Foto LaPresse

L'Opa di Zingaretti

Marianna Rizzini

Il governatore vuole esportare il “modello Lazio” (mentre tanti scendono dal carro renziano)

Roma. Che partita parallela sta giocando il governatore pd del Lazio Nicola Zingaretti, mentre il Pd nazionale si dibatte (e si divide) attorno all’ipotesi di “intesa cordiale” con i Cinque stelle? E’ noto infatti che Zingaretti, vincitore in regione e, in quanto tale, eccezione alla generale débâcle della sinistra (pur non disponendo dei numeri che permettano l’autarchia), si è candidato alla segreteria in vista di un ancora non vicinissimo congresso. In quest’ottica, mentre il presidente della Camera Roberto Fico riceveva l’incarico dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Zingaretti lanciava per il 5 maggio all’Ex Dogana di Roma un’iniziativa per proiettare nel futuro “l’alleanza del fare”.

  

Parole d’ordine: “Governare bene, radicare il cambiamento” e “allargare” il campo del centrosinistra ai sindaci e alle realtà civiche. “La vittoria alle regionali del Lazio può rappresentare un punto fermo da cui ripartire? Per me sì, perché questo risultato in controtendenza dimostra che siamo vivi, forti e vitali. Lo dicono i numeri: 340 mila elettori che avevano scelto altre forze politiche al voto nazionale, poi nello stesso momento hanno scelto il centrosinistra nel Lazio”, ha scritto Zingaretti su Facebook, parlando del Lazio ma guardando oltre, tanto più che, partendo proprio dalla “sua” regione, come ha detto ieri intervistato dal Messaggero, con i Cinque stelle “è possibile un’intesa se si ragiona su temi concreti”. Nel Lazio, ha detto il governatore, il M5s e il Pd stanno “provando a fare un pezzo di strada insieme, anche con il centrodestra”.

  

E dal Lazio il governatore dice cose che risuonano tra i Palazzi, per giunta nei giorni in cui si apprende che la procura di Roma chiederà di archiviare la sua posizione nell’inchiesta “Mafia Capitale” (l’accusa era di falsa testimonianza): “La posizione iniziale del Pd di dichiararsi all’opposizione è servita a fare chiarezza e a spingere gli altri a uscire allo scoperto. Ma ora la situazione è in evoluzione e questo va valutato”, dice. E sono parole non neutre, queste, nel momento in cui, sul piano nazionale, la posizione possibilista verso i Cinque stelle del reggente pd Maurizio Martina e del ministro della Cultura Dario Franceschini (con Matteo Renzi contrario) è stata per così dire sposata anche dall’ex sindaco di Torino Piero Fassino (“gli insulti del passato? Dobbiamo fare un governo, non una retrospettiva”) e dal ministro della PA Marianna Madia (“Piena condivisione delle parole di Martina”). Così Zingaretti loda l’ex avversaria a Cinque stelle Roberta Lombardi, invita i compagni a “vedere le carte” (come Lombardi) e si pone in modo felpato come calamita per ex renziani, renziani scontenti, diversamente renziani. Il “modello Lazio” non può attendere?

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.