Meloni e Giorgetti - foto LaPresse

Editoriali

La rotta indicata dal Fondo monetario internazionale per il post europee

Redazione

Il governo dovrà inevitabilmente ragionare su un forte aggiustamento fiscale, migliorando un modello oramai insostenibile. Bisogna usare meglio le risorse disponibili e puntare sulle riforme

Mancano poche settimane alla fine di una campagna elettorale noiosa, in cui non si è parlato dei veri problemi dell’Europa e dell’Italia. Per il dopo elezioni c’è però già un’agenda con cui il governo, seppure non vorrà attuarla, dovrà confrontarsi. È il rapporto del Fondo monetario internazionale (Fmi) ex articolo IV, che dice chiaramente che si è chiusa un’epoca. Quella dei bonus insensati, di una crescita  sostenuta dal deficit: dalle decontribuzioni ai sussidi per il caro energia, passando per il Superbonus.

  

Per un paese con un debito altissimo e crescente è un modello insostenibile: “È necessario un aggiustamento fiscale più rapido del previsto per abbassare il rapporto debito/pil e ridurre i rischi finanziari”, dice il Fmi. La traduzione in cifre è “un avanzo primario molto più elevato, prossimo al 3 per cento del pil” entro il 2026. Vuol dire un forte aggiustamento fiscale, molto più importante di quello indicato nel Def che prevede un avanzo primario del 2,2 per cento nel 2027 (il 3 per cento, forse, nel 2028). Secondo il Fmi, è possibile una stretta fiscale del genere senza compromettere la crescita. Ma servono riforme profonde per contenere la spesa, evitando qualsiasi sistema di pensionamento anticipato; razionalizzare le tax expenditure con una riforma fiscale che allarghi la base dell’Irpef e ne aumenti la progressività; controllare meglio i crediti d’imposta e sostituire i tagli del cuneo fiscale e le decontribuzioni con misure che “aumentano permanentemente la produttività del lavoro”.

In sostanza, con meno risorse a disposizione, bisogna utilizzare meglio quelle disponibili (come gli investimenti del Pnrr) e puntare soprattutto sulle riforme (del Pnrr) per far salire i salari bassi che riflettono “una produttività del lavoro strutturalmente debole”. Insomma, serve un motore autonomo per la crescita, che non può continuare a essere spinta da deficit e debito. È un programma difficile e di legislatura, quindi Meloni e Giorgetti devono aspettare la fine della campagna elettorale per discuterne. A partire dalla prossima legge di Bilancio.

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