L'antipatriottismo degli scrittori italiani contemporanei
Stimo gli autori russi che vogliono preservare la propria lingua e la propria cultura
"Qual è il suo più grande desiderio?” “Che nel mondo si preservino la lingua e la cultura russa”. Così rispose Solzenicyn a un giornalista, in un’intervista del 2003 oggi raccolta in “Ritorno in Russia. Discorsi e conversazioni (1994-2008)” (Marsilio), libro che gronda patriottismo da ogni pagina. Dopo averlo letto ho pensato agli scrittori italiani, a quasi tutti gli scrittori italiani a cominciare da Antonio Scurati, Paolo Cognetti, Edoardo Albinati, Nicola Lagioia, per limitarmi agli ultimi premi Strega ma l’elenco potrebbe essere lunghissimo, ho pensato al loro antipatriottismo automatico e monolitico, alla loro cupidigia di invasioni, all’impegno da essi profuso affinché lingua e cultura italiane vengano sommerse, sbarco dopo sbarco, da lingue e culture diverse. E poi ho pensato a Niccolò Machiavelli che a San Casciano preferiva conversare con gli antiqui huomini, insomma con gli scrittori morti, anziché con i suoi contemporanei. Anch’io preferisco conversare con autori defunti di idem sentire anziché con autori viventi nemici di tutto ciò che amo. C’è il problema della lingua, è vero, eppure capisco meglio chi parla il russo di chi tifa per l’arabo.