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Tra il Jobs Act e Gaza

Le tante fatiche dei riformisti pd

Marianna Rizzini

Stretti tra la linea della segretaria Elly Schlein e le loro posizioni divergenti, Alfieri, Madia, Sensi e Picierno riflettono sul referendum e sulla doppia manifestazione per il cessate il fuoco in Medio Oriente. Un weekend importante

Roma. I referendum alle porte e due manifestazioni sul Medio Oriente: è un weekend importante per i riformisti del Pd, stretti tra la linea della segretaria Elly Schlein, quella degli alleati più rumorosi e il loro pensiero. Che fare? Il senatore e coordinatore della minoranza dem Alessandro Alfieri voterà “no” ai quesiti sul Jobs Act (“superati da successivi interventi”, dice) e “sì” agli altri due, e attende il dopo-referendum “per poter affrontare serenamente i temi dell’agenda sociale, a partire dal salario minimo”. Ma non si teme di perdere il voto dei ceti produttivi, andando dietro a Maurizio Landini? “Se vogliamo costruire una credibile coalizione alternativa a Meloni”, dice Alfieri, “dobbiamo pensare a un percorso che unisca tutte le forze che si oppongono al centrodestra. Le distanze ci sono, ma con la pazienza della politica possiamo trovare una sintesi”.

In questo fine settimana la fatica sarà enorme. I parlamentari Marianna Madia e Filippo Sensi,  cofirmatari di una lettera in tema Jobs act pubblicata da Repubblica, e ieri presenti alla manifestazione “Due popoli, due stati, un destino”, promossa a Milano da Italia Viva e Azione, voteranno due “sì” (cittadinanza e imprese appaltanti) e non voteranno i quesiti sul Jobs act perché, come si leggeva nella lettera firmata anche da Giorgio Gori, Lorenzo Guerini, Pina Picierno e Lia Quartapelle, i quesiti stessi “non devono essere una sterile resa dei conti con il passato”. Madia e Sensi hanno aderito a entrambe le manifestazioni (anche a quella di oggi a Roma): “Pensiamo”, dice Madia, “che ci siano due popoli, entrambi con il diritto di esistere, e che non si debba considerare l’attuale governo israeliano uguale a Israele né tantomeno a chi è di religione ebraica. Quanto al referendum, il Pd nasce come partito plurale, e non mi sconvolge che convivano posizioni diverse, purché ci sia libertà di esprimerle. Penso che la Cgil sia un grande sindacato e non penso a priori siano sbagliate le posizioni che assume, ma dei cinque quesiti proposti, tre mi sembrano poco attuali e non risolutivi”.

“Sono quesiti che non riguardano l’oggi o il domani, ma dieci anni fa”, dice Sensi, “e che rischiano anche di far fare dei passi indietro ai lavoratori”. “Siamo tutti d’accordo, credo”, dice Sensi, “sull’enorme problema del potere d’acquisto delle famiglie e sugli stipendi che non crescono. Sulle risposte da dare non c’è una sola ricetta, ma un insieme di misure che andranno prese e che vanno costruite, difese, promosse. Sulla politica estera, e sulla priorità delle priorità che è l’Ucraina e il futuro della difesa europea, il Pd ha sempre tenuto una posizione di responsabilità e di sostegno anche militare a Kyiv, che non sarà abbandonata. La difesa è il tema dei prossimi anni e sono sicuro che il Pd starà dove stanno tutti i partiti progressisti, democratici e socialisti europei”. Non teme “ridotte riformiste”, insomma, Sensi: “Le idee giuste sanno sempre trovare la loro strada e il Pd è proprio questo, un luogo di confronto”. “Le due manifestazioni per il cessate il fuoco in Medio Oriente”, dice l’eurodeputata Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Ue, “hanno accenti diversi che potevano essere complementari. E’ uno sforzo che non si è voluto fare. E’ prevalsa la necessità di separare il profilo identitario piuttosto che il consenso e la diffusione di un messaggio”. Quanto ai  referendum, dice Picierno, “la discussione - non propriamente esaustiva - è sul futuro del mercato del lavoro. Temo che in questo caso si sia fatta prevalere la rivalsa, una certa idea catartica in cui solo liberandosi dal passato è possibile rinascere. Il lavoro vive di ben altre esigenze, dalla produttività all’innovazione, attraversate in Italia da un’enorme questione salariale”.

Ma come si difende la linea riformista in un partito schierato con Landini? “L’unità sindacale è una scelta autonoma dei sindacati”, dice Picierno, “ma la politica, soprattutto quella di sinistra, deve sostenerla. Io penso che il Pd debba essere il partito che sta accanto a chi produce e lavora con merito, capacità, innovazione, contro le posizioni di rendita. Il paese si cambia così, non con le sfumature di rosso sui nostri volantini”. E rispetto alla politica estera? “Parlano le elezioni in Occidente e le nostre amministrative”, dice Picierno: “Il fronte progressista riesce ad affermarsi solo quando intercetta le traiettorie del futuro, con compagini plurali e profili di governo affidabili. L’Italia ha bisogno di un vento nuovo, anche se è diventata un paese col torcicollo verso il passato. La nostra scelta non può essere confinata tra un riformismo dalle piccole ambizioni e una sinistra dalle vacue aspettative”.
 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.