Roberta Lombardi (foto LaPresse)

Il Lazio, la regione Cassandra

Marianna Rizzini

Presagi di sventura sui patti che non tengono mentre i partiti salgono al Colle

Roma. E’ il giorno in cui il labirinto periferico della regione Lazio diventa anticamera di tutte le inquietudini. Dentro, infatti, si insedia il Consiglio appena eletto. Fuori, al Quirinale, iniziano le consultazioni. Le due cose si tengono più di quanto si pensasse alla vigilia, anche se la situazione nel Lazio – con il Pd vincente (sebbene non del tutto: Nicola Zingaretti è presidente ma senza maggioranza) e con i Cinque stelle non trionfanti – è opposta a quella nazionale. Succede insomma, sul piano laziale, quello che si teme accada a giorni fuori dal Quirinale: i patti non tengono. Si consuma cioè un piccolo pasticciaccio incrociato, mentre l’ex candidato alla presidenza della regione Sergio Pirozzi, indipendente di centrodestra, siede da solo – unico senza giacca, tormentandosi il velo di barba sul mento – e mentre l’ex candidata presidente a Cinque stelle Roberta Lombardi parla sottovoce con i suoi neoeletti (non con tutti, si vedrà poi), staccandosi proprio per salutare Pirozzi, con cui nessuno, nel centrodestra, sembra voler confabulare.

 

Ma il pasticciaccio non s’annuncia all’inizio, quando viene rieletto presidente del Consiglio regionale il dem (di Areadem) Daniele Leodori, con 29 voti, cioè 5 in più dei 24 consiglieri pd (“Forza Italia ha fatto arrivare un segnale?”, si domandano gli astanti). Si svela piano piano. Tra i vicepresidenti, infatti, oltre al cinque stelle Devid Porrello, non viene eletto per il centrodestra colui che veniva dato per vincente, e cioè Giuseppe “Pino” Simeone, forzista di area Tajani, ma Adriano Palozzi, forzista di area Gasparri e di nerboruto aspetto. Ed ecco che il presunto “segnale” mandato da Forza Italia al Pd si rivela inutile, vista la spaccatura a destra, o non così ricambiato. Intanto si consuma il parallelo, piccolo dramma nei Cinque stelle, presidiati plasticamente da Lombardi e dal neoconsigliere Marco Cacciatore (anche detto “il Dibba della Pisana” per via del capello spettinato e dell’abito décontracté, con camicia fuori dai pantaloni).

 

Succede che la consigliera m5s Valentina Corrado – non eletta segretaria d’Aula – dica a caldo che Lombardi è stata “divisiva” (Lombardi a caldo non commenta). Ma anche il Pd ha un problema: crea qualche malumore l’elezione a segretaria d’Aula di Michela Di Biase, già consigliera comunale a Roma ed esponente di Area Dem come Leodori (nonché moglie di Dario Franceschini). E se a Zingaretti arriva una buona notizia, il via libera dell’Enea per la realizzazione a Frascati di un grande centro per la ricerca sull’energia nucleare pulita, l’altra partita nazionale, quella per la segreteria pd cui Zingaretti è candidato, incombe: sabato Matteo Richetti, renziano “diverso”, lancia a Roma la sua “grande iniziativa”, per molti prodromo di una candidatura a segretario.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.