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A cosa può portare l'inchiesta del Vaticano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi?

Matteo Matzuzzi

A chiedere l’apertura di un’indagine era stata la famiglia, che solo poche settimane fa aveva indicato una tomba del Cimitero teutonico come possibile sepolcro

"Dopo 35 anni il Vaticano finalmente indaga ufficialmente sulla scomparsa di mia sorella. Speriamo che sia arrivato finalmente il momento per giungere alla verità e dare giustizia a Emanuela”. Pietro Orlandi annuncia che la Segreteria di stato della Santa Sede ha ordinato un’inchiesta interna per tentare di far luce sulla scomparsa di sua sorella, avvenuta nel giugno del 1983. A chiedere l’apertura di un’indagine era stata (più volte) la famiglia, che solo poche settimane fa aveva indicato una tomba del Cimitero teutonico come possibile sepolcro di Emanuela Orlandi. A insospettire, in particolare, vi è il fatto che da anni fiori freschi siano posati sulla tomba e che una lettera recapitata diversi mesi fa indichi proprio quello come il luogo di sepoltura: “Cercate dove indica l’angelo”. Sembra la trama di un romanzo di Dan Brown, invece è la realtà.

 

Va detto che in più di trent’anni di mistero sono state diverse le segnalazioni, da chi indicava la ragazza viva e ricoverata a Londra, a chi fin dall’inizio parlò di una fine terribile. Il tutto condito da telefonate anonime, lettere cifrate, depistaggi e documenti falsi infilati nelle tasche di qualche giornalista. L’anno scorso la speranza di fare luce sul caso si ebbe allorché sotto al pavimento della nunziatura italiana furono ritrovati due scheletri. All’inizio si disse che erano di due donne –  e i giornali titolarono sul “mistero Orlandi” –  poi i riscontri scientifici stabilirono che si trattava di resti dei primi secoli dopo Cristo. Appartenenti a due uomini.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.