Alcuni migranti della nave Diciotti accolti da casa Suraya di Caritas Ambrosiana a Milano (Foto LaPresse)

La disobbedienza civile della Caritas ambrosiana

Maurizio Crippa

La scelta dell'organismo della Cei (con posizionamento pubblico) di non aderire al decreto sicurezza

La Caritas ambrosiana come Leoluca Orlando? Piano coi paragoni, ma il comunicato ufficiale di qualche giorno fa firmato da Luciano Gualzetti, direttore della Caritas ambrosiana e delegato per le Caritas della Lombardia, segna un passo avanti per il posizionamento nel dibattito pubblico degli organismi caritatevoli cattolici (dipendono dalle diocesi, anche se giuridicamente autonomi), non nuovi a prese di posizione anche critiche nei confronti delle politiche sociali dei vari governi, ma solitamente ancorati al low profile e allo spirito di collaborazione con le amministrazioni (il “buon vicinato” molto caro all’arcivescovo Mario Delpini).

 

Ora invece – in linea con l’attivismo sui temi socio-migratori che da tempo anima parte della chiesa – prendono di petto il contestatissimo decreto sicurezza di Matteo Salvini, bordeggiando la non-ubbidienza civile: “Le Caritas della Lombardia non allontaneranno dai centri di accoglienza che gestiscono i migranti che ne perderanno il diritto, in applicazione del cosiddetto decreto Salvini. Gli ospiti rimarranno nei centri, a totale carico degli organismi ecclesiali”. E in questa ultima notazione, quella di assumersi le spese che non verranno più coperte dello stato, c’è ovviamente la differenza con l’insurrezionalismo istituzionale a costo zero del sindaco di Palermo. Ma anche il pragmatismo che permette, da oltre mezzo secolo, alla Caritas ambrosiana di svolgere il suo lavoro “pubblico”.

 

La decisione di continuare ad ospitare i migranti che con le nuove norme sarebbero usciti dal sistema di protezione riguarderà in particolare, i titolari di permesso per motivi umanitari e coloro che riceveranno il nuovo permesso per protezione speciale che non potrebbero più essere accolti nel nuovo sistema di accoglienza. Secondo le Caritas, questa decisione riguarderà almeno 500 ospiti in Lombardia. Le Caritas inoltre continueranno a partecipare alle nuove convezioni con le prefetture e a garantire – sempre a proprie spese – i “percorsi di integrazione” già avviati: come i corsi professionali e i tirocini presso le aziende. La linea tracciata da Gualzetti è chiara: “Rispettiamo le istituzioni e collaboriamo lealmente con loro, ma in questo caso la nostra coscienza ci impone di andare oltre quanto previsto dallo stato, per il bene dei nostri ospiti, ma anche delle comunità che le accolgono, che si troverebbero a fare i conti con migranti abbandonati a loro stessi e quindi facile preda dei circuiti irregolari, dentro i quali si annida ogni cosa”. 

 

Su 26.864 migranti accolti in Lombardia, attualmente sono 4.514 quelli presenti nelle strutture diocesane lombarde. Di questi 3.129 si trovano nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) gestiti in convezione con le prefetture, 847 negli SPRAR dei comuni, 163 nel centri per minori stranieri non accompagnati. Oltre la metà, 2.293, sono nella rete di accoglienza diffusa della diocesi di Milano, e ben 1.204 in quella di Bergamo. Ovviamente non sono mancate le polemiche monetariste di quanti contestano alla chiesa di fare buone azioni con i soldi delle altrui tasse. Secondo i dati del 2017 della stessa Caritas, a livello nazionale, su oltre 23 mila richiedenti asilo o titolari di una forma di protezione accolti in SPRAR e Cas, il 76 per cento sono a carico dello stato, attraverso la formula delle convenzioni, e solo 5.400 quelli assistiti direttamente dalle diocesi.

 

Ovviamente così impostato il conto non è corretto ed è fuorviante, giacché quei soldi lo stato li avrebbe spesi ugualmente – solitamente con meno efficienza – per il programma di accoglienza: le strutture diocesane si limitano a svolgere parte del lavoro, in quella famosa logica “sussidiaria” che un tempo piaceva molto anche alla Lega. E dovrebbe ricordarsi che i soldi spesi per non mettere nelle strade persone che hanno il diritto di rimanere in Italia sono un risparmio nella gestione dell’ordine pubblico. Ma è un pensiero forse troppo decente, per essere compreso.

 

Ma le Caritas hanno scelto la loro linea, anche di comunicazione. In questi giorni, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, hanno aderito a un appello ecumenico #Restiamoumani in favore di chi rischia la vita per emigrare, nel deserto o nel mare. Qualche giorno fa Caritas ambrosiana ha organizzato addirittura un flash mob davanti al Pirellone per la campagna internazionale “Share the journey” e la Giornata internazionale dei rifugiati, con la partecipzione dei mitici Ragni di Lecco che si sono calati dal grattacielo, mentre veniva srotolato uno striscione con scritto “Be Human”. Disobbedienze civili.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"