parte della sacrestia.

 

I pellegrini, alla vista estatica della bellezza romana aperta ai loro piedi, finalmente raggiunta dopo giorni di peripezie, intonavano l’inno ‘O Roma nobilis’.
Sul Monte della Gioia, nella epopea del viaggio in Italia e del Grand Tour, vennero a cogliere ispirazione alcuni tra i più celebri artisti, letterati, musicisti e filosofi del XVIII e del XIX secolo.
Ricorda Goethe, nel suo Viaggio in Italia, come la lussureggiante e peculiare vegetazione del Monte abbia in lui risvegliato un prima sopito spirito da entomologo e da botanico: le sue memorie di viaggio sono infatti percorse da una lunga reminiscenza, colma di sguardo scientifico e catalogatore che si appunta sui più minuti particolari del luogo.

 

La bellezza liturgica e naturalistica del luogo abbacinò anche il grande poeta Chautebriand, che come rammenta nel suo Voyage en Italie percorse di notte, sotto un plenilunio madreperlaceo, il cammino, rimanendo abbagliato dall’aura ieratica del luogo. 
Così fu pure per Franz Listz che, in uno dei momenti più tragici e dolorosi della sua vita, si ritirò per alcuni anni nella Chiesa della Madonna del Rosario, a Monte Mario, e qui, faticosamente, trovò la pace.

 

E a proposito di interventi per la valorizzazione del luogo, ciò sembrava esser già chiaro nell’ottocento quando, appreso che i proprietari della tenuta Mellini avrebbero voluto tagliare ed eradicare un maestoso pino secolare che svettava proprio sulla sommità della Via Francigena il benemerito mecenate inglese Sir George Howland Beaumont, nel 1822, offrì una forte somma di denaro per ‘adottare’ e salvare l’albero.
Il gesto ebbe vasta eco mondiale e ispirò, quindici anni dopo, a William Wordsworth il commosso sonetto romantico The Pine of Monte Mario at Rome, una delle più intense celebrazioni liriche della bellezza del camminamento e della sua vista aperta a grandangolo sulla maestà di Roma.

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