(foto d'archivio Ansa)

Il colloquio

L'ex diessino Cesare Salvi: “Il premierato lo proponemmo noi”

Luca Roberto

L'autore della famosa "bozza" nella bicamerale di D'Alema, citato dalla presidente del Consiglio: "MI ha fatto piacere sentirmi nominato. L'elezione diretta non è un pericolo per la democrazia. La premier è troppo sicura di se. Molte le trappole per lei con il referendum"

Dice che “sentire nominare il mio nome da parte della presidente del Consiglio, in qualità di vecchio saggio, fa sempre piacere”. Ma anche che “con il testo sul premierato stanno facendo un pasticcio. Il mio era meglio”. Cesare Salvi è stato ministro, senatore, dirigente del Pds e poi dei Ds. Ma è soprattutto l’autore della “bozza Salvi”, quella che nella bicamerale 1997-1998 presieduta da Massimo D’Alema propose l’introduzione in Italia del premierato. Proprio per questa ragione, tirato in ballo come un riferimento della sinistra, mercoledì Meloni l’ha citato in un convegno alla Camera. Insomma lui che è il padre del premierato, cosa pensa di questa riforma? “Che è vero che è stata migliorata, per esempio grazie ad alcune proposte di Marcello Pera. Ma così com’è resta invotabile. Si sono aggrovigliati attorno alla questione della fiducia al Senato. Si sono incartati sulla legge elettorale. Dall’altro lato però non ha senso sentire parlare di un restringimento degli spazi democratici. Ecco perché non ho condiviso la scelta di Schlein di organizzare una manifestazione il 2 giugno. Si poteva scegliere un altro giorno”, dice Salvi al Foglio. Vuole dire che il premierato, in generale, può essere considerato di sinistra? “Non è né di destra né di sinistra. E’ un modo per risolvere alcuni dei problemi che abbiamo nelle democrazie contemporanee. Se adottato in un clima non di contrapposizione potrebbe essere uno strumento per affrontare la crisi della politica. Ma vedo che finora è prevalso uno scontro frontale. Eppure se ci fosse la possibilità di entrare nel merito ci sarebbero tante cose di cui discutere, provando ad affrontarle con spirito di collaborazione”.

 

Secondo Salvi, che in questa parte della sua vita si definisce “un tecnico che la politica la osserva solo da spettatore”, per esempio sulla definizione dei poteri del presidente della Repubblica si sono fatti dei passi avanti: “Da molti quella parte è stata criticata, ma è positiva la nuova disciplina che distingue tra poteri propri e altri poteri più politici. Non a caso in Europa i sistemi parlamentati che funzionano meglio sono monarchie”. A ogni modo il docente di Diritto civile all’Università di Roma Tre alla premier qualche consiglio vuole provare a darlo. Da vecchio saggio, appunto: “Innanzitutto bisogna sempre stare attenti agli esiti dei referendum. Non solo gli ultimi esempi in Italia, da Berlusconi a Renzi, ma penso anche a quello del generale De Gaulle in Francia. Uno anche se sta al 40 per cento nei sondaggi vuol dire che dall’altra parte ha il 60 per cento. E tutti si coalizzano contro di te per i più svariati motivi. In più definirla ‘la madre di tutte le riforme’ non porta bene, visto che ricorda la ‘madre di tutte le battaglie’ di Saddam Hussein contro gli americani”.

 

Per questo, forse, la premier dovrebbe almeno un po’ cambiare la propria postura. “E’ un po’ troppo sicura di sé, corre molti più rischi e trappole di quanto pensi. Dovrebbe aprire di più, ascoltare, ragionare. Ai miei tempi si interloquiva con gli avversari politici. Ma vedo che adesso le cose sono cambiate”. In aggiunta, sempre secondo Salvi, “è convinta che il nuovo assetto possa applicarsi al consenso attuale. Ma chi può dirlo se quando entrerà in vigore non potrebbe perdere, per esempio, contro un Vannacci?”. E alla leader del Pd Elly Schlein, invece, cosa direbbe? “Ha scelto questa linea puntando sul referendum e sperando nella vittoria del no. Che va anche bene, perché dall’altro lato non ha avuto sponde sicure. Ma solo con il referendum si vedrà chi delle due, tra Meloni e Schlein, beneficerà di più da questa contrapposizione formale. Anche quella è una scommessa. Sulla messa in discussione della Repubblica attraverso il premierato, su una deriva per la nostra democrazia, però, ecco, su questo non sono d’accordo”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.