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Siccome le masse non mangiano più granchi, serve il decreto legge per incentivarne la pesca

Camillo Langone

Il banco è pieno di tranci di salmone dal Mare del Nord, allevati in gabbie e arrivati con costosi e inquinanti voli, mentre i granchi pullulano liberi nel mare a cinquecento metri. Ma niente, nessuno li mangia più, e lo stato si fa pescatore per ristabilire l'equilibrio

“Avete dei granchi?”. Il pescivendolo è infastidito: perché questo tizio non si accontenta del solito salmone? Il banco è pieno di tranci rosa dal Mare del Nord, tremila chilometri da qui, allevati in gabbie fra i pidocchi e arrivati con costosi e inquinanti voli aerei, mentre i granchi pullulano liberi nel mare a cinquecento metri, potrebbero prenderli giù dallo scoglio e portarli a piedi. Eppure niente granchi. Eppure si sono sempre mangiati. Io ne ho mangiati, con soddisfazione, per molti anni e in molti modi, sia a casa sia nei locali. Fino al giorno in cui improvvisamente scomparvero dai banchi e dai menù, insieme alla loro pittoresca vernacolare terminologia: favolli, felloni, pelose… Lo stesso giorno in cui, guarda caso, si moltiplicarono i salmoni. E adesso c’è bisogno addirittura di un decreto legge, stanziamento 2,9 milioni a carico del contribuente, per promuovere la pesca del granchio invadente, crudele crostaceo sterminator di vongole. A riprova che lo statalismo prospera sullo stupidismo. Siccome le masse, rimbambite dalle mode, sono divenute incapaci di mangiare, di fare la spesa, di ordinare al ristorante, per ristabilire l’equilibrio ecco lo Stato Pescatore.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).